Candidato

Stefano Civardi

Procura della Repubblica presso il Tribunale di Milano

Sono Stefano Civardi, in magistratura dal 1996.

In prima  sede ho lavorato ad Agrigento, con applicazioni alla DDA di Palermo.

Dal 2003 lavoro a Milano, mia città natale, e mi sono occupato di indagini in materia prima di pubblica amministrazione poi di criminalità economica.

Da segretario distrettuale del Movimento per la Giustizia / Articolo 3 ho partecipato alla crescita del progetto di Area e negli anni passati ho composto uno dei primi coordinamenti locali di Area.

La mia breve presentazione nell’assemblea milanese che mi ha proposto è ruotata su tre parole che per me sintetizzano la ragion d’essere del gruppo per il quale sono candidato:

DEMOCRAZIA intesa come apertura a tutti i colleghi nelle scelte dei candidati all’autogoverno: la forza del nostro progetto sta nel coinvolgere nell’autogoverno non chi ha percorso tutto il cursus honorum della vita associativa, ma i colleghi più stimati e preparati che ciascuno di noi vorrebbe come Giudice della propria carriera. Democrazia come principio ispiratore nell’organizzazione degli uffici da parte dei nostri dirigenti che, specie laddove il quadro ordinamentale lo consente, non impugneranno la clava degli accresciuti poteri gerarchici per esercitare una giurisdizione prona alla volontà dei maggiorenti.

PLURALISMO nelle più profonde e intime questioni di coscienza (AREA non è una corrente dal pensiero unico) ma un’idea comune di giurisdizione promossa da colleghi con differenti percorsi culturali. Per questo siamo AREA, per delimitare un perimetro comune che racchiude realtà diverse che si vogliono rispettare nella loro storia e nella loro diversità.

GIUSTIZIA come tutela di coloro che sono destinati a soccombere nei rapporti di mera forza. Il nucleo insopprimibile della giurisdizione sta nel riconoscere il diritto che spetta anche a chi non avrebbe la forza o il potere per affermarlo. L’amministrazione della giustizia come barriera opposta al travolgente potere economico, mediatico, politico che domina la condizione dei cittadini.

Su questo appassionante programma la concreta fisionomia di AREA DEMOCRATICA per la GIUSTIZIA dipenderà dalla credibilità delle persone che lì si impegneranno.

Le ragioni del mio impegno personale e il punto di vista del Pubblico Ministero.

Negli ultimi anni abbiamo assistito ad una trasformazione genetica della magistratura.

La separazione di fatto delle carriere (non essendo disposta la maggior parte dei colleghi in età adulta a sradicare la propria famiglia per cambiare funzioni) ha cominciato a scavare un solco fra giudici e pubblici ministeri. Le carriere si sviluppano sempre di più all’interno della stessa funzione e lo sbocco naturale per i colleghi sta diventando il passaggio da sostituto procuratore della Repubblica a Procuratore della Repubblica, caricando di aspettative, un tempo non così assillanti, la promozione a direttivo o semidirettivo.

L’introduzione del limite di anzianità a 70 anni per “quasi” tutti, unitamente ai limiti di legittimazione posti ai colleghi anziani aspiranti a posti direttivi ma troppo vicini all’età pensionistica, hanno comportato per il nostro ultimo CSM una quantità inusuale di nomine destinate a cambiare il volto della classe dirigente della magistratura. Si sono affacciati alla dirigenza molti nuovi colleghi, molto più giovani dei loro predecessori anche in relazione ai mutati criteri adottati dal Testo Unico sulla dirigenza, certo non più centrato sul principio dell’anzianità senza demerito.

La nuova dirigenza, non più necessariamente imbevuta di quella cultura comune della giurisdizione che ha comunque permeato l’intera magistratura accomunata da un unico accesso legittimante e un unico CSM, si dovrà confrontare con un assetto ordinamentale sostanzialmente gerarchico, speriamo mitigato dalla circolare in elaborazione al CSM sulle Procure. Il ruolo già di fatto vissuto dalle Procure Generali, potenzialmente accresciuto dalle riforme processuali in via di approvazione, accentua ulteriormente la nuova vocazione gerarchica degli uffici della Procura della Repubblica.

In relazione a questo nuovo e forse non entusiasmante panorama stanno mutando anche i modi di relazionarsi dei colleghi nel lavoro, nella vita associativa, nei confronti dell’autogoverno.

Molti di noi hanno scelto questo lavoro sia per la passione di “rendere giustizia”, sia per la libertà con cui poteva essere svolto.

Tuttavia ultimamente stiamo vedendo dei colleghi un po’ meno liberi.

Meno liberi perché non sono pronti ad un confronto con il capo dell’ Ufficio, meno liberi perché nell’associazionismo cercano tutele, garanzie e promesse, meno liberi perché la spinta verso la direzione di uffici piuttosto che verso l’esercizio della giurisdizione, li rende più soggetti a chi può esaudire o frustrare i propri desideri. Area come si colloca in questo mutato quadro? Come ha dato prova di incarnare i suoi valori nella ANM, al CSM, nelle persone dei capi degli Uffici?

Il mettermi in gioco con una candidatura al coordinamento nazionale, oltre ad essere il naturale portato di un impegno associativo locale nel coordinamento di Area nel distretto di Milano, nasce anche dalla volontà di rimettere al centro di AREA l’attrattiva ideale, l’indipendenza di giudizio, la massima attenzione alla questione morale anche all’interno della magistratura.

I colleghi che votano AREA non sono così ingenui da aspettarsi dei magistrati antropologicamente differenti, tutti senza macchia e senza peccato. Sono tuttavia desiderosi di non incontrare le stesse pratiche clientelari che si trovano altrove. Vogliono condividere un modo di vedere la giurisdizione e non vivere un’appartenenza di gruppo come un insieme di persone che tutto giustifica a sé e nulla perdona agli altri. Per queste idee ho deciso di mettere a disposizione degli elettori di AREA la mia candidatura.

 

Programma
di Stefano Civardi e Donatella Salari

Trasmettiamo un breve profilo personale e professionale per illustrare le nostre candidature per l’elezione del prossimo coordinamento nazionale.

Pur provenendo da storie ed esperienze professionali diverse ci riconosciamo nei punti essenziali programmatici di seguito riportati e che costituiscono gli elementi distintivi e al contempo la ricchezza del patrimonio ideale che Area deve saper valorizzare e praticare in ogni articolazione lavorativa, istituzionale e associativa.

Elementi comuni sono la prevalenza, per non dire esclusività, dell’esercizio della giurisdizione, la pluralità di esperienze anche in territori diversi: da Agrigento a Milano, dalla giurisdizione di merito a quella di legittimità, dalle funzioni requirenti a quelle giudicanti civili e penali, collaborando con riviste e partecipando a incontri formativi e a confronti su questioni cruciali che attengono alla unità della giurisdizione, al rifiuto di una strisciante separazione tra P.M. e giudici, alla questione morale, alla necessità che davvero la professionalità sia il cardine della valutazione professionale, con attenzione ai temi della tutela dei diritti in tutta la loro ampiezza e complessità, della parità di genere che rappresenta un potenziale non ancora sufficientemente valorizzato e un apporto di qualità che non può più essere marginalizzato.

Alle attività strettamente giurisdizionali si è aggiunto  un impegno associativo da sempre nel Movimento per la Giustizia e da tempo in AREA ( anche nelle fasi iniziali e di strutturazione sul territorio partecipando ai coordinamenti locali ), cercando in ogni occasione e contesto di operare con democrazia e pluralismo per attuare l’idea di giustizia incarnata in una magistratura progressista che rifiuta da un lato l’idea della carriera da perseguire a tutti i costi e dall’altro quella di burocrate di lusso, aspettative che non sempre anche Area ha saputo mantenere.

Questo impegno nella giurisdizione, il fermo convincimento che la professionalità sia valore fondante e caratterizzante anche di quello associativo, l’adesione da tempo e senza riserve ad Area come naturale sviluppo di un modo nuovo di fare associazione, mantenendo e cercando di portare in Area questo sentire, hanno portato come naturale sviluppo alla candidatura “doppia”, che non è frutto di una strategia elettorale ma un passaggio verso la fusione di storie diverse che si riconoscono e che si impegnano a dare attuazione al documento programmatico di seguito riportato, avendo come obiettivo quello di far sì che l’azione di Area sia in grado di superare a volte contraddizioni e a volte delusioni per attrarre l’interesse e l’impegno delle nuove generazioni di magistrati.

 

Questo è il nostro programma:

1. Premessa. Il progetto di Area

Area è nata per essere l’osmosi del meglio delle esperienze di MD e del MOV/3 e quindi per focalizzarsi su tematiche quali l’attenzione alla tutela dei diritti di tutti, la democrazia interna agli uffici, il ruolo del PM incardinato nella giurisdizione, il contrasto alla gerarchizzazione, l’efficienza della giurisdizione, la professionalità e quindi il merito come parametro di tutte le scelte, la consapevolezza che l’unico modo di difendere l’autonomia e l’indipendenza della giurisdizione risiede nella resa effettiva della giustizia, nell’offrire ai consociati un servizio efficiente.

Tali questioni sono cruciali perché altrimenti le garanzie diventano soltanto privilegi di una “casta” e ci saranno tolti.

Nel contempo Area deve superare i limiti dell’azione dei gruppi fondatori, e quindi interrogarsi sulla soggettività politica di una associazione di magistrati, che non può essere parte dell’agone politico generale ma deve avere le fondamenta fortemente infisse nei valori costituzionali e progressisti e quindi sentirsi vicino alle sensibilità esistenti nella società civile sui vari temi in qualche modo collegati alla giurisdizione.

Area deve, peraltro, rifiutare le logiche interne di contrapposizione sulla base di gruppi precostituiti, cordate, alleanze territoriali, scambi di voti, che costituiscono la degenerazione correntizia, ma sollecitare la discussione e anche la divisione sulla base di idee e programmi eventualmente diversi, sapendo che la pluralità delle opinioni deve essere vissuta come una ricchezza, dalla cui sintesi nasce la linea politica del gruppo.

Area deve riconoscere gli errori fatti in un percorso ormai “ultradecennale” scontando un deficit di democrazia partecipata che ha portato ad una concentrazione decisionale che non corrisponde forse ad una effettiva rappresentatività. Si devono rompere gli schemi del finto politicamente corretto e dire con chiarezza quali sono le criticità che hanno impedito fino ad ora ad Area di decollare come progetto associativo in grado di avere un significativo appeal per le nuove generazioni.

Non basta un nome nuovo se si fanno politiche vecchie.

I colleghi questo lo vedono con chiarezza e se ne stanno lontani e se ne allontaneranno sempre di più in assenza di cambiamenti significativi.

2. AREA e ANM

La linea politica dell’ANM negli ultimi anni non è stata soddisfacente per il cedimento alle istanze burocratiche, corporative ed esclusivamente “sindacali”.

 La Presidenza Davigo costituisce l’esempio dell’immagine di una magistratura ripiegata sui propri problemi piuttosto che su quelli della giustizia, che si allontana dalla sensibilità del Paese e quindi corre il rischio di isolarsi.

La contrapposizione col Governo deve invece fondarsi sulle condizioni di lavoro dei magistrati (e degli uffici in generale) intesa come necessità di essere messi in grado di rendere giustizia in modo efficiente, e quindi come funzionale all’espletamento del proprio ruolo istituzionale e non come difesa di privilegi di casta.

È necessario prendere posizione sui temi più “caldi” come magistratura onoraria, protagonismo di certi PM, ecc. .

La presenza e l’attività di Area nella ANM finora è invece stata poco riconoscibile perché troppo attenta a certi equilibri, timida nel prendere posizioni che segnano nettamente la nostra visione di tutela dei diritti, scontando incertezze anche nel criticare a fondo scelte legislative per mediare e attenuare la percezione di una vicinanza al governo.

3. AREA e Autogoverno

L’azione ideale di Area dovrebbe essere caratterizzata da due linee guida fondamentali: il rigoroso rispetto delle regole in tutti i campi, con denuncia dei comportamenti devianti, soprattutto sulla base dell’appartenenza, ormai non più limitata alle correnti ma estesa alle situazioni geografiche, quando non amicali e personali; la “serietà” dell’autogoverno come parametro di riferimento, rispetto al buonismo dettato dagli altri gruppi. Il che significa valutazione di professionalità rigorose, scelta dei direttivi e degli altri incarichi (Cassazione, Massimario, DNA, Direttivo Scuola, ecc.) sulla base dei parametri della professionalità e del merito, avendo come riferimento l’interesse dell’istituzione e non quello del singolo.

Occorre il coraggio di ripensare, a distanza di dieci anni, la disciplina ordinamentale. Dalla ultradecennalità al sistema di passaggio dalle funzioni requirenti a quelle giudicanti con tutti i corollari in tema di mobilità e pari opportunità. Occorre combattere una separazione tra giudicanti e requirenti che ormai divide le nuove generazioni di magistrati ben più di quanto si pensi. Bisogna contrastare e segnalare i guasti che sta portando all’esercizio della giurisdizione l’idea di una carriera intesa come gradini da scalare in fretta. In tal senso bisogna riflettere se il criterio della anzianità per fasce in alcune situazioni può essere utile parametro e limite alla discrezionalità.

La questione morale, l’etica della funzione, la professionalità sono le linee maestre di una magistratura moderna, che non ha più un collante e una sua capacità attrattiva in una lettura ideologica della realtà ma che guarda ogni volta alla credibilità e alle capacità del singolo aspirante. Occorre difendere con forza il ruolo del CSM di tutela dell’indipendenza della giurisdizione.

Area ha il massimo rispetto dell’autonomia dei consiglieri eletti, anche facenti riferimento ad Area, ma chiede che si dia conto delle scelte effettuate e si riserva il diritto di criticare le deviazioni dai programmi declamati, in una chiara distinzione di ruoli. In questa ottica, è utile il dialogo con la molteplicità delle componenti togate e politiche, evitando una contrapposizione frontale affidata ad un pregiudizio negativo nelle scelte altrui. Ma quando quest' ultime sono in conflitto evidente con i nostri valori e le nostre idee di professionalità o di politica giudiziaria l'opposizione all'interno del Csm del gruppo di Area deve essere ferma ed intransigente, pur nella consapevolezza di assumersi il rischio di non riuscire più a raggiungere gli obbiettivi prefissati in ragione della immediata reazione delle altre componenti. L'azione di un gruppo politico di riferimento dei consiglieri, quando c'è riconoscibile comunanza dei valori in chi si assume la responsabilità della rappresentanza nell'organo di autogoverno dopo essere stato circondato da un consenso convinto nella fase elettorale, deve risolversi in un parallelo sostegno informato alle scelte consiliari e non in una sorta di guardania continua ed altamente reattiva in assenza di elementi di conoscenza. Nelle scelte consiliari il consenso non potrà essere unanime ed e per questo motivo che chi guida Area dovrà, da un lato, pretendere un'informazione preventiva sulle scelte più rilevanti e, dall'altro, sostenere ciò che si condivide anche contro critiche frutto di disegni personali o di interessi in prevalenza territoriali. Insomma serve nel rapporto tra la guida di Area ed il gruppo al CSM un sistema di pesi e contrappesi che alimenti il flusso di informazioni e stabilisca una interlocuzione continua e stabile con tutti i consiglieri di Area e non solo con alcuni, in nome di quel principio di collegialità che contrassegna e caratterizza l'agire del Coordinamento così come voluto e disegnato dall'Assemblea di area, collegialità imposta dall'ampiezza dell'area di riferimento in cui si riconoscono plurime sensibilità .

4. Conclusione

Il ruolo di Area. In una parola, recuperare una chiara identità di Area in tutti i campi. Nella politica associativa, nelle scelte di autogoverno, nel comportamento quotidiano negli uffici. Ridare fiducia e speranza ai tanti colleghi che si stanno allontanando da Area vedendo in essa solo una riedizione di altri gruppi in versione edulcorata, che predicano bene e razzolano male. Ai giovani magistrati che vogliono privilegiare una immagine istituzionale della magistratura piuttosto che quella di un corpo di burocrati chiuso a difesa dei propri supposti privilegi. Aprirsi al confronto, dimostrando di essere inclusivi e non di respingere chi professa idee diverse. Rifuggire da dirigismi interni, dalle decisioni prese da pochi in segreto, ma diversificandosi sulla base di programmi chiari, anche differenti nelle soluzioni ma basati su idee di fondo condivise. In altre e più chiare parole costruire, perché finora non vi è stata una chiara identità.

Siamo quindi disponibili a sostenere ed a collaborare con chi condivide e si riconosce in queste aspirazioni a realizzare e incarnare i valori indicati nella Carta fondativa del gruppo in ogni ufficio sul territorio, nelle articolazioni istituzionali perché la distanza tra quanto predicato e quanto praticato sia la più ridotta possibile.