

Diario dal Consiglio del 14 giugno 2025
Come e quando il pm in DDA può superare il limite dei 10 anni
Con la delibera approvata all’unanimità nel Plenum dell’11 giugno scorso, è stata fornita risposta a un quesito posto da un procuratore della Repubblica che chiedeva se “il sostituto procuratore assegnato alla DDA il quale abbia maturato il decennio alla data del 14.4.2024 – già prorogato per un anno alla trattazione dei procedimenti pendenti nella fase investigativa con scadenza al 14.4.2025 – possa continuare a trattare quei procedimenti che alla data del 14.4.2024 erano già nella fase processuale, ovverossia nell’udienza preliminare e nell’udienza dibattimentale”.
Vi sono alcuni profili di novità contenuti in circolare sulla Direzione distrettuale antimafia. Riguardano il nuovo assetto dimensionale, la maggiore puntualizzazione delle materie di competenza attraverso l’espresso richiamo alla normativa primaria, ossia alla elencazione delle fattispecie di cui all’art. 51, co. 3-bis c.p.p. (salva possibilità di deroga da adottare con provvedimento adeguatamente motivato che tenga presente le esigenze di funzionalità dell’ufficio), la procedura d’interpello (con espressa individuazione dei criteri, previsti in preciso ordine di rilevanza gerarchica, dai quali desumere le specifiche attitudini richieste), la nuova disciplina sull’accesso alla DDA, ispirata a principi di continuità, gradualità e progressività, per favorire il trasferimento di conoscenze fra il magistrato uscente ed il magistrato entrante.
Più nello specifico, la risposta al quesito ha permesso di esaminare il tema relativo alla durata della designazione e alla permanenza massima.
La normativa primaria prevede, come noto, solo il termine di durata minima di permanenza, due anni, mentre la disciplina consiliare, in attuazione dell’art. 19 d. lgs. n. 160/2006, ha introdotto la durata massima decennale di permanenza nella stessa posizione, al pari degli altri gruppi di lavoro; dalla disciplina di questi si differenzia, peraltro, sia per quanto attiene alla durata minima (due, e non un anno, previsto invece per le assegnazioni d’ufficio, né tre anni previsti per comprovate esigenze di servizio), sia per quanto riguarda l’articolazione del decennio in cinque distinti segmenti, scanditi dalla proroga a cadenza biennale. In caso di rinnovo autorizzato o mancato, il procuratore dovrà adottare uno specifico provvedimento motivato, al termine del procedimento descritto nei commi 2 e 3 dell’art. 35 della circolare.
Merita anche evidenziare che il magistrato che alla scadenza del quarto biennio abbia ottenuto la proroga per il quinto non può presentare domanda di tramutamento interno sino alla scadenza del biennio, scattando al termine di tale periodo quello di decantazione quinquennale previsto dal comma 9 del medesimo art. 35 (che impedisce una nuova designazione in DDA prima del decorso di tale termine quinquennale).
La completa e articolata disciplina contenuta nel menzionato art. 35, in uno all’art. 36, consente poi di rispondere ai due quesiti posti nei termini che seguono.
Con la delibera dell’11 giugno, in particolare, si è chiarita meglio l’attività che in concreto può essere espletata dal sostituto alla scadenza del termine di permanenza massima.
Con riferimento alle indagini in corso, è possibile che il sostituto DDA possa continuare a espletare le proprie funzioni quale pubblico ministero munito di nuova co-delega, fino al completamento delle attività di direzione delle indagini, a condizione che esse siano considerate dal procuratore della Repubblica di eccezionale urgenza e rilevanza e che per tali attività sia stato designato da almeno tre mesi e, in ogni caso, per un periodo non prorogabile di un anno dalla nuova co-delega.
La disposizione di circolare è dunque chiara nel ribadire che la co-delega possa essere conferita per la sola direzione delle indagini già in corso, purché di eccezionale urgenza e rilevanza, sempre che per tali attività il magistrato sia stato designato da almeno tre mesi e per un periodo di un anno non prorogabile. La disposizione fa il paio con quella per cui il procuratore della Repubblica deve procedere ad interpello almeno sei mesi prima della vacanza del posto (art. 31, co. 8, circ.), affinché il magistrato subentrante possa beneficiare della trasmissione di conoscenze e informazioni da parte di quello uscente.
Sussistono, quindi, gli strumenti per consentire un passaggio di consegne adeguato a evitare la dispersione degli elementi investigativi acquisiti, grazie al periodo di affiancamento del subentrante all’uscente e alla possibilità per quest’ultimo di seguire per un anno le indagini dal carattere eccezionale ed urgente (purché iniziate almeno tre mesi prima della scadenza).
Completa il quadro l’istituto della coassegnazione a un magistrato che non sia componente della DDA. Nell’interpretazione estesa favorita dal Consiglio, l’art. 36, co. 2, della circolare permette al procuratore, in presenza di adeguata previsione nel progetto organizzativo, di procedervi per i procedimenti concernenti i reati indicati nell’art. 51, co. 3-bis c.p.p.
Con riferimento, invece, alla trattazione dei procedimenti già nella fase processuale (udienza preliminare o dibattimento), l’ottavo comma dell’articolo 35 prevede che anche ai magistrati della DDA si applichi il disposto dell’art. 19, co. 1, ultima parte, e co. 2, d. lgs. n. 160/2006, secondo cui il Consiglio può disporre la proroga dello svolgimento delle medesime funzioni limitatamente alle udienze preliminari già iniziate e per i procedimenti penali per i quali sia stato già dichiarato aperto il dibattimento, per un periodo comunque non superiore a due anni.
In tal modo la circolare consente, per i sostituti assegnati alla DDA, di non disperdere il patrimonio di conoscenze del pubblico ministero alla scadenza del decennio, ammettendo la sua partecipazione alla fase dibattimentale per ulteriori due anni.
Anche in questo caso, dunque, il sistema offre garanzie che, in presenza di scelte dirigenziali oculate e tempestive nel ricorso agli strumenti di coassegnazione e proroga, si realizzi un adeguato passaggio di consegne tanto nel caso di indagini complesse ancora in corso quanto in quello di procedimenti importanti già avviati a dibattimento.
Siamo ben consapevoli che una certa dose di personalizzazione in capo a singole persone fisiche sia un effetto quasi inevitabile nel lavoro in DDA, per la delicatezza e la complessità di gran parte delle indagini; è da vedere con favore, di conseguenza, una lettura delle disposizioni citate tale da permettere a chi abbia iniziato simili investigazioni di portarle e termine o di seguirle poi a dibattimento.
Al contempo, riteniamo che il sistema delineato, riservando ampi e tempestivi margini di valutazione e scelta in capo al procuratore della Repubblica, sia sufficiente a bilanciare tale esigenza con quella, altrettanto rilevante, connessa alla durata massima della funzione.
Resta solo da aggiungere che, con l’emendamento proposto in Plenum, si è inteso evitare un possibile equivoco circa la non cumulabilità fra i due istituti: ove sia richiesta la proroga delle indagini in corso nell’ambito del medesimo procedimento, non potrà farsi luogo al disposto dell’art. 19 che presuppone, invece, che si versi già nelle fasi dell’udienza preliminare o del dibattimento; è ancora più evidente il caso inverso: per un procedimento già in udienza preliminare o a dibattimento non può farsi ricorso all’istituto della proroga annuale delle indagini, in quanto, com’è ovvio, già terminate.
La non cumulabilità dei due istituti, dunque, è principio valido solo e soltanto con riferimento al medesimo procedimento, ben potendosi prevedere, al contrario, che i due istituti possano coesistere in capo allo stesso pubblico ministero per procedimenti distinti.
Francesca Abenavoli, Marcello Basilico, Maurizio Carbone, Geno Chiarelli, Antonello Cosentino, Tullio Morello