
ADMI interpella i candidati sul tema della rappresentanza di Genere
Carla Marina Lendaro Presidente dell’ADMI (Associazione Donne Magistrato Italiane) ha chiesto a tutti i candidati alle elezioni suppletive del CSM di esprimere la propria opinione sul tema della “rappresentanza di genere” e di indicare quali “misure”, positive e concrete, dovrebbero – secondo loro – impegnare il Consiglio in questa materia.
Così ha risposto Elisabetta Chinaglia
Parto da dati di fatto:
- le donne sono il 54% dei magistrati (5189 su 9612);
- la percentuale si inverte nettamente valutando i direttivi e semidirettivi: nei giudicanti solo il 34% dei direttivi ed il 44% dei semidirettivi è donna, il resto sono uomini; nei requirenti solo il 22% dei direttivi e il 27% dei semidirettivi è donna, il resto sono uomini;
- dal 2018 ad oggi hanno fatto domanda per incarichi semidirettivi 232 donne e 299 uomini; hanno fatto domanda per incarichi direttivi 115 donne e 260 uomini;
- nel CSM ci sono in questa consiliatura solo 4 donne.
È quindi evidente che il genere femminile, pur nella sua prevalenza numerica, non è adeguatamente rappresentato. Anche nella magistratura, come nel resto del paese, i luoghi di “comando” e di decisione sono occupati dagli uomini. Con grave perdita per le istituzioni, poiché le donne sono da sempre abituate a condurre una vita che comporta multiple responsabilità (lavoro, gestione della casa, dei figli, dei genitori anziani, ecc.) e che ha imposto di sviluppare elevate capacità di organizzazione del tempo e di gestione delle risorse, ma anche capacità di analisi concreta della priorità delle esigenze da soddisfare e di comprensione delle diverse situazioni.
Nel contempo, peraltro, la pluralità di impegni e di responsabilità rendono molte donne ancora restie a proporsi per incarichi e competizioni elettorali.
Come fare per migliorare la situazione?
Queste le mie proposte:
- Occorre far sì che la gravidanza, la maternità e la genitorialità, come pure la malattia e la cura di parenti malati, cessino di essere considerati come eventi straordinari, che penalizzano il magistrato e l’ufficio, per essere disciplinati come situazioni ordinarie e strutturali, fronteggiabili dal sistema in via ordinaria. Da un lato, le previsioni già vigenti (titolo IV, artt. 271-283 della circolare tabelle) per la diversa modulazione del lavoro per i magistrati in maternità o con situazioni di malattia, devono essere chiaramente considerate come obbligatorie ed essere effettivamente attuate, non come concessione ma come diritto. Dall’altro, però, le conseguenze di tali previsioni non devono essere penalizzanti per il sistema e per gli altri magistrati dell’ufficio: è il sistema che deve garantire che le risorse che il magistrato in gravidanza, in maternità o in malattia, legittimamente toglie temporaneamente, siano restituite all’ufficio sotto altra forma. Il CSM deve rendersi promotore, a legislazione invariata, di meccanismi tali da garantire, in via ordinaria, interventi di supporto, a livello distrettuale, per far fronte alle temporanee assenze dei magistrati; deve altresì richiedere modifiche normative che garantiscano tale risultato con modifiche in termini di pianta organica;
- Occorre modificare il T.U. sulla dirigenza giudiziaria, in modo da valorizzare l’esperienza professionale, e meno l’aver rivestito incarichi di varia natura, ai quali spesso le donne non si dedicano proprio perché oberate da molteplici responsabilità;
- Occorre insistere per una modifica della legge elettorale del Consiglio Superiore che garantisca la parità di genere nel CSM, attraverso un sistema elettorale quanto meno con quote di chance (numero pari di candidati per genere in ogni lista); al contempo, i gruppi associativi dovrebbero favorire le candidature femminili, quanto meno con la garanzia della parità di genere nelle candidature.