LUGLIO
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Diario dal Consiglio del 5 luglio 2025

Il ministro immemore da cui i magistrati devono tutelarsi

Dopo la pubblicazione della relazione dell’Ufficio del massimario della Corte di cassazione sul recente decreto c.d. “sicurezza”, nella quale si evidenziavano alcuni aspetti critici del testo normativo, il Ministro della giustizia si è detto “incredulo” rispetto ai contenuti della relazione, annunciando di avere dato mandato al proprio ufficio di gabinetto per conoscere il regime ordinario di divulgazione delle relazioni. Successivamente, ha qualificato l’intervento del Massimario “irriverente verso il Capo dello Stato”, “improprio”, perché oltraggerebbe il Parlamento, e “imprudente”, perché contenente un “giudizio preventivo … netto e polemico”.

Dando per scontato che il Ministro non ignori quali sono le funzioni del Massimario (comunque puntualmente elencate, a beneficio degli immemori, nel sito web della Corte di cassazione) e, dunque, sappia che tra tali funzioni rientra la redazione di “relazioni, anche di ufficio, su novità legislative, specie se di immediata incidenza sul giudizio di legittimità”, ci pare  davvero singolare che Egli si metta a polemizzare con l’Ufficio del massimario della Corte di cassazione; per di più replicando ai ragionamenti giuridici svolti in una relazione di tale Ufficio non con altri ragionamenti giuridici, bensì con un’autoritaria rampogna, appena abbellita da un vocabolario settecentesco che evoca atmosfere  goldoniane (“Riverente m’inchino a quella bella grazia che di farmi languir non è mai sazia”, La favola de’ tre gobbi) o mozartiane (“Siate un poco più prudente, vi farete criticar”, Don Giovanni, atto I, scena XII).

Purtroppo, c’è poco da scherzare.

Il Ministro Nordio mostra di perseguire una lucida politica di delegittimazione della magistratura: oggi con i magistrati della Corte di cassazione, nel gennaio di quest’anno con quelli delle procure dalla Repubblica, allorquando, in un discorso parlamentare, qualificò i pubblici ministeri come “superpoliziotti”  e, dimentico del proprio ruolo di contitolare  dell’azione disciplinare, gettò gratuito discredito sull’attività dei pubblici ministeri italiani, parlando in termini generici e generalizzanti di “clonazioni” di fascicoli, di indagini “occulte ed eterne”, di “disastri finanziari” e descrivendo tali condotte come prassi diffuse e condivise dalle procure della Repubblica,

In entrambe le occasioni la componente togata del CSM, nella sua compatta interezza, ha adempiuto al proprio dovere istituzionale di difendere l’autonomia e l’indipendenza dalla magistratura, chiedendo – a gennaio, insieme col consigliere Romboli – l’apertura di una pratica a tutela dei pubblici ministeri italiani e – questa settimana, assieme ai consiglieri Romboli, Papa ed Ernesto Carbone – l’apertura di una pratica a tutela dei magistrati dell’Ufficio del massimario della Cassazione.

Resta lo sconcerto per un contesto politico-istituzionale che impone al CSM di attivarsi per difendere l’autonomia e l’indipendenza dei magistrati italiani dallo stesso Ministro della giustizia

Francesca Abenavoli, Marcello Basilico, Maurizio Carbone, Geno Chiarelli, Antonello Cosentino, Tullio Morello

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