Diario dal Consiglio del 8 febbraio 2019
Sono circa le 8.30 del 29 gennaio 1979. Emilio Alessandrini, come ogni mattina ha appena lasciato suo figlio Marco alla scuola elementare di via Colletta, a Milano. Pochi metri dopo, fermo al semaforo viene raggiunto e colpito da un commando di Prima Linea. Alessandrini ha solo 36 anni
Nel rivendicarne l’omicidio, Prima Linea definisce Alessandrini “uno dei magistrati che maggiormente ha contribuito in questi anni a rendere efficiente la procura della repubblica di Milano”. Un magistrato, e non sarà l’ultimo, ucciso unicamente perché faceva bene il proprio lavoro, interpretando al meglio la difesa della legalità costituzionale e legittimando, così, lo Stato di diritto, il suo impianto e le sue garanzie.
Il giorno successivo il Plenum del Consiglio Superiore è convocato al Quirinale. Il Vicepresidente, Vittorio Bachelet, ricorda Alessandrini definendolo “magistrato probo, attivo, capace, che faceva onore all’Ordine Giudiziario, noto nella città di Milano e nell’intera Magistratura per le sue qualità professionali ed umane”.
Il Presidente della Repubblica, Sandro Pertini, informando il Consiglio di aver deciso di partecipare alle esequie del dott. Alessandrini, afferma che “...nella lotta contro il terrorismo la Magistratura ha pagato un prezzo di sangue molto elevato per cui è necessario studiare misure operative allo scopo di evitare che i giudici si sentano isolati dagli altri poteri dello Stato”.
Vogliamo ricordare persone come Emilio Alessandrini perché la loro vita, segnata da un impegno silenzioso e tenace, sorretto dalla fedeltà a se stessi e ai valori costituzionali, rappresenta una testimonianza ed insieme una proposta, di cui sentiamo il bisogno di sottolineare la forza anche oggi, non solo per chi ha scelto di essere un magistrato, ma per ogni persona che intenda essere protagonista del percorso indicato dalla Costituzione.
Mercoledì, dopo un lungo dibattito interno alla componente togata, abbiamo chiesto, unitamente ai colleghi che si riconoscono in Unità per la Costituzione ed A&I, l’apertura di una pratica a tutela avente ad oggetto le reazioni alla decisione del Tribunale dei Ministri di Catania sulla vicenda Diciotti. Questo il testo della richiesta:
“In data 25.1.2018 è stata notificata al Ministro dell’Interno la richiesta di autorizzazione a procedere formulata alla componente giunta presso il Senato dal Tribunale per i Ministri di Catania, a seguito della nota vicenda legata alla nave Diciotti (ormeggiata nel porto di Catania nell’agosto del 2018) con cui si ipotizzano a carico del Ministro ipotesi di reato.
Nell’immediatezza della notifica il Ministro dell’Interno attraverso una diretta Facebook ha commentato il provvedimento, di cui ha esibito un estratto, facendo ripetutamente i nomi dei componenti del Collegio, ne è seguita la reazione di un numero indiscriminato di soggetti che, sul profilo facebook del Ministro hanno “postato” commenti dal contenuto oltre che offensivo e denigratorio nei confronti dei componenti del Collegio anche espressamente minaccioso.
Ancor più grave si appalesa la violenta campagna denigratoria che si è successivamente sviluppata presso organi di stampa e presso testate on line, attraverso le quali si inducono i lettori a credere che la decisione assunta dal Tribunale per i Ministri sia stata adottata non per ragioni giuridiche ma squisitamente politiche legate all’asserita specifica connotazione ideologica dei detti Magistrati, senza che sia stato fatto cenno alcuno alle argomentazioni giuridiche poste alla base del provvedimento, che possono, ovviamente, essere oggetto di legittima critica.
La campagna di disinformazione è giunta sino alla diffusione di notizie false in ordine ai componenti del tribunale che tuttora vengono rilanciate anche da trasmissioni televisive anche su reti nazionali senza che le stesse siano state in alcun modo smentite.
I fatti che stanno interessando i Magistrati componenti il Tribunale dei Ministri, si inscrivono nella – purtroppo lunga- serie di episodi che compromettono l’indipendente esercizio della funzione giurisdizionale che la magistratura deve esercitare nel solo rispetto della legge, indipendentemente dalla critica o dal consenso che ne possa derivare, con conseguente rischio di pregiudicare i valori fondanti dello Stato di diritto che sono già stati segnalati nella richiesta di apertura pratica a tutela della giurisdizione già formulata e già oggetto di esame da parte di questo Consiglio.
La gravità dei fatti sopra evidenziati, espone tutti i Magistrati (e in particolare i componenti del Tribunale per i Ministri) ad un rischio di delegittimazione che impone l’urgenza di un intervento del Consiglio Superiore della Magistratura”.
I consiglieri di MI, invece, non hanno inteso aderire. E subito dopo hanno comunicato che, “Pur prendendo atto della gravità delle dichiarazioni del Ministro dell’Interno” ritenevano l’iniziativa “destinata oggettivamente ad interferire sulle prerogative del Parlamento, trascinando il Consiglio della Superiore della Magistratura in uno scontro politico-istituzionale” cui non intendevano partecipare.
L’obiezione dei colleghi di MI, peraltro mai sollevata nel corso della lunga discussione interna ed apparsa per la prima volta nel comunicato esterno, non è condivisibile. La nostra iniziativa mira esclusivamente a salvaguardare la serenità dell'esercizio della funzione giurisdizionale, la credibilità dei singoli giudici e le prerogative della magistratura (in molti articoli descritta all’opinione pubblica come un esercito di toghe 'rosse', secondo un clichè semplificatorio ed offensivo, pronte a fare politica, piuttosto che giustizia), che il Consiglio Superiore, nel suo ruolo di Governo Autonomo, ha il dovere e la responsabilità di garantire, in funzione della tutela dei diritti dei cittadini e dell’esercizio efficace del controllo di legalità. E proprio non riusciamo a vedere come la tutela dei colleghi contro attacchi, insulti e denigrazioni possa considerarsi una interferenza nei confronti del Parlamento.
In Prima Commissione, del resto, dove è già in discussione una pratica a tutela della giurisdizione, proposta dopo i fatti di Avelllino sempre dai gruppi di AREADG, UNICOST e A&I il dibattito è molto sereno, proficuo ed attento ad ogni profilo della materia. Confidiamo di riuscire, attraverso il dialogo e il confronto, a convincere i colleghi di MI della importanza di queste iniziative del CSM per la tutela della autonomia e della indipendenza della magistratura e dei singoli magistrati a fronte di episodi, sempre più frequenti e allarmanti, di aggressioni ai magistrati per loro decisioni.
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Il Plenum di questa settimana su iniziativa della Sesta commissione, ha approvato il parere sulla proposta di legge in materia di giudizio abbreviato, incentrato sull’eliminazione della possibilità, per l’imputato, di accedere al giudizio abbreviato per i reati puniti con l’ergastolo (il testo può essere letto <a questo link)
Come avvenuto già in occasione della discussione di precedenti pareri, il dibattito è iniziato con la contestazione, da parte di alcuni componenti laici, della legittimità di questa attività del Consiglio e della sua cornice, tanto più in questo caso nel quale non vi era stata una richiesta di parere da parte del Ministro e la pratica era stata aperta di iniziativa dalla Sesta Commissione.
Come ha sottolineato lo stesso Vicepresidente, la norma è sempre stata interpretata dal Consiglio, anche alla luce di una consolidata prassi costituzionale che risale agli anni ‘90, nel senso che i pareri possono sia essere richiesti dal Ministro, sia essere formulati spontaneamente, poiché la ratio della previsione è quella di favorire - nella prospettiva feconda di un policentrismo istituzionale voluto dalla Costituzione, che anche l’interlocuzione tra CSM e Potere legislativo alimenta – un dialogo tra le istituzioni che crei consapevolezza delle ricadute di sistema che l’iniziativa legislativa in materia di giustizia può determinare.
Nel merito, premesso che rientra nell’ambito della discrezionalità del legislatore l’introduzione di limiti all’accesso ai riti premiali rispetto a reati il cui trattamento sanzionatorio è indice di massimo disvalore per l’ordinamento, nel parere si sottolineano le ripercussioni che la riforma potrebbe avere nel complessivo assetto del sistema “giustizia” ed in particolare sul carico di lavoro delle Corti di assise. I dati raccolti dal Ministero della giustizia sul punto, infatti, dimostrano che i procedimenti per reati puniti con l’ergastolo sono definiti con giudizio abbreviato in percentuali che vanno dal 68% nel 2016 al 79% nel 2017 a fronte di percentuali di accesso al rito, sulla generalità dei procedimenti, ben inferiori (17% nel 2016, 21% nel 2017). Insomma per i delitti puniti con l’ergastolo il giudizio abbreviato funziona con percentuali corrispondenti a quelle da sempre indicate da tutti gli operatori come essenziali per garantire la effettiva funzionalità del processo penale. Rinunciarvi significherebbe muoversi in netta controtendenza rispetto alla intenzione di promuovere riforme condivise che garantiscano una riduzione dei tempi di durata dei giudizi.
Inoltre nel parere si segnala il rischio che la impossibilità di accedere al rito abbreviato anche per coloro che collaborano con la giustizia possa incidere negativamente sulla scelta di intraprendere un percorso di collaborazione.
Nello spirito di leale collaborazione che da sempre connota le iniziative del CSM in questo campo il parere indica alcune soluzioni alternative a quella proposta che potrebbero ovviare ad alcuni degli inconvenienti che sono all’origine della iniziativa. Nel giudizio abbreviato per delitti puniti con l’ergastolo il trattamento sanzionatorio inflitto spesso dipende non tanto dalla riduzione prevista per il rito, ma dalla sua combinazione con i meccanismi di computo della pena. In particolare per il delitto di omicidio aggravato, in assenza di reati connessi, il giudice è costretto a scegliere tra una pena di 16 anni e una pena di 30 anni di reclusione (riconoscendo o meno la equivalenza di una attenuante) senza alcuna possibilità di graduare la pena in ragione della effettiva gravità del fatto. Senza rinunciare ai benefici derivanti dalla rapida definizione di questi giudizi con il rito abbreviato, si potrebbe allora intervenire sui meccanismi sanzionatori, ad esempio rivedendo il massimo edittale per alcuni reati ovvero stabilendo percentuali inferiori di riduzione per il rito per alcuni delitti o ancora fissando un tetto massimo di riduzione per i rito.
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Sempre in Plenum, segnaliamo anche che:
- è stato affermato, su proposta della Settima commissione che ha in proposito risposto ad un quesito, che i provvedimenti di applicazione endodistrettuale – anche se urgenti – devono essere necessariamente accompagnati dal parere del Consiglio giudiziario, poiché l’art. 102 della circolare in materia di applicazioni espressamente impone il preventivo intervento di “controllo” del Consiglio giudiziario prima che il decreto stesso acquisisca efficacia, senza possibilità di deroghe all’iter così delineato, nemmeno in presenza di ragioni di urgenza;
- è stato rinnovato l’incarico ad un gruppo di lavoro di cinque colleghi, in ausilio alla Settima Commissione, per l’individuazione delle modalità di ricostituzione di una banca dati della giurisprudenza di merito;
- è stata approvata la graduatoria del concorso indetto con DM 19/10/2016 per 360 posti che ha visto solo 339 vincitori, sicchè i MOT inizieranno a breve il tirocinio che avrà la durata ordinaria di diciotto mesi, avendo cessato gli effetti la norma speciale che aveva, per gli ultimi due concorsi, ridotto il termine a dodici mesi. Dunque i nuovi magistrati assumeranno concretamente le funzioni dopo l’estate del 2020. Nei prossimi giorni, subito dopo la emanazione del DM di nomina, la Sesta Commissione provvederà a licenziare, di intesa con la Scuola, le linee direttive per il tirocinio;
- abbiamo nominato i gruppi di lavoro sugli standard di rendimento, in ausilio ai lavori della IV commissione. Si tratta di un lavoro impegnativo che deve colmare una lacuna a livello di normazione secondaria che non consente di precisare il parametro della laboriosità, utile al fine della valutazione di professionalità.
Il parametro della laboriosità (e nel suo ambito il raggiungimento degli standard di rendimento) non è esclusivo criterio per la valutazione di professionalità, e tuttavia, la individuazione di una soglia di rendimento appare utile anche per rassicurare i colleghi rispetto all’esperienza della “valutazione”, vissuta – soprattutto negli uffici più impegnativi per mole di lavoro e soprattutto dai magistrati più giovani – con eccessiva apprensione.
A tale fine, noi consiglieri di AREA, riteniamo utile che il lavoro svolto dalla IV commissione e dai gruppi di colleghi che la sosterranno porti alla individuazione, all’esito di una seria verifica statistica, non di un numero fisso ma di un range entro il quale si riterrà adeguata la laboriosità; e che tale range venga calcolato per classi di magistrati “omogenee” per tipo di ruolo (essendo empiricamente noto che ruoli più pesanti comportano minori capacità di smaltimento degli affari), lasciando poi ad altre fonti di conoscenza la descrizione della tipologia qualitativa del ruolo e dell’ufficio ricoperto dal magistrato;
sia conoscibile ex ante dal magistrato, in modo che questi possa responsabilmente organizzare il proprio lavoro;
rimanga tendenzialmente stabile nel tempo per evitare che lo sforzo di ciascuno per raggiungere il range soddisfacente non comporti, ciascun anno, l’innalzamento quantitativo; che si considerino, soprattutto per il civile, tutte le forme di definizione del procedimento per evitare di trascurare il c.d. “lavoro nero”.
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In Seconda commissione è stata avviata la discussione su una modifica dell’art.28 del regolamento di contabilità, il quale prevede la nomina di collaboratori esterni per il CSM. L’obiettivo è quello di prevedere un meccanismo trasparente e aperto di nomina mediante la individuazione dei casi in cui procedere alla nomina di collaboratori esterni e la predisposizione di un albo dei colleghi che hanno offerto la loro disponibilità ed in possesso dei requisiti richiesti per l’accesso all’incarico.
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In Quinta commissione al fine di affrontare nella maniera più compiuta il diffuso contenzioso dinanzi al giudice amministrativo, c'è stato un incontro con gli avvocati dello Stato che si occupano di questi giudizi. Si è trattato di un incontro molto proficuo, nel corso del quale sono stati analizzati i più recenti orientamenti del Consiglio di Stato anche al fine di procedere alla redazione di motivazione che tengano conto degli indirizzi giurisprudenziali, senza tuttavia determinare alcuna compromissione dei poteri decisionali del Consiglio Superiore.
Alla unanimità è stato proposto il collega Stefano Schirò per l'incarico di Presidente del Tribunale Superiore per le Acque Pubbliche.
I lavori consiliari hanno visto, altresì, il completamento delle numerose delibere di nomina portate all'attenzione del plenum e oggetto di approvazione.
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In Settima commissione prosegue il lavoro di esame dei progetti tabellari purtroppo ancora non esaurito (tra le pratiche più complesse e interessanti segnaliamo che è in corso la discussione sulle tabelle della Corte di Cassazione). Abbiamo, poi, avviato i lavori per l’esame dei progetti organizzativi degli Uffici di Procura. con una discussione preliminare cui hanno partecipato anche due dei tre colleghi nominati ex art 28 reg.int. Si è trattato di una riunione utile ed importante volta ad impostare il metodo di analisi dei progetti, nel rispetto della circolare di recente approvazione e della sua “ratio” fondativa, che dovrà trovare attuazione misurandosi con la realtà dei diversi uffici, onde garantire l’equilibrio tra le prerogative che la legge assegna al Procuratore della Repubblica e l’indipendenza del Pubblico Ministero.
Segnaliamo anche il continuo impegno della commissione per l’esame tempestivo delle tantissime richieste di applicazione extradistrettuale, che mettono in evidenza le difficoltà organizzative in cui si dibattono gli Uffici specialmente al sud del paese, avviliti dalla carenza di risorse e da un turn over che compromette non solo la progettualità ma la ordinaria gestione della risposta giurisdizionale.
Vorremmo segnalare, tra le tante, tutte ugualmente serie, quella del distretto di Reggio Calabria, dove le significative carenze di organico proiettate in un territorio in cui la ‘ndrangheta ha il suo centro decisionale oltre che le sue radici storiche, ha fatto si che il Presidente della Corte abbia chiesto di essere sentito dalla Commissione stessa per poter illustrare come in quel territorio il “rendere giustizia”, il far sentire la presenza della legge e dello Stato, sia un’impresa difficilissima, che viene condotta con abnegazione ma con costi, anche in termini di sacrifici alla vita personale dei magistrati ivi impegnati, che non possono che disincentivare sia la permanenza che la disponibilità all’applicazione.
Crediamo che siano aspetti che dovranno essere tenuti presenti nel parere che il CSM esprimerà sulla riforma della pianta organica.
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Chiudiamo il nostro Diario ringraziandovi per l’impegno e l’entusiasmo che traspare dalle tante iniziative che stanno nascendo nei diversi territori ed alle quali spesso ci invitate, siano esse di discussione e confronto sui temi dell’autogoverno e sul lavoro in Consiglio, o di approfondimento e dibattito aperto all’esterno e agli altri attori della vita civile su temi importanti e fondativi del nostro essere una comunità di cittadini maturi e consapevoli, come i cineforum o i convegni che si stanno svolgendo in tante sedi. In questo contesto anche il nostro mandato ci appare ‘di più’ parte del contributo che tutti possiamo offrire alla crescita di qualità ed efficacia della risposta giurisdizionale.
Buon lavoro e buona settimana ... Vi racconteremo … !
Ale, Ciccio, Giuseppe, Mario