Migranti

Non banalizzare le decisioni, non intimidire i magistrati

Mentre si banalizza il contenuto di provvedimenti giurisdizionali in materia di immigrazione adottati dal Tribunale di Milano, l’operato di un giudice di quel Tribunale viene fatto oggetto di interrogazione parlamentare e si avanzano riserve sulla libertà dei magistrati di manifestare il proprio pensiero

Assistiamo ancora una volta ad iniziative preordinate a suscitare riprovazione nei confronti di magistrati impegnati nella materia della protezione internazionale. Oggi, in alcuni articoli di stampa si denuncia, con taglio scandalistico, che alcuni provvedimenti del Tribunale di Milano avrebbero concesso la protezione umanitaria prendendo anche in considerazione i rischi collegati alla diffusione della pandemia da Covid-19 nei paesi d’origine dei migranti.

Le predette decisioni, che riposano su principi consolidati della giurisprudenza di legittimità, vengono banalizzate ed utilizzate strumentalmente per diffondere nell’opinione pubblica timore e preoccupazione legati al tema dell’immigrazione, ancora una volta collegato al pericolo sanitario.

Nelle stesse ore viene diffuso l’esito di un’interrogazione parlamentare avanzata in Senato nei confronti del Ministro della Giustizia. Nel quesito si adombrano, con modalità che appaiono larvatamente intimidatorie, riserve sull’operato giudiziario e sulla terzietà e indipendenza di un magistrato, anch’esso del Tribunale di Milano e impegnato nella sezione specializzata in materia di immigrazione e protezione internazionale. La risposta all’interrogazione, da un lato, sembra addentrarsi in una valutazione dei contenuti giurisdizionali dei provvedimenti che non compete al Ministro, e, dall’altro, nell’escludere nei confronti del magistrato in questione qualsiasi violazione del dovere di imparzialità, sembra, tuttavia, esprimere riserve sulla libertà di manifestazione del pensiero e sulla libertà di insegnamento del magistrato.

Quanto alla prima vicenda, ribadiamo per l’ennesima volta che i provvedimenti giudiziari possono certamente essere oggetto di dibattito e di valutazione da parte dell’opinione pubblica, ma nel rispetto della professionalità dei magistrati e attraverso una corretta rappresentazione del contesto normativo che sorregge la difficile attività interpretativa di adeguamento alla realtà concreta della situazione geo-politica. Non possono essere tollerate banalizzazioni irridenti né utilizzazioni strumentali, preordinate a far leva sulle preoccupazioni dei cittadini al fine di suscitare sgomento ed indignazione contro le decisioni giudiziarie e contro i magistrati. Sulla seconda vicenda ci sembra imprescindibile sottolineare che l’attività di doveroso controllo delle altre istituzioni sulla magistratura non deve mai poter assumere connotati, anche impliciti o larvati, di ritorsione o di intimidazione. Infine, l’attività di libera manifestazione del pensiero da parte dei magistrati deve essere rispettata e tutelata in ogni contesto, ma soprattutto quando si esprime su temi giuridici e in contesti pubblici di approfondimento tecnico-scientifico, pure garantiti dalla Costituzione. I contenuti espressi in tali contesti non possono essere utilizzati per incrinare le credibilità del magistrato nell’esercizio della giurisdizione né per sollevare dubbi sulla sua terzietà.

28 dicembre 2020