Riforma dell’Ordinamento giudiziario e del processo
Il Ddl presentato dal Ministro della Giustizia – pur contenendo in alcune sue parti anche apprezzabili previsioni – appare ispirato a un disegno complessivo che, attraverso l’irrealistica e assurda pretesa di governare la magistratura per mezzo di uno strumento disciplinare abnormemente ampliato e l’introduzione di termini capestro, mira a realizzare ancora una volta finalità meramente punitive nei confronti della Magistratura italiana.
Preoccupano, infatti: la previsione di una drastica quanto irrazionale riduzione dei termini di durata delle indagini preliminari e di forme di discovery anticipata; l’introduzione di automatismi e previsioni standardizzate di termini di durata dei procedimenti civili e penali, assolutamente ininfluenti, quando non dannosi, sulla qualità ed efficacia delle indagini e delle decisioni. E ciò senza tener conto, da un lato, della diversa e variabile complessità e difficoltà dei procedimenti; dall’altro, di un carico giudiziario che, tanto nel settore civile, quanto nel settore penale, è in un costante aumento, ormai insostenibile con gli organici e le risorse attuali e non fronteggiabile nonostante la produttività elevata dei magistrati italiani.
Tali previsioni rappresentano l’ennesimo intollerabile tentativo di riversare sui magistrati le conseguenze delle gravi e colpevoli disattenzioni verso il settore giustizia di cui da oltre un ventennio si è resa responsabile la politica con i governi che si sono avvicendati. Ancora una volta, in luogo di prevedere coraggiosi e ormai non più procrastinabili provvedimenti di natura strutturale e di deflazione che assicurino al sistema un effettivo recupero di efficienza, si tenta nei fatti di riformare, punire e normalizzare la Magistratura.
Nella stessa direzione appare andare anche l’introduzione del meccanismo del sorteggio per l’elezione dei componenti togati del CSM che annulla nei fatti il sistema della rappresentanza previsto dall’art. 103 comma 4 della Costituzione, che è il cardine della garanzia dell’autonomia e dell’ indipendenza della magistratura poste a tutela e salvaguardia dei diritti e dell’uguaglianza dei cittadini davanti alla legge.
Siamo perciò totalmente contrari ad una tale proposta di riforma demagogica la quale – mentre nulla garantisce sul piano del recupero dell’etica della funzione – in contrasto con la Costituzione sostituisce la sorte al meccanismo della rappresentanza, svilisce il senso profondo della partecipazione e del pluralismo e si presta a distorsioni e strumentalizzazioni clientelari anche peggiori di quelle che il disegno di legge afferma di voler contrastare.
I magistrati italiani chiedono riforme che consentano di svolgere la loro funzione con norme processuali e risorse umane e materiali adeguate e consone al delicatissimo compito cui sono chiamati e si attendono che la loro autonomia e l’indipendenza non siano svilite, ma siano rispettate e difese, ad iniziare dagli altri Poteri dello Stato e dalle istituzioni tutte, perché essa è il presupposto per l’esercizio imparziale della funzione e per la tutela dei diritti delle persone e delle loro garanzie.
Chiediamo, perciò, l’apertura di un tavolo di confronto che consenta di pervenire ad un testo di riforma che sia il più largamente condiviso e, soprattutto, realmente utile per il Paese, a cui non serve una magistratura depotenziata e intimidita, ma un sistema giudiziario moderno ed efficiente.
Cristina Ornano
segretario nazionale di AreaDG
Maurizio Carbone
presidente nazionale di AreaDG
14 luglio 2019