Comunicato

La Turchia si ritira dalla Convenzione di Istambul

Un nuovo strappo alle libertà e ai diritti fondamentali che richiede una forte presa di posizione da parte delle istituzioni italiane ed europee

Fonti di stampa annunciano che la Turchia, con un decreto del Presidente Erdogan, intenderebbe ritirarsi dalla Convenzione che, ad Istambul nel 2011, vide come prima firmataria proprio la Turchia. Come noto questa Convenzione è lo strumento pattizio che vincola a livello internazionale gli ordinamenti nazionali a tutelare le donne, obbligando i governi a adottare una legislazione di contrasto alla violenza domestica e coniugale e alle mutilazioni genitali femminili. Costituisce, perciò, il testo più avanzato per una difesa unitaria a livello sovranazionale della condizione femminile prevenendo abusi che devono essere riconosciuti quali crimini e violazioni di diritti umani.

Secondo i resoconti giornalistici, il ripensamento del Governo turco sarebbe argomentato in ragione del fatto che la Convenzione minerebbe l’unità familiare, incoraggiando il divorzio e le rivendicazioni della comunità Lgbt. Le opposizioni interne ritengono si tratti di una scelta politica determinata dall’intenzione del Governo turco di consolidare i consensi nei settori più conservatori dell’opinione pubblica.

Esprimiamo grave preoccupazione per questa scelta che allontana ulteriormente la Turchia dalla comunità internazionale dei diritti e dall’Europa, comprime, più di quanto gravemente già non sia stato fatto in quel Paese, le libertà e i diritti fondamentali dei cittadini e degli stranieri residenti, infligge un duro colpo allo sforzo internazionale svolto in favore di una tutela finalmente efficace delle donne, esposte alla violenza anche in contesto familiare e domestico.

È assolutamente necessaria una forte di presa di posizione della magistratura italiana ed europea, del nostro Governo e delle istituzioni internazionali, per richiedere al Governo turco una seria rivalutazione di una scelta politica cruciale per l’uguaglianza e la dignità femminile, tanto più in un Paese dove la repressione del dissenso politico attraverso la carcerazione si consuma ogni giorno.

20 marzo 2021