

Diario dal Consiglio del 13 settembre 2025
Un voto fondamentale assurdamente avvelenato
Nel Plenum del 4 settembre scorso il CSM ha nominato il dott. Pasquale D’Ascola primo presidente della Corte di cassazione.
La Quinta commissione – discostandosi dalla prassi che negli ultimi dieci anni l’aveva sempre vista formulare una soluzione unitaria per il conferimento dell’ufficio direttivo apicale di legittimità – aveva avanzato due proposte contrapposte, una per D’Ascola, presidente aggiunto della Corte di cassazione (votata in commissione dai consiglieri Miele, Forziati, Maurizio ed Ernesto Carbone, quest’ultimo relatore) e una per il dott. Stefano Mogini, presidente titolare della prima sezione penale della stessa Corte (votata in commissione dai consiglieri Paolini ed Eccher, relatrice).
Entrambi i candidati presentavano profili professionali di altissima qualità e già erano investiti di funzioni chiave nella governance della Cassazione, l’uno in quanto presidente aggiunto e l’altro in quanto segretario generale.
Significativamente diverse, tuttavia, erano le caratteristiche delle rispettive storie professionali.
Quella del presidente D’Ascola si è snodata interamente dentro gli uffici giudiziari e, nell’ultimo quarto di secolo, dentro la Cassazione; una storia sviluppatasi in un continuo dialogo tra la magistratura e l’avvocatura (è stato tra i protagonisti dell’esperienza degli osservatori sulla giustizia civile) e tra la giurisprudenza e l’accademia (innumerevoli i suoi confronti in convegni e dibattiti scientifici in cui portava la voce della giurisprudenza e i cui orientamenti echeggiavano nelle sue sentenze).
La storia del presidente Mogini, per contro, ha attraversato i tanti diversi mestieri e mondi che ruotano intorno all’esercizio del potere giudiziario, dal ruolo apicale di capo di gabinetto del Ministro della giustizia e a quello di magistrato di collegamento con la Repubblica francese, a quello di consigliere giuridico presso la rappresentanza permanente dell’Italia all’ONU.
In estrema sintesi, il profilo del presidente D’Ascola si caratterizzava per la sua forte connessione con la comunità di giuristi, mentre quello del presidente Mogini spiccava soprattutto per l’intenso e prolungato impegno nelle istituzioni della Repubblica.
Dinanzi a profili di tale eccellenza nel CSM si è aperto un confronto insito nel fisiologico funzionamento dell’Organo di governo autonomo e che si è risolto con 14 voti per D’Ascola (noi di AreaDG, i consiglieri di Unicost, Miele e i laici E. Carbone, Papa e Romboli) contro 13 voti per Mogini (i consiglieri di M.I. e i laici espressi dalla maggioranza, tra cui il professor Porena, appena designato dal Parlamento riunitosi in agosto); astenuti i componenti del Comitato di presidenza, i membri di diritto ed i consiglieri Fontana e Mirenda.
Solo la maliziosa volontà di screditare “a prescindere” il sistema di governo autonomo della magistratura può far leggere questo fisiologico confronto come una “spaccatura” fondata su logiche spartitorie: come ha detto in Plenum il Procuratore generale, con parole di grande saggezza, la presenza di due proposte contrapposte di così alto livello costituisce, non già il segno di un’allarmante frattura tra opposti schieramenti, bensì un chiaro segno della ricchezza di risorse presenti nella magistratura italiana e della proficua concordia discors espressa dal Consiglio superiore. Costituisce altresì – aggiungiamo noi – il segno di due visioni opposte presenti nel CSM.
Noi di AreaDG abbiamo votato per Pasquale D’ascola perché siamo convinti che dagli indicatori del vigente testo unico la sua prevalenza emergesse in termini assolutamente univoci (più prolungato esercizio delle funzioni di legittimità, più prolungato esercizio delle funzioni direttive di legittimità, più prolungato esercizio della titolarità di una sezione della Corte, titolarità dell’ufficio direttivo superiore di legittimità di presidente aggiunto della Corte di cassazione); tale prevalenza risulta del resto dimostrata con chiarezza algebrica nell’intervento in Plenum del cons. Forziati, pur da sempre molto critico nei confronti del vigente testo unico, nonché estensore dell’alternativa proposta di testo unico “a punteggi”.
Ma abbiamo votato per Pasquale D’Ascola anche perché siamo convinti che il residuo spiraglio di discrezionalità lasciato aperto dal vigente teso unico, nel quale si è inserita l’argomentazione a supporto della proposta a favore del presidente Mogini, dovesse essere esercitato optando per una figura di magistrato la cui storia professionale è stata sempre tutta calata nella pratica giurisprudenziale e nel quotidiano dialogo tra giurisprudenza, avvocatura e dottrina, ossia, in ultima analisi, tra diritto e vita. Perché, come ha detto Antonello nel suo intervento, la Cassazione è un ufficio strategico non soltanto nella geografia giudiziaria, ma anche nella geografia culturale del Paese.
E infine siamo convinti anche, e la vicenda di questa nomina ci rinforza nella nostra convinzione, che non sia stato un errore avere proposto e votato un testo unico che certamente può e deve essere migliorato nei molti aspetti che la concreta pratica della sua applicazione sta via via sta evidenziando, ma che, nella sua ispirazione di fondo, garantisce – pur in quadro più severo e rigido di quello precedente – uno spazio minimo di discrezionalità per le nomine apicali di uffici importanti, laddove s’impongono al CSM l’onere e l’onore di scelte anche culturali e valoriali.
Il primo presidente della Corte di cassazione non lo si può né lo si deve eleggere sulla base di algoritmi; almeno finché il CSM avrà la configurazione di soggetto rappresentativo della magistratura, quale assegnatagli dalla Costituzione del 1948.
Ecco perché è ingiustificata la posizione dei consiglieri Fontana e Mirenda, che hanno qualificato la propria astensione come segnale critico verso l’eccesso di discrezionalità lasciato dal testo unico. Una posizione ingiustificata e ingiustificabile, se solo si pensa che la si è voluta annunciare pubblicamente in un incontro con la stampa che i due hanno tenuto nei locali consiliari il giorno prima della seduta presieduta dal Presidente Mattarella.
Francesca Abenavoli, Marcello Basilico, Maurizio Carbone, Geno Chiarelli, Antonello Cosentino, Tullio Morello