SETTEMBRE
13

Diario dal Consiglio del 13 settembre 2025

Al servizio dei cittadini, malgrado la legge inadeguata

È noto a tutti che l’8 agosto 2025 è stato emanato il decreto legge n. 117 contenente una serie di misure urgenti in materia di giustizia, fortemente incidenti sull’organizzazione giudiziaria e sul processo civile, al fine di agevolare il raggiungimento degli obiettivi previsti dal cd. PNRR.

È anche noto che il decreto abbia previsto dei termini veramente stringenti entro i quali adottare, da parte del CSM, le due delibere attuative, per individuare gli uffici di primo grado destinatari dei magistrati da applicare da remoto (con contestuale indizione dell’interpello) e quelli di Corte di appello che, non avendo raggiunto gli obiettivi previsti, giustifichino il trasferimento di venti magistrati con incentivi (secondo gli artt. 2 e 3 del D.L n. 117/202259. Alle due delibere ha fatto seguito la proposta dalla Terza commissione con la pubblicazione del bando per i trasferimenti nelle corti.

Vogliamo, però, rimarcare soprattutto il rilievo della terza delibera adottata dal CSM nello stesso Plenum del 3 settembre (con voto contrario di Tullio), relativa alle linee guida per gli adempimenti dei dirigenti degli uffici sopra indicati e che pure non era prevista nel d.l. n. 117. Ciò nondimeno tale delibera è parsa assolutamente indispensabile, dato soprattutto il carattere straordinario delle misure adottate, al fine di fornire indicazioni operative ai magistrati e ai dirigenti, di garantire uniforme applicazione dei nuovi straordinari istituti sul territorio nazionale, di riservare al Consiglio il coordinamento, anche dal punto di vista temporale, dei vari adempimenti previsti, per conservare al sistema dell’autogoverno il maggiore spazio possibile di verifica dell’esercizio dei poteri dirigenziali.

La natura delle pratiche in questione ha imposto di mettere da parte, per l’occasione, tutte le tematiche connesse alle criticità sottese all’adozione delle misure straordinarie di cui al D.L. n. 117 (sappiamo quanto sia ancora ampio il dibattito all’interno della magistratura) e di concentrare l’attenzione sulle modalità concrete di adozione delle nuove misure, anche al fine armonizzarle, ove possibile, con il sistema normativo vigente.

Si impone una premessa sulla valutazione politica delle scelte adottate con l’emanazione del decreto legge: avevamo scritto e detto che, nello sforzo responsabile compiuto dal Consiglio a luglio scorso, quando si era adottata la delibera con cui si denunciava la difficoltà di garantire, allo stato, il raggiungimento dell’obiettivo della riduzione del 40% del disposition time nel settore civile, quest’ultimo sarebbe stato almeno avvicinabile solo adottando tutte le misure che avevamo indicato (cfr. Diario del 19 luglio).

Si erano suggeriti due livelli di interventi, necessariamente concorrenti: l’uno di ordine strutturale, che garantisse un effetto deflattivo, non solo immediato, ma anche in prospettiva, su alcuni contenziosi (si erano chiesti inoltre stabilità normativa, potenziamento di risorse, stabilizzazione degli addetti all’UPP); l’altro emergenziale e temporaneo, più direttamente incidente sull’organizzazione giudiziaria.

Bene, del primo livello di interventi non vi è traccia nella decretazione d’urgenza. Essa contiene soltanto – si fa per dire – le misure emergenziali che, secondo il Governo, dovrebbero agevolare il raggiungimento dell’obiettivo da parte degli uffici giudiziari.

Ancora una volta, dunque, la magistratura è stata lasciata sola. Ancora una volta il Governo, per fini e a scopi diversi, non ha avuto la forza e il coraggio di assumersi le proprie responsabilità fino in fondo, di intervenire su settori di giurisdizione (forse perché ritenuti politicamente sensibili) che sono fonte di enorme contenzioso altrimenti evitabile, di ragionare strategicamente e in prospettiva, di agire in sintonia con il CSM e la magistratura tutta.

Pare incredibile, per esempio, che di fronte ai termini stringenti imposti al Consiglio e di un esplicito riferimento nel d.l. ai dati statistici del 30 giugno 2025, quale base valutativa da cui partire nelle scelte da adottare, i dati statistici stessi ci siano stati forniti soltanto il 27 agosto.

La sospensione procedimentale, in corso di accertamento peritale, delle procedure di accertamento tecnico preventivo ex art. 445-bis c.p.c. è stata fatta entrare in vigore – ulteriore esempio – senza adeguare le corrispondenti voci di iscrizione a registro informatico, lasciando le cancellerie e i magistrati in servizio a ferragosto privi di precise indicazioni.

Nonostante ciò, il Consiglio non si è chiuso nell’angusto recinto della mera critica, ma ha dato doverosamente seguito al mandato legislativo insito nella decretazione d’urgenza, con attenzione verso tutte le esigenze di cui si è detto (integrazione, coordinamento, armonizzazione, interpretazione del quadro complessivo), non limitandosi, peraltro, a un intervento di burocratica attuazione.

Siamo peraltro convinti che la magistratura saprà responsabilmente farsi carico di quest’ennesimo sforzo, continuando a coniugare quantità e qualità della giurisdizione, mai dimentica, peraltro, dei principi tabellari vigenti.

Ecco, in estrema sintesi, alcuni spunti per la lettura delle tre delibere.

In primo luogo, nella individuazione degli uffici giudiziari destinatari delle misure, si è ritenuto utile seguire il criterio, oggettivo, dell’entità dello scostamento dalla durata media dei procedimenti a livello nazionale, in quanto idoneo a rivelare la concreta possibilità che l’ufficio riesca a ridurre i tempi di definizione, riportandoli più in prossimità della linea nazionale, e possa in concreto incidere sulla media dell’obiettivo nazionale. Per gli uffici di primo grado, fatta la prima selezione di quelli con scostamento della durata dei procedimenti superiore a quella media nazionale, si è operata una seconda selezione, sulla base di un ulteriore criterio oggettivo, rappresentato dall’entità della variazione del disposition time rispetto alla baseline del 2019, e ricomprendendo solo gli uffici con una variazione in aumento o con una variazione inferiore al – 40%.

Gli uffici giudiziari di primo grado beneficiari delle applicazioni a distanza sono così risultati 48 e 9 le corti di appello destinatarie dei trasferimenti.

Tale scelta è parsa equilibrata sotto un diverso punto di vista: si è cercato cioè di non allargare troppo la platea degli uffici destinatari, al fine di non restringere il novero degli uffici dai quali dovrebbero giungere le domande di applicazione (i magistrati in servizio negli uffici “disagiati”, per espressa previsione normativa, non possono fare domanda di applicazione da remoto).

A proposito della delibera sulle corti di appello, giova evidenziare che il Consiglio, in attuazione dell’art. 2, ha individuato sia le sedi che non hanno raggiunto gli obiettivi previsti dal PNRR e sia, fra esse, quelle in situazione maggiormente critica cui si è preferito riservare i posti da pubblicare per i trasferimenti con incentivi.

Tale precisazione è importante perché i poteri straordinari di cui all’art. 4 del decreto legge sono riservati ai dirigenti delle sole corti che non abbiano conseguito gli obiettivi (e non solo di quelle cui sono destinati magistrati in trasferimento) e degli uffici di primo grado selezionati.

Quanto alla distribuzione delle unità fra i 48 Tribunali, è stato ritenuto opportuno prevedere un meccanismo, anch’esso oggettivo, che tenga conto del volume e della qualità dei procedimenti in carico a ciascun ufficio; ed è così stato individuato il numero di procedimenti aggiuntivi che occorrerebbe definire in ciascun tribunale ripartendolo in funzione delle 500 unità.

Sono stati ribaditi i criteri, normativi, in base ai quali disporre le applicazioni (secondo l’ordine di presentazione delle domande), mentre, con riferimento ai tribunali di destinazione, verrà seguito l’ordine derivante dal livello di scostamento dal raggiungimento degli obiettivi. Resta ferma la facoltà per il Consiglio, in considerazione del numero di domande pervenute e dell’analisi dei programmi di definizione (art. 3 d.l. 117) che saranno trasmessi al Consiglio medesimo, di modulare differentemente la distribuzione dei magistrati negli uffici, al fine di garantire il miglior utilizzo delle risorse disponibili.

La già citata terza delibera è costruita in maniera tale da renderne la lettura quanto più chiara possibile: si è suddivisa la stessa in paragrafi, uno rivolto ai presidenti di corte, uno ai presidenti di tribunale, uno indirizzato cumulativamente a entrambi, in ordine al piano straordinario loro affidato (art. 4 d.l. 117).

In ciascun paragrafo è stata data indicazione con schematicità dei soggetti che devono provvedere, dell’oggetto e delle finalità dei singoli piani da adottare (programma di definizione, provvedimento di assegnazione e smaltimento, piano straordinario), del loro contenuto, dei tempi entro i quali provvedere, delle valutazioni riservate al CSM per ciascuno di detti programmi. Si è inteso così fornire delle linee d’indirizzo utili ad agevolare il lavoro comune, chiarire alcuni concetti ambigui, uniformare tendenzialmente i contenuti, specificare la natura dell’intervento dei Consigli giudiziari (mai considerati dal d.l. 117) e del CSM.

Per concludere nell’ottica, spesso perseguita da questo Consiglio, di garantire la massima partecipazione di tutti i soggetti interessati, le tante questioni sul tappeto presto rappresenteranno argomento di confronto con i presidenti delle corti e dei tribunale (non solo quelli individuati come destinatari delle misure), come anche, verosimilmente, con i magistrati destinati in applicazione, in occasione di incontri via teams che sono in corso di organizzazione.

Francesca Abenavoli, Marcello Basilico, Maurizio Carbone, Geno Chiarelli, Antonello Cosentino, Tullio Morello

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