LUGLIO
19

Diario dal Consiglio del 19 luglio 2025

Le responsabilità della politica e il nostro senso delle istituzioni

Con una delibera approvata nel plenum di mercoledì scorso, con l’astensione dei soli laici espressi dal centrodestra, il CSM ha denunciato che, allo stato, l’obbiettivo di riduzione del 40% (rispetto alla base line del 2019) del disposition time civile entro giugno 2026 – compreso tra gli impegni assunti dall’Italia nel 2021 con la Commissione europea per ottenere i finanziamenti previsti dal PNRR – è molto lontano dall’essere raggiunto (ad oggi il disposition time è sceso di circa il 20%, quindi manca un altro 20% di riduzione, a meno di un anno dalla scadenza programmata).

Il Consiglio ha quindi ritenuto doveroso, per la propria posizione costituzionale, esercitare i poteri di proposta al Ministro della giustizia  conferitigli dall’articolo 10 della legge istitutiva n. 159 del 1958  e si è fatto carico di indicare le cause del problema, nonché alcune misure, che, se adottate congiuntamente, potrebbero consentire di approssimarsi al risultato quanto basta per aprire su basi serie una rinegoziazione con Bruxelles (anche in considerazione del fatto che gli altri obbiettivi,  relativi al settore penale e all’abbattimento dell’arretrato civile sono già raggiunti o prossimi al raggiungimento).

La delibera esordisce con una rassegna di ciò che il Governo e il Parlamento avrebbero dovuto fare, e non hanno fatto, dal 2021 a oggi: la copertura delle vacanze nell’organico della magistratura (dal 2019 al 2025 le scoperture sono passate dall’11,35% a più del 17%); la riduzione delle critiche scoperture di organico del personale amministrativo (attualmente assestate intorno al 40%); la revisione della geografia giudiziaria, con l’accorpamento degli uffici minori ed una più razionale distribuzione degli organici sul territorio, al fine favorire una sempre maggiore specializzazione funzionale; il potenziamento degli strumenti deflattivi per il contenzioso civile, anche attraverso l’ampliamento delle ipotesi di conciliazione in primo grado; la stabilizzazione del quadro ordinamentale e normativo idonea a consentire un’adeguata programmazione dell’attività definitoria da parte degli uffici.

Dopo aver illustrato le iniziative consiliari volte alla verifica dell’impatto del PNRR sugli uffici giudiziari e sull’organizzazione degli stessi, si evidenzia come lo stesso Parlamento UE abbia chiesto alla Commissione una proroga dei progetti PNRR in avanzata fase di maturazione, ma con obiettivi non realizzabili al 2026, sottolineando come una seria ipotesi di intervento straordinario sull’assetto degli uffici giudiziari postuli una rinegoziazione delle materie comprese nel paniere rilevante ai fini del disposition time civile, con particolare  riferimento a quelle – protezione internazionale e cittadinanza – dove si è registrata una specifica impennata delle iscrizioni negli anni successivi al 2021.

Infine, la delibera indica una serie di misure volte, da un lato, a pervenire – mediante interventi legislativi o comportamenti attivi della pubblica amministrazione – a una immediata eliminazione di molte migliaia di pendenze; dall’altro, ad aumentare ulteriormente, con interventi contingenti e programmaticamente transitori, la capacità di definizione del contenzioso civile da parte degli uffici giudiziari.

Le prime misure si fondano sulla constatazione che una percentuale molto rilevante del contenzioso civile pendente vede come parte una pubblica amministrazione. Si è quindi evidenziata l’utilità di interventi che:

  1. prevedano l’estinzione dei giudizi tributari (anche pendenti in sede di legittimità) aventi a oggetto i debiti in relazione ai quali ricorrente si sia avvalso della procedura di definizione agevolata (cd. rottamazione). Non si tratta di un “condono mascherato”, come ha sostenuto la consigliera Bertolini nel dibattito in Plenum, ma, tutt’al contrario, di impedire che il ricorrente continui a coltivare l’impugnazione dell’atto impositivo pur dopo aver aderito alla rottamazione;
  2. conducano al riscontro in sede amministrativa delle domande di riconoscimento della cittadinanza provenienti da discendenti di emigrati italiani in Sudamerica, così che possano definirsi con declaratoria di cessazione della materia del contendere decine di migliaia di giudizi gravanti sugli uffici giudiziari del nord est, nei quali l’Amministrazione non è nemmeno costituita e il cui esito è scontato alla luce della giurisprudenza delle sezioni unite civili della Corte di cassazione;
  3. rivalutino in sede amministrativa nel contenzioso in materia di immigrazione – ove non fosse escluso dal paniere rilevante ai fini della determinazione del disposition time in sede di rinegoziazione con la Commissione europea – i presupposti per il riconoscimento della protezione internazionale o speciale (quali chiariti dalla consolidata giurisprudenza di legittimità) sopravvenuti in epoca successiva al provvedimento di diniego impugnato in giudizio, onde sgombrare i tribunali da decine di migliaia di procedimenti ad esisto sostanzialmente obbligato.

Quanto alle misure volte ad aumentare la capacità della definizione degli uffici, la prima urgenza evidenziata nella delibera riguarda il potenziamento dello staff di supporto al lavoro dei giudici civili e, pertanto, la modifica del mansionario degli AUPP, nel senso della riduzione delle attività di supporto agli uffici amministrativi, e la contestuale stabilizzazione immediata di almeno 6.000 AUPP.

Si prevedono, poi vari ed eterogenei interventi di ausilio agli uffici più in difficoltà. Tra questi rientrano:

  • la copertura immediata degli incarichi direttivi e semidirettivi nelle sedi critiche PNRR, con una deroga temporanea al regime cronologico. Un’azione mirata di copertura degli organici negli uffici in difficoltà non può trascurare, a nostro avviso, anche i posti direttivi e semidirettivi, i cui titolari, checché ne dica il consigliere Mirenda, svolgono un ruolo decisivo ai fini del buon funzionamento di qualunque ufficio, come dimostrano i dati sulle tendenze nelle diverse sedi;
  • il ricorso al contributo di magistrati in quiescenza, da remunerare appositamente, per la definizione del contenzioso civile;
  • l’applicazione di magistrati da remoto (su base volontaria, con compenso aggiuntivo e senza esonero dal lavoro nell’ufficio di provenienza), nei soli procedimenti giunti a decisione senza istruzione orale, fino a un massimo di 500 unità e provenienti da uffici privi di criticità. Quando questa proposta fu avanzata per la prima volta dal Ministero, nell’aprile scorso, noi di AreaDG ci opponemmo fermamente (si veda il nostro DIARIO del 10 maggio scorso). Non abbiamo cambiato idea. È però una misura – peraltro fortemente sostenuta dagli altri gruppi consiliari –che, nel contesto complessivo di quelle indicate, possa avere un impatto pratico e ordinamentale minore.

Sono inoltre esposti alcuni interventi specificamente dedicati alle corti di appello e strategiche ai fine del disposition time, poiché l’intera componente di tale indicatore che si riferisce al giudizio di secondo grado dipende in realtà dai tempi di definizione in un ristretto numero di corti. Si è quindi indicata la necessità di:

  1. applicare alle corti d’appello maggiormente esposte sul profilo del raggiungimento degli obiettivi PNRR il regime di sede disagiata. Non sfugge che coprire per trasferimento un posto in un ufficio implica scoprire un posto nell’ufficio di provenienza del collega trasferito; ma la logica della misura si fonda sul presupposto che, ai fini del disposition time, è più proficuo concentrare i magistrati nelle corti di appello critiche, non solo per la già evidenziata rilevanza strategica di tali uffici, ma anche perché nelle corti di maggiori dimensioni è più realistico sviluppare prassi virtuose legate alla specializzazione per materia dei consiglieri, tali da consentire un aumento delle definizioni senza scadimento della qualità della giurisprudenza;
  2. prevedere per i m.o.t. che entreranno in servizio a fine 2025 un periodo di tirocinio di otto mesi da svolgere in Corte di appello prima di proseguirlo per dodici mesi negli uffici di primo grado. La maggioranza di noi, con il dissenso di Tullio, ritiene che allungare dai 18 a 20 mesi il tirocinio e indirizzarlo per una parte al giudizio di appello arricchisca il percorso formativo dei m.o.t. (conosceranno più magistrati, assisteranno a più camere di consiglio, studieranno più materie civili e scriveranno più bozze di provvedimenti), recando alle corti il beneficio di un incremento dello staff di supporto al magistrato con giovani giuristi di provata capacità.
  3. adottare un intervento legislativo che, in osservanza dei principi contenuti nella sentenza della Corte costituzionale n. 41 del 2021, ponga rimedio alle conseguenze derivanti dalla dichiarazione di incostituzionalità della destinazione dei giudici onorari ausiliari a svolgere stabilmente funzioni collegiali civili presso le corti d’appello (tale indicazione è stata formula in un emendamento proposto da Antonello e dal consigliere prof. Romboli e approvato in Plenum, in sostituzione della formulazione contenuta nella proposta di delibera all’ordine del giorno, in cui si faceva riferimento alla “proroga” dei giudici onorari ausiliari d’appello).

Da ultimo, per incidere immediatamente sul segmento di disposition time relativo al giudizio di legittimità, si prevede una deroga ai limiti di applicabilità dei colleghi del Massimario della Cassazione nei collegi giudicanti civili della Corte.

Con la parziale eccezione di Tullio, che ha parlato in Plenum, ma non ha partecipato al voto e che fin dall’inizio si è dichiarato molto perplesso, noi di AreaDG abbiamo ritenuto che sarebbe stato sbagliato arroccare il Consiglio in una posizione di mera protesta rispetto alle inadempienze del Governo e del Parlamento. Abbiamo ritenuto che il suo ruolo costituzionale imponesse al CSM di farsi carico di un problema oggettivo per tutta la collettività nazionale, sviluppando uno sforzo di ideazione di misure idonee a consentire almeno l’avvicinamento agli obiettivi fissati nel PNRR. Abbiamo ritenuto che il contesto politico e l’approssimarsi della stagione referendaria non consentissero di lasciare nelle mani del Governo l’arma propagandistica di disegnare la magistratura come una corporazione indifferente all’esigenza collettiva di fare il possibile per rispettare gli impegni internazionali assunti dall’Italia, ancorché senza alcuna consultazione con la magistratura e con lo stesso CSM.

Con questa delibera il Consiglio non ha aperto alcuna trattativa con il Governo. Ha invece denunciato pubblicamente il rischio del mancato raggiungimento di uno degli obiettivi del PNRR indicando ciò che si può e si deve fare nel poco tempo a disposizione. Resta al Governo la responsabilità delle scelte, fermo restando che, dal punto di vista del CSM, il raggiungimento o il mero avvicinamento all’obiettivo saranno possibili solo se tutte le misure saranno messe in atto

Francesca Abenavoli, Marcello Basilico, Maurizio Carbone, Geno Chiarelli, Antonello Cosentino, Tullio Morello

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