NOVEMBRE
2

Diario dal Consiglio del 2 novembre 2022

Senza speranza per il futuro:
74 i suicidi in carcere dall’inizio dell’anno

Ogni persona che si toglie la vita è un mondo complesso di solitudine e sofferenza che poco ha a che fare con la logica del “numero”. Ogni singola morte che poteva essere risparmiata a chi non ha visto altra via di scampo è una grave sconfitta del sistema penitenziario, dello Stato, della comunità civile: la voce di una norma della Costituzione che ancora non trova attuazione.

Ma di numeri purtroppo si deve parlare perché sono tragici: più di un suicidio ogni quattro giorni.

Secondo un rapporto di Antigone, “sin dall’inizio dell’anno il fenomeno ha mostrato segni di preoccupante accelerazione, fino a raggiungere l’impressionante cifra di 15 suicidi nel solo mese di agosto, uno ogni due giorni…”.

In un report di Ristretti Orizzonti, che da anni monitora il fenomeno, si legge che il tasso di suicidi in carcere è oggi il più alto mai registrato: “in carcere ci si leva la vita ben 16 volte in più rispetto alla società esterna”.

Allarma anche che tra questi ci siano state 4 donne: “un numero particolarmente alto se consideriamo che la percentuale della popolazione detenuta femminile rappresenta solo il 4,2% del totale. Ancora più impressionante se paragonato agli anni passati. Secondo i dati pubblicati dal Garante nazionale, sia nel 2021 che nel 2020 soltanto una donna si era levata la vita in carcere. Nel 2019 non si era verificato invece nessun caso di suicidio femminile”.

Lo stesso rapporto segnala che in molti casi, un terzo almeno, le persone decedute soffrivano di patologie psichiatriche, a conferma del fatto che oggi la patologia psichiatrica è un’emergenza della realtà carceraria.     

Ed ancora deve far riflettere che, se “molti sono i casi di persone toltesi la vita in carcere ancora in attesa di giudizio. Tra queste, diverse sono quelle che in carcere si trovavano solo da pochi giorni o addirittura da poche ore”, diversi sono stati i suicidi di persone che si trovavano invece in procinto di lasciarlo: “se ne contano almeno 10 con una pena residua inferiore ai due anni. Ad alcuni mancavano solo pochi mesi per rientrare in società”.

Segno ancor più eloquente dell’incapacità della pena detentiva di ridare un futuro a chi ha sbagliato e della necessità, quindi, di ripensare la scelta di “punire” con il carcere, di favorire pene e misure alternative al carcere e, quando la detenzione è inevitabile, di prendersi cura della vita che una persona trascorre al suo interno

 

* * *

1. La “riforma Cartabia” ed il CSM

Siamo consapevoli che l’entrata in vigore della cd Riforma Cartabia ha posto tante questioni interpretative (a partire da quelle sul regime intertemporale mancando spesso una norma transitoria) e del forte impatto sull’organizzazione degli uffici.
Il CSM si è espresso, rendendo pareri, a tratti molto severi, sia sulla legge delega che sui decreti delegati, ma il legislatore non si è fatto carico dei nostri rilievi lasciando ai dirigenti degli uffici l’onere di cercare le soluzioni organizzative che consentano agli uffici giudiziari, già affetti da una cronica mancanza di risorse di personale fra i magistrati e gli amministrativi, di fronteggiare le nuove norme.

Molti adempimenti, a cominciare dall’adeguamento dei registri informatici, sono a carico del Ministero.

La interpretazione delle nuove norme è rimessa ovviamente ai singoli magistrati.
Spetta all’esclusiva competenza del Consiglio prendere posizione sui profili organizzativi conseguenti alla riforma ed eventualmente adeguare la normazione secondaria, in materia di assetto delle Procure e dei Tribunali.

Precisiamo cose ovvie, alle luce di alcuni generosi, spesso condivisibili nel merito, ma forse poco opportuni interventi degli uffici ministeriali diretti a fornire un contributo all’esegesi delle norme e a suggerire come organizzare le attività giurisdizionali.
Di contro, riteniamo che l’adozione di linee guida o addirittura la modifica delle circolari non possa nascere da una iniziativa unilaterale del Consiglio, calata dall’alto e senza prima una verifica delle prime applicazioni delle nuove norme. Si tratterebbe di un intervento prematuro e privo di una interlocuzione con chi quotidianamente affronta questi temi, con il rischio di non cogliere alcuni problemi oppure di suggerire soluzioni errate.

Per questo la Settima Commissione, presieduta da Ciccio Zaccaro, ha opportunamente deciso di avviare un primo confronto con i dirigenti di alcuni uffici giudiziari, di varie dimensioni e latitudini, per potere avere contezza dei problemi riscontrati e delle soluzioni che verranno adottate.

2. Ancora sul trasferimento d’ufficio a tutela dell’indipendenza della funzione: un caso che interroga la coerenza interna delle decisioni

Mercoledì pomeriggio è stata trattata in Plenum, alla presenza dell’interessato e del suo difensore, i quali hanno ivi svolto le proprie difese, la pratica di Prima Commissione relativa alla proposta di trasferimento di ufficio per incompatibilità ambientale e funzionale, ex articolo 2 legge guarentigie, del dottor Gaetano Catalani, giudice presso il Tribunale di Matera, con funzioni di presidente del collegio penale e, da novembre 2021, altresì svolgente funzioni di presidente f.f. dello stesso Tribunale.

La proposta di trasferimento era stata formulata dalla maggioranza della Commissione (a favore Benedetti, Chinaglia, Di Matteo; contraria Braggion; astenuto Celentano) e si fondava sul materiale, prevalentemente consistente in trascrizioni di intercettazioni telefoniche e ambientali, trasmesso dalla Procura di Catanzaro e relativo ad un procedimento penale ivi aperto nei confronti del dottor Catalani per i reati di corruzione in atti giudiziari e peculato, poi archiviato nel giugno 2022.

Rinviando alla delibera per la dettagliata descrizione dei fatti, emergeva dalle conversazioni intercettate negli anni 2020 e 2021 che:

La proposta di trasferimento si basava sulla considerazione che si era oggettivamente creato un insieme di rapporti personali privilegiati, connotati da richieste di “cortesie”, che si svolgevano tra il dottor Catalani e personaggi non solo di spicco nell’ambiente materano e potentino (avvocati del foro di Potenza e Matera, tra cui il notissimo avv. Buccico e lo stesso presidente del COA; il politico Miranda Castelgrande), ma anche, a loro volta, legati ad alcuni dei soggetti che in quel momento erano imputati avanti lo stesso Catalani: il Miranda legato a Pittella (con la conseguenza delle continue richieste di informazioni sul processo in corso), l’avvocato Izzo legato al dott. Quinto e comunque all’ASL (con la conseguenza della vaccinazione indebitamente ottenuta proprio dall’Azienda sanitaria nel cui ambito erano maturati i fatti oggetto del processo che Catalani stava celebrando); ed ancora, alcuni dei quali impegnati come difensori proprio nel processo Sanitopoli, processo tra l’altro avente una grande risonanza mediatica stante i personaggi coinvolti. A ciò si aggiungano le considerazioni svolte dal dottor Catalani, non solo con Miranda ma anche con un avvocato di Potenza, sull’operato degli uffici giudiziari di Potenza, facente parte dello stesso distretto. Tali rapporti, avvenuti in un contesto territoriale e professionale assai circoscritto, apparivano quindi oggettivamente tali da minare l’immagine di indipendenza ed imparzialità del magistrato, legato a professionisti, difensori, amministratori locali e politici da legami privilegiati e richieste di favori.

Il dottor Catalani si è difeso osservando che tutte le condotte di cui sopra erano da ritenersi normali e fisiologiche, non tali da incrinare la propria immagine di magistrato indipendente ed imparziale.

Nel corso della lunga discussione diversi consiglieri hanno convenuto con la tesi difensiva, altri hanno rilevato che non era stata svolta istruttoria volta ad accertare la sussistenza di strepitus tra la popolazione o i colleghi o presso il foro.

Siamo, invece, intervenuti a favore della proposta, trattandosi, a nostro avviso, di un caso classico e quasi “di scuola” di articolo 2: i rapporti privilegiati con legali e politici locali di spicco, oltre tutto coinvolti, a diverso titolo, in un processo in corso di celebrazione proprio davanti al magistrato, e l’abitualità nelle richieste di cortesie verso tali soggetti, costituiscono elemento indubbiamente incidente sull’indipendenza ed imparzialità del magistrato, con riferimento tra l’altro proprio allo svolgimento delle funzioni giurisdizionali. E ciò alla luce delle reiterate precisazioni sul punto della Corte costituzionale (secondo la quale “I magistrati, per dettato costituzionale, debbono essere imparziali e indipendenti e tali valori vanno tutelati non solo con specifico riferimento al concreto esercizio delle funzioni giurisdizionali ma anche come regola deontologica da osservarsi in ogni comportamento al fine di evitare che possa fondatamente dubitarsi della loro indipendenza ed imparzialità nell'adempimento del loro compito”) e della giurisprudenza amministrativa (“In ragione della delicatissima funzione svolta dal giudice, l’ordinamento esige che egli atteggi non solo lo svolgimento dell’attività professionale, ma tutto il suo comportamento di vita a canoni più rigorosi di quelli che si richiederebbero ad altri soggetti, imponendogli anche un dovere di evitare, per quanto possibile, l’instaurarsi di situazioni che, secondo un prudente apprezzamento, potrebbero rivelarsi idonee a compromettere, anche solo sotto il profilo dell’immagine esterna, l’autorevolezza e il prestigio della funzione giurisdizionale, e quindi la fiducia nell’ordinamento giudiziario”).

Quanto allo strepitus, merita ricordare che si tratta di elemento non solo non richiesto dalla giurisprudenza amministrativa, ma che solo una settimana prima lo stesso Plenum, con i voti di consiglieri che in questo caso hanno evidentemente mutato orientamento, ha ritenuto non necessario, in occasione della vicenda della dottoressa Sangiovanni.

Al termine della discussione la proposta è stata respinta con 11 voti contrari (Balduini, Braggion, Celentano, Cerabona, Ciambellini, D’Amato, Donati, Grillo, Lanzi, Marra, Miccichè), 9 favorevoli (Benedetti, Cascini, Cavanna, Chinaglia, Dal Moro, Di Matteo, Gigliotti, Suriano, Zaccaro) e 1 astenuto (Pepe).

3. Quinta Commissione: la nomina del Procuratore di Cagliari

Nel Plenum del 20 ottobre è stato deliberato il conferimento dell’incarico di Procuratore della Repubblica di Cagliari.

La Commissione aveva formulato due proposte.

Proposta A) in favore del dott. Gilberto Ganassi (cons. Gigliotti relatore, Ardita, Dal Moro, Lanzi),  

Proposta B)  in favore del dott. Rodolfo Maria Sabelli (cons. Ciambellini relatore, D'Amato).

Pur ritenendo che entrambi i candidati presentassero un altissimo profilo professionale, noi abbiamo sostenuto con convinzione la proposta in favore del dott. Ganassi non soltanto per l’indiscusso livello del merito professionale, che contempla indagini di enorme delicatezza e complessità i cui risultati sono stati vagliati e validati sino a  condanne definitive (si pensi solo al coordinamento in prima persona ed in via esclusiva delle nuove indagini per la individuazione dei mandanti della uccisione di Rosario Livatino, rispetto ai quali sostenne, sempre da solo, la pubblica accusa nel processo che ne è seguito, c.d. “Livatino-ter”, che, favorendo la ricostruzione della guerra di mafia che alla fine degli anni ’80 insanguinò la provincia di Agrigento, si concluse con la condanna di quasi tutti gli imputati), ma perché,  proprio la valutazione degli indicatori specifici, portavano in modo inequivoco alla prevalenza del suo profilo, senza considerare che, quand’anche i due profili professionali potessero considerarsi equivalenti, il dott. Ganassi era l’aspirante più anziano.

Infatti il dott. Ganassi non solo ha assunto (in modo assolutamente positivo) funzioni semidirettive  per un periodo apprezzabilmente più lungo (e fino al raggiungimento del termine massimo di otto anni) rispetto al dott. Sabelli (che le esercita da circa cinque anni fino alla data in cui si è determinata la vacanza), ma in qualità di facente funzioni il dott. Ganassi ha retto per un anno circa la Procura della Repubblica presso il Tribunale di Cagliari  tra il 2016 ed il 2017, esperienza senz’altro più pregnante e di gran lunga più recente di quella analoga del dott. Sabelli preso la Procura di Pistoia nel 1990, caratterizzata, invero,  da una durata sensibilmente maggiore (circa un anno e cinque mesi a fronte di circa tre mesi) e relativa ad un ufficio più articolato di maggiori dimensioni (peraltro il medesimo oggetto della presente procedura concorsuale). Ed ancora l’eccellente capacità organizzativa e relazionale nell’esercizio delle funzioni semidirettive, attestata dai risultati concretamente ottenuti da entrambi,  è stata, quanto al  dott. Ganassi, più diversificata, abbracciando un numero più ampio di settori (la DDA, il gruppo di lavoro specializzato competente per i reati contro la persona e la tutela delle c.d. fasce deboli, ed, interinalmente, i gruppi di lavoro specializzati rispettivamente competenti peri i reati contro l’economia e per i reati contro la pubblica amministrazione e l’ambiente nonché la gestione dell’ufficio affari semplici), mentre il dott. Sabelli nella sostanza si è occupato di un unico (pur sicuramente di primario rilievo) settore, quello economico risultando evidente la stretta connessione tra i gruppi “Reati contro l’economia” e “Affari civili” in materia economica.

Ed anche ai sensi  dell’art. 32 TU l’esperienza in DDA è stata molto più lunga, diversificata (Caltanisetta e Cagliari), e qualificata (con responsabilità di coordinamento della DDA di Cagliari per circa sei anni) di quella dell’altro aspirante, il cui profilo in definitiva poteva dirsi prevalente sotto il profilo delle attitudini specifiche solo quanto alla maggiore esperienza maturata nelle relazioni esterne con enti istituzionali (Consob, Banca d’Italia, Unità di Informazione Finanziaria, Commissioni parlamentari) nonché in ambito internazionale, per aver prestato servizio per un lungo periodo nella Procura della Repubblica della Capitale.

A fronte di un siffatto giudizio comparativo certamente nessun rilievo poteva avere la vicenda disciplinare che ha visto coinvolto il dott. Ganassi, la quale, come noto, è stata definita con sentenza integralmente liberatoria di assoluzione, passata in giudicato senza essere stata neppure impugnata dalla Procura Generale.

Sicchè dispiace molto che nella proposta B a favore del dott. Sabelli detta vicenda sia stata a lungo commentata (riportando anche il capo d’incolpazione), per arrivare a dire, del tutto ingiustificatamente che essa “getta comunque un’ombra sulle capacità relazionali e gestionali del dott. Ganassi”, poiché, se qualche ombra quella vicenda getta, non è certo sul dott. Ganassi. E sorprende che chi non perde occasione per proclamarsi “garantista” ogni volta che si tratta di valutare comportamenti censurabili di colleghi, come ad esempio nella pratica di Prima Commissione di cui abbiamo riferito prima, poi utilizzi come elemento di criticità una vicenda che si è conclusa con la esclusione di qualsiasi addebito per il dott. Ganassi.

All’esito della discussione la proposta A) ha riportato 9 voti (Ardita, Cascini, Chinaglia, Dal Moro, Di Matteo, Gigliotti, Lanzi, Suriano, Zaccaro) la proposta B) ha riportato 11 voti (Balduini, Benedetti, Braggion, Celentano, Cerabona, Ciambellini, D’Amato, Grillo, Marra, Miccichè, Pepe). 1 astenuto (Cavanna).

 

b) la riedizione del potere per la nomina del Presidente di sezione del Tribunale di Sassari

In sede di riedizione del potere – all’esito della sentenza del CdS che ha annullato la delibera con cui veniva conferito al dott. MURA l’incarico semidirettivo di Presidente di sezione del Tribunale di Sassari, settore civile – il Consiglio doveva riformulare, limitatamente ai due aspiranti, dottori Maria Giuseppa Sanna e Giancosimo Mura, il giudizio attitudinale ai sensi dell’indicatore previsto dall’art. 15, lett. b, del Testo Unico sulla dirigenza giudiziaria, come indicato in maniera puntuale dal GA (con riguardo: all’esperienza di  coordinamento dei servizi e del lavoro tra i giudici  della sezione civile del Tribunale di Sassari, dal 2002 al 2004, svolto dalla dott.ssa Sanna e non dal dott. Mura; all’erronea valorizzazione in capo al dott. Mura di attività di coordinamento delle sezioni fallimentare e societarie del Tribunale di Sassari, attività in effetti relativa ad un settore diverso (coordinatore della sezione GIP/GUP) da quello cui si riferisce l’incarico in questione nel presente giudizio; al preteso più variegato ventaglio di esperienze professionali del dott. Mura, privo di effettivo riscontro.

Cionondimeno la commissione era pervenuta comunque a doppia proposta: proposta A – in favore della dott.ssa SANNA (consiglieri Dal Moro, relatore, Ciambellini, Gigliotti); proposta B – in favore del dott. MURA (consigliere D'Amato)

Astenuto il consigliere Lanzi, assente il consigliere Ardita.

All’esito della discussione la proposta da noi sostenuta  – in cui è stata valorizzata  la più lunga (ed attuale) esperienza nel settore civile della  dott.ssa Sanna (in via esclusiva per oltre 26 anni a fronte di 17 anni dell’altro aspirante), che assume, ai sensi dell’art. 27 T.U., diretta e dirimente rilevanza selettiva, e, soprattutto, sono state correttamente comparate le esperienze organizzative idonee a comprovare le attitudini organizzative e direttive  - la proposta in favore della dott. ssa Sanna (peraltro più anziana e dunque prevalente anche nell’ipotesi in cui i due profili attitudinali potessero ritenersi equivalenti) è prevalsa con 9 voti a favore (Cascini, Celentano, Chinaglia, Ciambellini, Dal Moro, Gigliotti, Grillo, Suriano, Zaccaro), 8 voti a favore del dott. Mura (Balduini, Basile, Benedetti, Braggion, D’Amato, Lanzi, Miccichè, Pepe) 2 astenuti (Cavanna, Di Matteo).

 

Vi racconteremo …

Alessandra, Ciccio, Elisabetta, Giuseppe, Mario