COMUNICATO

Legge sulla tortura: è necessario un cambio di rotta

Ci aggiungiamo a quanti chiedono al Parlamento di non approvare la legge sulla tortura nel testo attualmente in discussione. Dopo tanti anni di attesa, l'Italia avrebbe una legge distante dalle convenzioni internazionali e sarebbe inadempiente alle indicazioni della Corte Europea dei diritti dell’uomo

Il Parlamento italiano si appresta ad introdurre nell’ ordinamento il reato di tortura. Una legge in questa materia è attesa in Italia da più di vent’anni, eppure il testo che sta per essere approvato fallisce il proprio scopo perché disegna una fattispecie incriminatrice ben diversa da quella descritta dalla Convenzione contro la tortura e i trattamenti inumani e degradanti approvata dalla Assemblea Generale dell’ONU nel 1948.

Il disegno di legge in discussione consente di considerare tortura solo i comportamenti ripetuti (si parla di “violenze”, “minacce” e “condotte”, al plurale); richiede che le sofferenze inflitte alla vittima siano “acute”, senza dare rilievo al loro protrarsi nel tempo; consente la punibilità della tortura mentale solo se il trauma psichico conseguente è “verificabile”; non garantisce un’efficace repressione ai trattamenti inumani o degradanti che non assurgono a livello di gravità della tortura (sembra infatti configurare i primi quali condizioni di punibilità della seconda). Apre dunque la strada a valutazioni incerte ed è destinata a rendere ancor più complesse ricostruzioni giudiziarie già per loro natura delicate e difficoltose.

Il testo in corso di approvazione, inoltre, ignora le precise indicazioni della Corte EDU che, per ben due volte (casi Cestaro e Bartesaghi Gallo), ha chiesto al legislatore italiano: da un lato, di introdurre fattispecie incriminatrici conformi alla cogente interpretazione dell’art. 3 della Convenzione Europea da lei stessa fornita ; dall’altro, di correggere un assetto legislativo rivelatosi inadeguato non soltanto sul piano sanzionatorio e repressivo, ma anche sotto il profilo della capacità dissuasiva e della prevenzione di comportamenti devianti da parte di funzionari ed agenti dello Stato.

Si tratta di un testo criticato da più parti, nel mondo accademico e nella comunità dei giuristi. Criticato anche – con una iniziativa autorevole e inedita – dal Commissario per i diritti umani del Consiglio di Europa che, in una lettera aperta inviata al Parlamento Italiano, ha sottolineato come, approvandolo senza modifiche, si potrebbero garantire sacche di impunità ai responsabili di gravi comportamenti.

Analoghi rilievi critici sono stati formulati, proprio in questi giorni, dagli avvocati dell’Unione delle Camere Penali, preoccupati dall’introduzione di una fattispecie incriminatrice non chiara e non efficace, difficile da applicare (“poiché le condizioni poste per la punibilità saranno di complessa se non impossibile verifica”), in nulla somigliante alla convenzione Onu: "modello” cui ci si sarebbe invece dovuti ispirare.

Da ultimo, alcuni magistrati genovesi, coinvolti a vario titolo nei procedimenti penali che hanno avuto ad oggetto i fatti verificatisi in occasione del G8 del 2001 (durante l’irruzione nella scuola Diaz e presso il centro di detenzione temporanea di Bolzaneto), hanno inviato una lettera aperta al Presidente della Camera dei Deputati segnalando che quei fatti – qualificati come torture e trattamenti inumani e degradanti dalla Corte Europea dei Diritti dell’uomo – “potrebbero non essere punibili come tortura secondo la diversa e contrastante definizione che il Parlamento ha fin qui prescelto”.

Al monito del Commissario per i diritti umani del Consiglio di Europa, alle osservazioni critiche degli avvocati penalisti, agli appelli dei tanti giuristi ed esponenti della società civile, a quello sottoscritto da Armando Cestaro, Sara Bartesaghi Gallo e Lorenzo Guadagnucci (vittime riconosciute delle torture poste in essere presso la scuola Diaz), ai condivisibili rilievi dei colleghi di Genova, Area Democratica per la Giustizia sente il dovere di aggiungere la propria voce.

L’Italia aspetta da trent’anni una legge sulla tortura; non ha atteso tanto per vedere oggi approvata una legge che si discosta in modo così significativo dalle previsioni delle convenzioni internazionali e potrebbe perfino rendere legittimi alcuni trattamenti inumani e degradanti che quelle convenzioni chiedono di sanzionare; non ha atteso tanto per rischiare di essere ancora ritenuta inadempiente ai propri obblighi dalla Corte Europea dei diritti dell’uomo, legittima interprete di convenzioni internazionali che l’Italia ha sottoscritto e garante della loro corretta applicazione

Nota del Coordinamento nazionale di Area Democratica della Giustizia