Candidato

Marco Gianoglio

Procura della Repubblica presso il Tribunale di Torino

Ho a lungo tergiversato, ma ora non posso più esimermi nello scrivere qualche riga sulla mia candidatura.

E formulo subito una proposta: per le prossime elezioni del Coordinamento sia abrogata la prassi per ciascun candidato di scrivere un proprio profilo.

Ho impiegato settimane per l’autorelazione, figurarsi una pagina per illustrare le ragioni per le quali dovrei essere votato io, in luogo di altri.

Oltretutto il mio compito sarebbe piuttosto semplice.

Perché se è vero che sono candidato, è altrettanto vero che la mia è una candidatura non tanto personale, quanto piuttosto espressione di un gruppo, del gruppo di Area Piemonte, cresciuto esponenzialmente negli ultimi mesi, tanto in termini numerici, ma ciò che più conta, in termini di partecipazione, di contributi e disponibilità individuali, e di questo ne sono la prova i risultati dell’elezioni dell’ANM distrettuale: per quattro voti non siamo il primo gruppo; non abbiamo subito travasi di voti verso AEI.

Ed è, vorrei aggiungere ancora, un gruppo che è cresciuto in Area e con Area, che ha iniziato a consolidarsi proprio nel passaggio da una fase dai confini più incerti, ad una fase più strutturata, composto da molti colleghi, alcuni dei quali digiuni fino a ieri di attività associativa e da altri, che se ne erano in passato allontanati.

Nel girovagare in alcune sedi del Piemonte, avendo personalmente partecipato alla presentazione dei candidati – sempre in contradditorio con quelli degli altri gruppi - in varie sedi (Verbania, Novara, Alessandria e Torino), mi ha colpito la litania di molti: i carichi di lavoro, la mancanza di personale,  il malfunzionamento del processo telematico, l’incombenza del disciplinare; ne è venuta fuori, almeno questa è stata la mia sensazione,  l’immagine di una magistratura tutta ripiegata su sé stessa, sui propri problemi,  sulle proprie ansie, riottosa al confronto, priva di uno sguardo alto, prospettico.

Il nostro gruppo ha tentato di uscire da questa visione di una giurisdizione ormai terra di nessuno, abbiamo sostenuto la necessità dell’adozione dei criteri di priorità come strumento per uscire qui ed ora dalla stretta dei carichi di lavoro; abbiamo parlato della necessità di tutela dei magistrati da parte della Giunta non solo come singoli, ma anche all’interno dei loro uffici; abbiamo sostenuto la necessità di rapporti con l’esterno, con gli altri operatori del diritto, con la società civile, proprio nell’ottica di colmare quel divario indubbiamente esistente tra la realtà vissuta e la realtà percepita all’esterno.

Ho colto un aspetto tutto nostro: il rimescolarsi delle idee, il fare propri – anche rielaborandoli – concetti espressi da altri, tant’è che anche ora, scrivendo, a volte non riesco più a distinguere ciò che era mio o ciò che nel frattempo è diventato mio.

Ed è per questo che mi piace dire che non sono io un candidato, ma noi siamo un candidato.

Trasferita in ottica nazionale, questa esperienza offe qualche indicazione per il futuro immediato.

Consolidata la strettura centrale, occorre concentrarsi sulle periferie, perché è li che si creano i presupposti per una crescita collettiva di Area.

La gran parte segue le vicende nazionali con il binocolo, legge a stento i comunicati o non li legge affatto, è maggiormente concentrata sul proprio particolare, sulle difficoltà del quotidiano: a tutti dovremmo essere in grado di offrire uno spazio di partecipazione, uno spazio che dia la possibilità di trasformare il pettegolezzo, il lamento con il collega dalla stanza a fianco, in una prospettiva, non dico di cambiamento, ma almeno di  analisi e di confronto periodico su ciò che accade nel qui ed ora  di ciascuno.

Credo sia importante che in ciascun territorio vi siano assemblee frequenti, a cadenza periodica e vi sia una ripartizione tra i componenti il nuovo Coordinamento, di gruppi di distretti, così da dare impulso e “coordinare” le attività nei territori, attività anche legate all’informazione e al confronto con i componenti i Consigli Giudiziari e le Giunte locali.

Ciò che ci viene rimproverato da molti è la grande carenza di informazioni su quanto accade in quelle sedi e la carenza di informazioni crea distanza e. mi verrebbe da dire, non porta consenso.

Lo stesso discorso vale per il travaso di informazioni dal CSM.

E poi ci sarebbe una vecchia e mai sopita mia aspirazione: contribuire a far crescere l’esperienza dei Consigli Giudiziari.

Talvolta  lamentiamo le scelte del CSM nelle nomine, lamentiamo la nomina di chi non merita e così via.

È anche vero, però, che in quelle sedi (CG) ci adeguiamo alla prassi del copia e incolla, dell’autorelazione che finisce nel rapporto che finisce nel parere; abbiamo poco o nulla da obiettare a pareri seriali  redatti dai dirigenti, in cui la percentuale di aggettivi è sproporzionata; forse qualcosa in più si può fare, a partire dalla consapevolezza che il Consiglio Giudiziario non è solo un organo di “bassa” amministrazione, chiamato a sfornare pareri a raffica, ma un organo politico, la base dell’autogoverno.

Collegato a questo, vi è tutto il tema delle fonti di conoscenza: per i pareri, per le conferme dei direttivi e dei semidirettivi; continuo a ritenere che al momento le fonti di conoscenza sono poche e questo può aprire la strada a pareri troppo assimilabili gli uni agli altri, il che, a sua volta, ostacola la decisione in sede di autogoverno centrale.

Avrei ancora molto da dire, ma “purtroppo”, lo spazio a mia disposizione è terminato.

Solo auspico che anche le elezioni del Coordinamento, oltre a vedere una partecipazione ampia, siano un’ulteriore occasione per irrobustire gruppo e che ciascuno, con il proprio voto, abbia la consapevolezza e l’orgoglio di contribuire alla sua crescita.