MAGGIO
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Diario dal Consiglio del 15 maggio 2020

60 anni dall’abolizione delle discriminazioni di genere nelle carriere pubbliche

Ricordiamo questa settimana l’anniversario della sentenza della Corte costituzionale n. 33 del 13 maggio 1960, che dichiarò l’illegittimità costituzionale della norma di legge che escludeva le donne da tutti gli uffici pubblici che implicano l’esercizio di diritti e di potestà politiche.

Ricordiamo, in particolare, il coraggio e la tenacia della giovane donna, Rosa Oliva, che diede avvio al procedimento che portò a questa storica sentenza impugnando il diniego alla sua partecipazione al concorso per la carriera prefettizia, consentendo, con questo suo atto, di riportare coerenza “tra quello che era scritto nella Costituzione e la realtà delle cose”.

Tale sentenza ha aperto finalmente la strada all’accesso delle donne alla magistratura e a tutte le cariche pubbliche. Spetta ancora a noi, nella realtà di ogni giorno, tradurre questa possibilità in concreta e praticata realtà.

 

Il Plenum

1. Su proposta della Quinta Commissione sono state deliberate numerose nomine di posti direttivi e semidirettivi, alcune all’unanimità ed altre a maggioranza.

A maggioranza:

All’unanimità:

Inoltre, sempre su proposta della Quinta Commissione, è stata deliberata la pubblicazione di un bando relativamente alla copertura dell’ufficio di Procuratore Generale presso la Corte di Appello di Reggio Calabria, improvvisamente resosi vacante a seguito del collocamento fuori ruolo del dott. Dino Petralia.

2. Su proposta della Sesta commissione sono state approvate due importanti delibere.

3. Nel corso del Plenum è stata approvata all’unanimità (astenuto il solo cons. Cavanna) la proposta della Settima Commissione relativa alla non approvazione della variazione tabellare con cui il Primo Presidente della Corte di Cassazione ha stabilito (nel maggio scorso), che a partire dal 1̊ luglio 2019, i ricorsi in tema d’immigrazione sarebbero stati distribuiti fra le Sezioni Prima, Seconda, Terza e Lavoro su base trimestrale, con decreto dichiarato immediatamente esecutivo ai sensi dell’art. 7 bis ord. giud., in ragione del parere favorevole del Consiglio Direttivo, salva la deliberazione del CSM. La proposta di non approvazione – frutto di una considerazione attenta delle ragioni della variazione (che si è avvalsa anche dell’interlocuzione con il Primo Presidente e con il Presidente della Prima sezione civile, competente per la trattazione dei ricorsi in questione), ma nel contempo della irrinunciabilità del principio della specializzazione imposto dalla legge per questa materia – è giunta in Plenum con i soli voti dei cons. Dal Moro, relatrice, Pepe e Ciambellini; contraria la cons. Miccicchè; astenuti i cons. Benedetti e Cavanna. All’esito di un’approfondita discussione, la relatrice – unitamente ai due consiglieri presentatori della proposta – ha proposto al Plenum un emendamento della motivazione (comunque di non approvazione della variazione tabellare in argomento) che ha condotto alla sua approvazione unanime, compreso il Primo Presidente. Ciò in quanto il procedimento complesso di approvazione delle variazioni tabellari è un procedimento finalizzato a cercare, attraverso il dialogo e il confronto, la soluzione migliore per la funzionalità dell’ufficio e le esigenze di tutela dei diritti delle parti coinvolte, e vanno escluse, soprattutto in presenza di oggettive difficoltà operative, considerazioni che possano rischiare – anche quando non a ciò dirette – di risultare censorie nei confronti del dirigente.

In sintesi questi i principi su cui si fonda la decisione: il Consiglio dà atto della notevole difficoltà di fronteggiare il massiccio arrivo di procedimenti in tema di protezione internazionale, delle difficoltà organizzative e procedimentali per adottare misure strutturali idonee ad affrontare il fenomeno, e riconosce anche che la soluzione adottata non è stata certo arbitraria, ma ha cercato, recependo un’indicazione che era venuta anche dalla conferenza dei presidenti titolari, di alleviare la crescita incontrollata delle pendenze della prima sezione civile; mantiene ferma, però, l’affermazione della necessaria applicazione del principio di specializzazione nella materia della protezione internazionale anche nell’ufficio di legittimità, alla luce della normativa, primaria e secondaria, vigente in materia. Di tale normativa il CSM ha sempre fatto scrupolosa applicazione, poiché il principio di specializzazione, soprattutto in tema di diritti umani fondamentali, non è un “formalismo”, ma è uno strumento per dare tutela più efficace ai diritti (implicando formazione e competenza) e per garantire una risposta più efficiente, in termini di omogeneità, prevedibilità e celerità delle decisioni: tutte esigenze cui è funzionale, altresì, la nomofilachia, propria dell’ufficio di legittimità, il quale, infatti, applica il criterio di specializzazione in tutta la sua attività.

Sono stati, inoltre, fatti salvi gli effetti della provvisoria esecuzione dei decreti, onde non creare un effetto disfunzionale in un Ufficio già pesantemente gravato, non solo in questa materia, da flussi e pendenze di difficile gestione.

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Lavori di commissione

In Quinta commissione sono state formulate due proposte all’unanimità:

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In chiusura del nostro diario vogliamo condividere una riflessione sulla questione della correttezza della gestione dei compiti istituzionali che ritorna al centro del dibattito pubblico in questi giorni, anche attraverso gli articoli di un quotidiano che opera ogni giorno una particolare selezione di alcune risultanze delle note indagini perugine.

Già durante la campagna elettorale abbiamo posto al centro del nostro programma e del nostro impegno personale la necessità di un radicale cambiamento nella gestione dell’autogoverno; un cambiamento nei metodi, nelle prassi, nel linguaggio, nella consapevolezza che la crisi di credibilità del sistema di governo autonomo della magistratura chiamava in causa la responsabilità di ciascuno di noi: di tutti i rappresentanti nell’autogoverno, di tutti i magistrati, chiamati ad arginare la pericolosa trasformazione in atto da alcuni anni del rapporto dei magistrati con la loro carriera  e del rapporto dei gruppi con la gestione del potere interno alla magistratura.

Lo abbiamo detto spesso e ad alta voce sin dall’inizio di questa consiliatura, rimanendo a lungo isolati.

Lo abbiamo ripetuto con forza dopo i fatti emersi nell’inchiesta di Perugia,  senza rivendicare presunte superiorità morali, ma richiamando tutti all’esigenza di un vero e profondo cambiamento.

Ma soprattutto lo abbiamo fatto sin dall’inizio della consiliatura, rifiutando qualsiasi logica di scambio, di appartenenza, di “patti”, di favori. Lo abbiamo coltivato – prima e dopo i fatti maggio – con una testimonianza attiva nel lavoro di ogni commissione e con riguardo ad ogni genere di pratica, non solo quelle che riguardano direttivi e semidirettivi, perché sono tanti i luoghi in cui l’autogoverno può esprimersi con coerenza e rispetto dei principi di legittimità, trasparenza, responsabilità; e sempre abbiamo cercato di renderne conto nelle nostra comunicazione settimanale, che non è solo un resoconto ma è l’appuntamento che ci ricorda –attraverso il dovere della comunicazione e della trasparenza – che “ciò che si può fare è ciò che si può spiegare”.

Buon lavoro a tutti

Vi racconteremo …

Alessandra, Ciccio, Giuseppe, Elisabetta, Mario