Contributo

Partiamo da una seria autocritica

di Antonello Ardituro
sostituto procuratore Tribunale di Napoli
La telematica giudiziaria è stata considerata una forma di elitarismo, il luogo della astrazione, lo spazio occupato da chi non si rendeva conto di quanto fosse impossibile pensare al futuro mentre il presente (la scarsezza delle risorse) ci presentava il conto del passato (l’arretrato)

Sono particolarmente interessanti i focus di AreaDG sul processo telematico e sulle questioni che l’emergenza pandemica ci sta ponendo sotto gli occhi.

Dibattito ampio, che ormai interessa tutte le componenti associative, al nostro interno anche MD, e i singoli magistrati.

Non voglio entrare nello specifico tecnico perché i contributi sono stati tanti, c'è tanta carne a cuocere.

Occorrerà forse astrarsi un attimo dall’emergenza e far sedimentare le cose. Questo è un po' il tempo dei pensieri in libertà, e forse è anche giusto che sia così, molti che intervengono hanno anche scarsa dimestichezza con la materia, ma anche le loro impressioni servono.

Vorrei solo fare qualche riflessione di carattere generale.

La prima è che nel dibattito manca ogni forma di autocritica. Anche nei nostri documenti.

La telematica giudiziaria è stata considerata una forma di elitarismo, il luogo della astrazione, lo spazio occupato da chi non si rendeva conto di quanto fosse impossibile pensare al futuro mentre il presente (la scarsezza delle risorse) ci presentava il conto del passato (l’arretrato).

I magistrati italiani, fino ai primi tempi del processo civile telematico – ancora fino a due mesi fa nel settore penale – non hanno creduto nell’informatizzazione, non si sono impegnati nei processi di digitalizzazione, hanno atteso che ci pensassero “loro”, non si sono resi protagonisti del cambiamento.

Anche noi di Area, dopo anni in cui abbiamo provato a tracciare la strada in via pioneristica, abbiamo “lasciato fare”.

Poi ci siamo fermati, proprio nel momento in cui dalle istituzioni del settore arrivavano finalmente segnali di cambiamento, proprio nel momento in cui alcuni provavano a continuare a tracciare la strada da quei luoghi, del Ministero e del CSM, che, almeno a partire dal 2014, hanno segnato un evidente cambio di passo che, fra l’altro, ha consentito, non senza errori o approssimazioni, di reggere alla botta della pandemia.

Una seria autocritica, come gruppi e come singoli consentirebbe di affrontare con maggiore consapevolezza la complessità delle questioni sul campo. Criticare ciò che non funziona ed alcuni ritardi partendo dalla consapevolezza delle importanti innovazioni che negli ultimi 5/6 anni sono state acquisite al patrimonio degli uffici giudiziari. Grazie al lavoro di pochi, al Ministero, al Consiglio, fra alcuni Rid e Magrif e qualche appassionato.

La seconda considerazione, ancora autocritica, attiene al tema dell’organizzazione. Per dire due cose: la telematica e quello che chiediamo agli applicativi (dunque al Ministero) è solo una faccia della medaglia; l’altra è fornita dal dato organizzativo e dalla capacità di combinare le risorse umane e tecnologiche, dalla voglia di mettersi in gioco, dalla attitudine ad operare con sguardo lungo; sono processi che vanno governati e chiamano in causa tutti, dal Consiglio ai dirigenti ai magistrati degli uffici. Ad un certo punto al diffuso disfattismo sul tema delle tecnologie si è aggiunto un certo qualunquismo sul tema dell’organizzazione, una sorta di fatalistico “vorrei ma non posso”, e in ogni caso “è problema dei capi degli uffici, altrimenti che ci stanno a fare”. Anche noi, ad un certo punto, abbiamo tirato un po’ i remi in barca. È stato più comodo seguire le demagogiche posizioni sulle responsabilità altrui, del sistema, piuttosto che guardarsi in casa, e discutere delle nostre mancanze, cadute e soprattutto scarsa volontà e attitudine al cambiamento che metta in discussione le nostre abitudini ammantate da “sacri valori”.

Infine, una riflessione va fatta sul rapporto fra Ministero e Consiglio. Ne ho diffusamente parlato più volte, e faccio rinvio a mail e scritti vari, ma credo che nel momento in cui il cambiamento è così rapido e repentino, imposto anche dalla pandemia, e le tecnologie avanzano, non solo nel settore giudiziario, ancor di più che in passato, il ruolo del Consiglio deve divenire centrale nel rapporto col Ministero, in quanto l’avvento spinto della telematica trasforma la giurisdizione e impone che siano diversamente declinati i principi di autonomia, indipendenza, efficienza, buon andamento, che, evidentemente, se non governati dall’Organo di governo autonomo, ci saranno etero modificati da chi per Costituzione ha compiti e funzioni diverse, e che proprio il massivo e irrinunciabile utilizzo delle tecnologie rende invece protagonista, anche suo malgrado, del cambiamento dell’ “essere giudice”.