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Una riforma senza un progetto

Intervento di Giuseppe Cascini al Plenum nella discussione relativa al parere del CSM sulle proposte di modifica alla riforma dell’ordinamento giudiziario della Ministra Cartabia

Il dibattito sul sistema elettorale del Consiglio ha assunto, a mio avviso, una curvatura preoccupante anche al nostro interno.

È, infatti, una semplificazione tutta ideologica quella che pretende di individuare nella riforma elettorale la soluzione dei mali del correntismo.

Fino a quando il Consiglio Superiore sarà un organo elettivo, come vuole la Costituzione, la raccolta del consenso non potrà prescindere dall’azione dei gruppi organizzati.

I gruppi organizzati si formano o in maniera trasparente sulla base di idee e valori condivisi oppure, in maniera più o meno occulta, sulla base di interessi privati.

Anche con il cd. sorteggio temperato, ultima invenzione dei cultori dell’anticorrentismo, nella fase elettiva successiva al sorteggio sarà determinante il ruolo dei gruppi.

I diversi sistemi elettorali possono, invece, incidere, e molto, sul potere degli apparati dirigenti dei gruppi di scegliere non solo i candidati, ma anche gli eletti e, quindi, sulla maggiore o minore democraticità dell’organo.

La proposta avanzata dal Governo, pur contenendo alcuni aspetti apprezzabili, non risolve le principali criticità del sistema vigente.

Il sistema per la elezione dei componenti di legittimità è identico all’attuale, mentre quello per la elezione dei pubblici ministeri è molto simile.

Quanto alla elezione dei giudici di merito, per quanto riguarda la parte maggioritaria, cioè otto seggi su tredici, è agevole prevedere che i gruppi, almeno quelli più forti, presenteranno un solo candidato per ogni collegio, con la quasi matematica certezza di conseguirne l’elezione.

In questo modo la scelta degli eletti viene ancora una volta ad essere riservata alle dirigenze dei gruppi, espropriando di fatto gli elettori, anche quelli che si riconoscono in quel gruppo, della possibilità di scegliere il candidato più adatto.

La nostra proposta è di estendere a tutti i tredici seggi per i giudici di merito il sistema di attribuzione su base proporzionale.

In questo modo senza rinunciare al vantaggio di una divisione del territorio in collegi si avrebbe il rilevante beneficio di costringere i gruppi a presentare in ogni collegio un numero elevato di candidati, così consentendo agli elettori di scegliere non solo a quale gruppo dare il proprio consenso, ma anche a quale candidato tra quelli espressi dal gruppo.

Ma il limite principale di questa riforma, e anche del dibattito pubblico in corso su questi argomenti, è quello di non cogliere i temi centrali della crisi del governo autonomo della magistratura e i rimedi necessari a risolverla.

Manca un disegno complessivo di riforma, manca una idea di fondo sulla magistratura e sul governo autonomo e si rincorrono in maniera disordinata le pulsioni irrazionali del dibattito in materia.

E nella parte in cui sembra cogliersi un disegno complessivo, questo è sicuramente sbagliato e rischia di aggravare i fenomeni degenerativi cui si dichiara di voler porre rimedio.

In particolare, l’accentuazione di aspetti di gerarchizzazione degli uffici e di controllo sulla produttività dei magistrati, aumenta e favorisce le logiche di protezione che alimentano il correntismo deteriore.

La previsione di una graduazione, in sede di valutazione di professionalità, del giudizio sulla capacità organizzativa del magistrato, chiaramente decisiva per la futura attribuzione di incarichi di direzione, rischia di alimentare, sin dalla prima valutazione di professionalità, l’ambizione dei magistrati e le spinte di carriera, esasperando anche in questo caso le logiche di protezione e di clientela.

Manca, invece, un intervento forte sul tema del carrierismo, che è la vera origine dei mali del correntismo deteriore.

Va certamente accolta con favore la proposta della Ministra di ridurre il numero degli incarichi semidirettivi, secondo quanto proposto dal Consiglio nel precedente parere e quella di aumentare a sei anni il termine di legittimazione per i dirigenti e i semidirigenti.

Ma io credo che solo una effettiva temporaneità degli incarichi direttivi e semidirettivi possa riportare ad una dimensione fisiologica il rapporto dei magistrati con la carriera.

La nostra proposta è di prevedere un congruo periodo di esercizio della giurisdizione ordinaria tra un incarico e l’altro.

In ogni caso proponiamo di fissare in otto anni il periodo di legittimazione dei dirigenti e dei semidirigenti, i quali non potranno presentare domanda per nuovi incarichi prima di aver completato il precedente.

In questo modo si assicurerebbe maggiore stabilità nella direzione degli uffici, una riduzione del numero degli aspiranti e una migliore programmazione dei lavori del Consiglio nelle procedure di nomina

Devo, infine, fare un accenno ad un tema che è solo sfiorato nella proposta di parere, ma che a mio avviso rappresenta uno delle criticità più rilevanti della riforma.

Mi riferisco alla estensione dell’illecito disciplinare di cui all’art.2 lett.v) del d.l.vo 109 del 2006 a tutte le ipotesi di violazione delle disposizioni in materia di rapporti con la stampa introdotte dalla riforma del 2021 in tema di presunzione di innocenza.

Con questa norma si verrebbe ad attribuire ai titolari dell’azione disciplinare e al giudice disciplinare un penetrante potere di sindacato su scelte di natura discrezionale che dovrebbero essere riservate al Procuratore della Repubblica, con rischi molto gravi sia per le garanzie di indipendenza dei magistrati del pubblico ministero che per il diritto/dovere di informazione sulle vicende giudiziarie.

La estensione dell’illecito anche a qualunque dichiarazione dei magistrati del pubblico ministero su casi giudiziari trattati dall’ufficio, anche se non trattati dal magistrato e anche se già definiti, rappresenta una indebita, e del tutto irrazionale, limitazione del diritto di manifestazione del pensiero dei magistrati, con gravi conseguenze ancora una volta sul diritto di informazione e sulla indipendenza dei magistrati.

Elisabetta Chinaglia
Alessandra Dal Moro
Giuseppe Cascini
Mario Suriano
Ciccio Zaccaro

16 marzo 2022