Candidato

Edmondo De Gregorio

Procura della Repubblica presso il Tribunale di Roma

Ho con soddisfazione appreso che nel manifesto programmatico della nostra assise Partenopea sono indicati – tra i temi principali del nostro percorso – quelli della innovazione e delle risorse. E’ un orizzonte nel quale è opportuno muoversi all’interno del programma di area con unità di intenti il più possibili condivisi; presidiare il territorio della “innovazione” significa individuare e mantenere saldi i pilastri propri della giurisdizione, dedicare concreta attenzione alle capacità dei sistemi di assorbire - assecondando le capacità che i Magistrati tutti i giorni riversano nell’impegno di tutti i giorni - un sistema organizzativo nel quale alla carenza di risorse umane non ha fatto sempre seguito ( ed in parziale compensazione) il rilascio di sistemi informatici al passo con le complesse dinamiche gestionali proprie del sistema giustizia.

L’innovazione, tuttavia, non può essere imposta dall’alto, né può essere gestita esclusivamente da professionalità estranee al mondo giudiziario che per formazione sono purtroppo lontane dai moduli propri dell’esercizio della funzione. Si tratterebbe di un sistema non rispondente alla corretta modulazione e declinazione della funzione; le scelte sottese alla costituzione delle architetture informatiche non sono di fatto neutrali, condizionano di fatto sempre più i moduli di concreto esercizio della giurisdizione. I sistemi devono certamente garantire adeguato monitoraggio dell’attività degli uffici ma essere in grado di metabolizzare adempimenti e di attivare le inevitabili sinergie con i processi di produzione dei provvedimenti giudiziari.

Devo constatare che troppo spesso i sistemi informatici varati e resi gioco forza operativi negli uffici – sovente attraverso consistenti apporti quasi esclusivi di professionalità esterne al mondo giudiziario – ingenerano effetti del tutto asincroni rispetto ai propositi di celerità sottesi all’adozione di un modello informatico; a più riprese si è dato corso ad applicativi (adottati in larga scala sul territorio nazionale) che più che assecondare l’esercizio della giurisdizione, fluidificandone snodi e incroci particolarmente congestionati, finiscono invece per pervadere l’esercizio della funzione, condizionandola di fatto ed asservendola ad un modulo di gestione precostituito all’interno di standards spesso mutuati e maturati in luoghi lontani dal servizio giustizia.

Oggi i sistemi informatici uniformano sempre più la giurisdizione, pongono dei paletti di ineludibile forza ostativi alla modulazione dei poteri organizzativi propri dei dirigenti degli Uffici, si palesano nella loro assoluta anelasticità che è, in definitiva, l’effetto finale della quasi totale assenza di lungimirante presidio da parte dei Magistrati nella loro preventiva analisi.

I servizi informatici e le loro complesse architetture devono essere “governati” con attenzione attraverso un puntuale ed attento vaglio delle potenzialità del modello proposto, non è possibile delegare ad altri il processo, si tratta di prodotti che devono essere attenti alle concrete esigenze del sistema giustizia. Il taglio “sartoriale” è imposto dalla necessità di adattamento alle esigenze concrete dei singoli momenti della articolata e complessa macchina organizzativa della giurisdizione.

L’effettività del mestiere di magistrato è sempre più dipendente dalla capacità dei sistemi di assorbire la produzione provvedimentale e di assecondare tutte le diverse articolazioni delle funzioni (settori che si contraddistinguono per la complessità e diversità procedurale).

Presidiare i sistemi vuol dire essere pronti ad assicurare a tutti i magistrati la medesima articolazione dei modelli sul territorio nazionale.

Non può esistere una giustizia a due velocità, né la simultanea presenza di sedi giudiziarie che come “grandi stazioni” assicurano celeri partenze di treni ad alta velocità verso destinazioni prestabilite insieme ad altre e numerose stazioni di periferia dove gli scambi vengono azionati ancora a mano e gli operatori della giustizia viaggiano sugli accelerati ….

Non è sufficiente lasciare che il tema dell’ “innovazione” sia collocato in sinergica ineludibile sintonia con quello delle “risorse”; viviamo in una stagione ove il fattore “risorse” – come abbiamo appreso dall’intervento del sig Capo di Gabinetto del Ministro – è stato degnamente pesato dal Ministro che ha conseguito attribuzioni in misura superiore ai cento milioni di euro per le sole risorse informatiche . Non basta tuttavia conseguire la disponibilità delle risorse, bisogna anche saperle impiegare – previa attenta analisi – in modo adeguato per poi diluirle e renderle efficaci con prudenza all’interno di sistemi già operativi tutti i giorni nei nostri uffici.

Si tratta di una attività ineludibile che dovrà essere adeguatamente presidiata proprio per assicurare la “tenuta” della giurisdizione, ed il mio pensiero va ai numerosi giovani Magistrati in Tirocinio che, dopo aver trascorso un anno presso la Procura di Roma (ufficio ove presto servizio), prendono servizio nelle sedi di destinazione. Anche a loro deve essere assicurata la dotazione di infrastrutture informatica uniformi sul territorio, il fascicolo nativo digitale ad esempio (contenente tutti gli atti indicizzati, consultabili ed editabili) costituito e fruibile dal giorno della iscrizione di tutte le notizia di reato dalla scrivania del magistrato presso Procura e Tribunale di Roma (attraverso il documentale TIAP associato all’applicativo di registro SICP) deve, in detto contesto, essere parte della dotazione standard di tutti gli uffici giudiziari. Facciamo si che a spegnere quell’entusiasmo, pur vivo nelle sedi periferiche colleghi giovani o meno giovani operano tra mille difficoltà, non contribuisca l’apporto di architetture dei sistemi non più al passo con i tempi costrette a rallentare lungo tortuosi ed antichi sentieri.