Omaggio a Carlo Smuraglia

Il ricordo di una persona e di una vita dedicate interamente alla libertà, ai diritti dei lavoratori, alle istituzioni, nelle parole pronunciate durante il Plenum del CSM, a nome del gruppo di AreaDG

Oggi se n’è andato Carlo Smuraglia. Avrebbe compiuto 99 anni il 12 agosto.

Una vita lunga un secolo, che era e rimarrà un monumento alla storia democratica di questo Paese.

Ne ha dato comunicazione l’ANPI, di cui Carlo Smuraglia è stato Presidente dal 2011 al 2017, quando, al termine del mandato, ne divenne Presidente emerito.

Dopo l’armistizio l’8 settembre 1943, studente di giurisprudenza, lasciò la Normale di Pisa con una scelta difficile e dolorosa che si può solo immaginare per un ragazzo di appena vent’anni che voleva stare dalla parte “giusta”, quella della libertà; e, mettendo da parte non solo la sua carriera, ma la sua sicurezza personale, tornò a casa per sottrarsi alla leva e – come lui stesso racconta – trovare rifugio in casa di contadini marchigiani, unendosi poi alla Resistenza nel 1944 come volontario nel Gruppo di combattimento “Cremona” del nuovo esercito italiano alle dipendenze operative dell’ottava Armata Britannica, con cui avrebbe proseguito la guerra fino alla resa finale delle forze nazifasciste in Italia.

Si laureò successivamente presso l’attuale Scuola superiore Sant’Anna di Pisa nel 1946 ed unì alla carriera accademica presso le Università di Milano e Pavia e alla professione di avvocato l’impegno politico nelle Istituzioni.

Come scrive l’ANPI “il suo nome resterà nella storia di questo paese per l’appassionata partecipazione alla Resistenza”, “una liberazione di anime” come la definiva lui. Una scelta morale, prima ancora che politica, che non fu solo la Resistenza partigiana contro il fascismo e l’occupazione nazista del paese, ma  instancabile impegno per la piena attuazione della Costituzione, dei diritti e della democrazia anche attraverso la professione di avvocato, difensore attento ai diritti dei lavoratori e delle lavoratrici ed in particolare a quello della sicurezza dei luoghi di lavoro; ed anche  attraverso l’impegno politico e istituzionale: dal 1970 al 1985 è stato consigliere regionale in Lombardia, vicepresidente del consiglio regionale, e presidente dal 1978 al 1980; è stato componente del Consiglio Superiore della Magistratura tra il 1986 e il 1990; eletto tra il  1992 e il 2001 per tre volte senatore tra le fila dei Democratici di Sinistra, guidò per sette anni la Commissione lavoro del Senato, divenendo tra l’altro il padre della legge che promuove l’attività lavorativa ai detenuti.

Vorrei rendergli omaggio con parole che pronunciò quale Presidente ANPI in occasione della celebrazione tenuta in Piazza Duomo a Milano il 25 aprile 2016, celebrazione cui non mancò mai, neppure il 25 aprile scorso, quando, seppure impossibilitato fisicamente, partecipò trasmettendo il suo saluto e la sua vicinanza. 

Sono parole attuali, la cui forza e verità riecheggiano nella nostra coscienza di donne e uomini di oggi e ci proiettano verso un futuro di impegno per la democrazia e la libertà.

“… Siamo qui, ancora una volta, a ricordare la Liberazione … soprattutto nel suo più profondo significato politico, che era quello di non rappresentare solo la conclusione di una sciagurata fase storica, ma era piuttosto quello di aprire la strada ad un futuro di democrazia, in cui libertà ed eguaglianza marciassero di pari passo, in cui i diritti della persona, così come la dignità, fossero considerati alla stregua di beni intangibili ed inalienabili, il lavoro fosse il fondamento non solo economico, ma sociale e morale della Repubblica, la pace come il bene sommo da tutelare ad ogni costo…

Ma siamo qui anche per richiamare tutti alla necessità di superare un mondo fatto di ingiustizie, in cui alcuni poteri forti cercano di dominare il mondo, riuscendo solo a provocare disuguaglianza, miseria, fame, privazione di diritti, violenza e barbarie.

Siamo qui per non dimenticare il passato, ma al tempo stesso per guardare verso il futuro, sapendo che esso dipende da noi, dalle nostre scelte, dalla nostra volontà di partecipazione, di democrazia, di antifascismo. Siamo qui per restituire ai giovani la certezza di una vita dignitosa e la speranza di un futuro migliore. Siamo qui, in un giorno di festa, ma ricordando che il Mediterraneo è pieno di cadaveri, che in tutto il mondo infuriano guerre, che assassinii e barbarie minacciano la nostra vita e la nostra libertà…

La Resistenza è stata sogno, sacrificio, utopie, vittorie, sconfitte, perdite; giorni belli e giorni difficili. Ma abbiamo resistito e abbiamo vinto. Dunque, vincere si può …, e si può provare, insieme, a costruire un futuro migliore: una società più giusta ed equa, dove ci sia più libertà, più uguaglianza, più lavoro, più dignità, per tutti.

È un sogno? Ma i sogni si avverano se si sanno compiere le scelte e se si sa gettare tutti se stessi verso l'obiettivo.

In fondo, è ciò che volevano i Resistenti, è ciò che volevano i nostri giovani caduti. In loro nome e per i nostri giovani, prendiamo in mano il nostro futuro e rinnoviamo l’Italia, diffondiamo l’idea della pace, della solidarietà… pensando che il mondo si può cambiare, si deve cambiare, se lo vogliamo fino in fondo e ci impegniamo a rispettare il lascito dei caduti per la libertà.

Spesso, per concludere un discorso, si citano frasi celebri, di poeti, scrittori o caduti. Lasciatemi oggi concludere con una frase pronunciata dal presidente Mattarella a Varallo Sesia, che ho trovato bellissima: «È sempre tempo di resistenza!»”.

Un saluto affettuoso e commosso alla amata moglie Chicca, ed ai figli.   

Alessandra Dal Moro

31 maggio 2022