Diario dal Consiglio del 9 novembre 2018
“Il Sovversivo: vita e morte dell’anarchico Serantini” (Einuadi,1976) è un libro bellissimo di Corrado Stajano: racconta la storia drammatica di un ragazzo arrestato che nessuno di coloro che aveva la responsabilità di tutelarne i diritti ha saputo e voluto “guardare”.
È una storia di 45 anni fa che purtroppo ancora ha molto da insegnarci.
Franco Serantini, dopo un’infanzia di abbandono e di prolungato collocamento in un istituto d'assistenza per minori, dopo la licenza media, lo studio e la conoscenza di nuovi amici, scopre interesse per l’impegno politico, approdando al gruppo anarchico “Giuseppe Pinelli” di Pisa.
Il 5 maggio 1972 partecipa ad un presidio indetto a Pisa contro il comizio del Movimento Sociale Italiano. Nel corso degli scontri con la polizia, Serantini viene in contatto con un gruppo di agenti della celere di Roma e viene arrestato.
Trasferito prima in una caserma di polizia e poi al carcere Don Bosco, il giorno dopo, viene sottoposto ad un interrogatorio durante il quale manifesta uno stato di malessere generale che il Giudice, le guardie carcerarie e il medico del carcere non giudicano serio.
Il 7 maggio, dopo due giorni, Serantini viene trovato in coma nella sua cella. Trasportato al pronto soccorso muore poco dopo.
Una morte, come tante, di una persona privata della libertà, per la quale non sono stati individuati i responsabili.
Abbiamo scelto un lavoro bellissimo e molto difficile. L’effettività del contributo che possiamo offrire per una giurisdizione al servizio dei diritti, in ogni diverso ambito della nostra attività, dipende molto dalla capacità di “guardare” davvero le persone che incontriamo nell’esercizio delle nostre funzioni. Vederle, dietro alle carte, è l’unico modo per provare a rendere loro ‘giustizia’.
---
Dopo la pausa della settimana c.d. “bianca” i lavori del Consiglio sono ripresi con la consueta intensità e densità.
Abbiamo popolato il nostro defilato corridoio di assistenti di studio e collaboratori: una piccola squadra affiatata che insieme ai magistrati segretari ci aiuta a seguire il flusso continuo di carte, gli impegni, lo studio delle pratiche.
I nostri ritmi sono serrati, ma questo non ci impedisce di confrontarci su tutto, di riferire sulle questioni che via via si pongono, di riflettere insieme.
I nostri rapporti sono distesi anche con gli altri componenti del Consiglio: spesso mangiamo insieme in “formazione mista” (un saluto ai due Michele, ai quali avevamo promesso una citazione in Diario) ed impariamo a conoscerci meglio, ad apprezzare e a valorizzare nel lavoro al Consiglio anche la dimensione del rapporto personale, dell’amicizia.
All’inizio dei lavori del plenum di mercoledì abbiamo avanzato la richiesta di aprire un confronto approfondito all’interno del Consiglio, con tutti i togati e con i laici, sui criteri di nomina per gli incarichi direttivi e semidirettivi.
Il tema è stato oggetto di confronto e di discussione nel corso di tutta la campagna elettorale ed è ragione di una diffusa insoddisfazione dei magistrati nei confronti dell’organo di autogoverno.
Dal canto suo il giudice amministrativo ha assunto di recente decisioni particolarmente severe, anche nei toni, nei confronti di alcune decisioni del Consiglio.
Tutto ciò mette a serio rischio non solo l’immagine e l’autorevolezza del Consiglio, ma anche la sua fisionomia nell’architettura costituzionale.
Da un lato, infatti, la inevitabile tentazione del giudice amministrativo, che pure si coglie in alcune decisioni, di entrare nel merito delle scelte del Consiglio, rischia di metterne in crisi il ruolo che la Costituzione gli assegna.
Dall’altro lato, la crescente insoddisfazione dei colleghi alimenta istanze demolitive nei confronti della funzione rappresentativa del Consiglio, quale organo di governo autonomo della magistratura.
Tutti noi (sia quali componenti eletti con una funzione di rappresentanza sia come magistrati che da questo organo sono governati) abbiamo la responsabilità di dare una risposta a questi problemi che sia all’altezza del ruolo costituzionale del Consiglio.
Non serve né aprire uno scontro con il giudice amministrativo, né liquidare il malcontento dei colleghi come sterile populismo. Serve, invece, uno sforzo comune, che attraverso il dialogo ed il confronto, con umiltà e con la piena consapevolezza della rilevanza della posta in gioco, consenta di pervenire a decisioni, condivise, leggibili, trasparenti.
Per fare questo è necessario parlarsi, incontrarsi e riflettere tutti insieme, collettivamente. Sull'impostazione generale, sui criteri e sulle regole. Si tratta di stabilire fra noi criteri condivisi di valutazione, di cercare un equilibrio tra la giusta esigenza di valorizzare il merito e la professionalità e l’altrettanto giusta esigenza che le decisioni del Consiglio non appaiano all’esterno dettate da logiche di appartenenza, di accordo, di scambio o di bassa cucina.
Abbiamo quindi chiesto al Vicepresidente del CSM di organizzare alcuni incontri tra tutti i componenti del CSM per una riflessione comune sul tema.
Come potrete constatare ascoltando la discussione che è seguita (consultabile a questo link: www.radioradicale.it/scheda/556714) la proposta ha raccolto un ampio consenso, e registrato la disponibilità a riflettere non solo sui meccanismi tecnici (le regole) della valutazione, ma anche sul metodo di confronto.
Nello stesso Plenum è stato discusso il parere richiesto dal Ministero della Giustizia sul disegno di legge di attuazione della Procura Europea (EPPO). Si tratta di tema particolarmente complesso e delicato, per il quale rinviamo al testo della risoluzione proposta dalla VI Commissione, presieduta da Giuseppe Cascini (che si può leggere nell’ordine del giorno del Plenum del 12 novembre). La discussione in Plenum si è incentrata prevalentemente sulla competenza per la designazione del Procuratore Europeo. Il Regolamento UE istitutivo della Procura Europea ha previsto, infatti, che ogni Stato membro indichi una terna di nomi, tra i quali poi il Consiglio di Europa sceglierà il rappresentante per ogni Stato all’interno di EPPO (Procuratore Europeo). Con un emendamento presentato al disegno di legge delega in discussione alla Camera, il Governo ha previsto per la designazione della terna un meccanismo simile a quello previsto per la designazione del membro italiano di Eurojust, cioè il cd. “concerto invertito”, per cui il CSM avrebbe dovuto designare nove nomi, tra i quali il Ministro avrebbe scelto i tre da indicare. La Procura Europea, però, a differenza di Eurojust, che svolge una attività esclusivamente di tipo amministrativo, ha compiti e funzioni di tipo giudiziario, in quanto svolge direttamente le investigazioni per i reati di competenza ed esercita l’azione penale dinanzi al Giudice. È dunque a tutti gli effetti un Pubblico Ministero, magistrato che in Italia, a differenza che nella gran parte dei Paesi europei, è inserito nello stesso ordine dei giudici e gode dello stesso statuto di indipendenza. Per questo nel parere adottato dalla Sesta Commissione, all’unanimità e con una sola astensione, si affermava che la natura giurisdizionale dell’incarico imponesse di prevedere la competenza esclusiva del CSM per la nomina, in forza di quanto previsto dall’art.105 della Cost.
Nel corso del dibattito alcuni dei componenti laici hanno formulato proposte emendative, finalizzate a prevedere una qualche apertura a forme di collaborazione o di intesa, nella designazione, con il Ministro della Giustizia. La complessità e la delicatezza della questione ha indotto ad aggiornare la discussione ad un plenum straordinario lunedì 12 novembre, in modo da consentire comunque la approvazione della risoluzione prima del voto della Camera dei deputati previsto per martedì 13.
---
Quanto al lavoro delle commissioni ci preme segnalare che:
- In Terza commissione si è deciso di dare via libera al bando straordinario per coprire le vacanze degli uffici giudiziari genovesi, un gesto di attenzione e vicinanza ad una città che ancora patisce la tragedia di Ferragosto.Di fatto, si anticiperanno di un paio di mesi gli effetti del “bollettone” ordinario che sarà ragionevolmente diramato per il prossimo gennaio. Quest’ultimo sarà l’occasione per ragionare sulle politiche di mobilità dei magistrati. È evidente, infatti, che vanno trovate risposte a differenti problemi che riguardano la mobilità: anzitutto il “conflitto” fra la legittima aspettativa dei colleghi in servizio nelle sedi meno ambite o lontane a “tornare a casa”, e la necessità che questi uffici non vengano periodicamente svuotati, in modo da garantire quella stabilità di massima della copertura della pianta organica quale condizione di qualsiasi minima programmazione del lavoro giurisdizionale che la ciclica e continua scopertura ostacola, fino a rendere solo un frustrante rito burocratico adempimenti organizzativi importanti come la progettazione tabellare e i programmi di gestione. Una soluzione sulla quale stiamo ragionando è quella di programmare stabilmente quattro bandi all’anno (a gennaio e a luglio) due di I grado e due di II grado, in modo da pubblicare nel primo, a gennaio, solo una parte dei posti vacanti (tenendo conto peraltro del programmato ingresso dei MOT), ragionevolmente mirando a far si che i magistrati possano programmare la loro mobilità e gli uffici non si sguarniscano in un’unica occasione ma in modo graduale. Sarà necessario anche immaginare forme di incentivazione alla permanenza ultraquadriennale soprattutto nei territori dove la stabilità della copertura dell’organico è imprescindibile condizione di affermazione della legalità e della giurisdizione come risorsa istituzionale credibile e tempestiva.
- In Quarta commissione si è unanimemente deciso di riprendere il lavoro sugli “standard di rendimento”, un lavoro complesso e articolato, che aveva raggiunto risultati sostanzialmente condivisi, ma abbandonato sino ad oggi per differenti valutazioni delle relazioni di maggioranza e di minoranza su aspetti del tutto marginali. Si tratta giustamente di ripartire, senza preconcetti e senza la preoccupazione che i risultati vengano intestati ad un gruppo consiliare piuttosto che all’altro.
- In Quinta commissione è ripreso un clima di dialogo fra le diverse componenti, laiche e togate, nella comune consapevolezza della importanza e della delicatezza delle decisioni da assumere. Il tentativo di cercare soluzioni unanimi, come quelle poi adottate, è il miglior auspicio per impostare un lavoro che necessita imprescindibilmente dell’ascolto e della presa in considerazione delle diverse opinioni. D’altro canto, ciò appare oltremodo necessario in questa delicata fase in cui il nuovo Consiglio deve affrontare la riapertura di pratiche provenienti da annullamenti di nomine da parte del giudice amministrativo.
- La notevole mole di lavoro che alcune commissioni devono affrontare ha posto al centro il tema della idoneità della struttura consigliare: non può ignorarsi infatti che, la riforma dell’ordinamento giudiziario da un lato, e la valorizzazione dell’organizzazione come strumento di una giurisdizione efficace e tempestiva dall'altro, hanno modificato gli oneri dei dirigenti, tanto quanto hanno ampliato la necessità degli adempimenti delle Commissioni Settima (si pensi all’esame dei programmi di gestione ex art. 37 l.2011 e all’esame dei progetti organizzativi delle Procure), Quarta (valutazione quadriennale di professionalità), Quinta (distribuzione di incarichi direttivi e semidirettivi sulla base dell’esame di un numero considerevole di aspiranti i cui profili vanno adeguatamente conosciuti e valorizzati). Le scoperture dei posti di magistrato segretario hanno riproposto dunque il problema di far ricorso all’art. 28 per supportare l’impegno dei magistrati segretari in servizio, davvero assai onerati, che non sempre la nostra più modesta esperienza (ma anche i tempi entro cui siamo chiamati a muoverci) ci permette di sollevare. Abbiamo comunque optato per un ricorso del tutto residuale ed eccezionale allo strumento, che, seppure in taluni casi necessario, è stato anche l’occasione di distribuzione, senza alcun criterio, di “prebende”. Abbiamo lavorato, però, per rendere trasparente il ricorso a questo strumento, attraverso la predisposizione di un albo, previo interpello diretto ai magistrati con specifici requisiti.
- In Prima Commissione, infine, abbiamo posto il problema della necessità di una verifica periodica delle situazioni di incompatibilità parentale. Attualmente la normativa secondaria fa carico al magistrato di comunicare ogni variazione della situazione, con il rischio di incorrere in un illecito disciplinare in caso di omessa segnalazione. Nei casi in cui l'incompatibilità è stata esclusa in concreto a seguito di una istruttoria che ha escluso un rischio di interferenza sulla base del numero di affari trattati dal congiunto e del settore di lavoro, però, può essere difficile per il magistrato interessato valutare la sussistenza di una variazione in concreto della situazione di fatto. Una soluzione potrebbe essere quella di prevedere un onere in capo al dirigente dell’Ufficio di verificare periodicamente, ogni due anni, il permanere della situazione di fatto e di segnalare eventuali mutamenti.
---
Sabato abbiamo incontrato in Cassazione i componenti dei consigli giudiziari eletti nelle liste di AreaDG per un confronto sui temi delle valutazioni di professionalità e delle conferme. La sera prima abbiamo trascorso una serata piacevole con coloro che avevano già raggiunto Roma... e ci siamo sorpresi con gioia del numero dei colleghi che dai diversi distretti hanno voluto esserci e partecipare: per noi è stato un segno di incoraggiamento, di un rinnovato entusiasmo, della condivisione del percorso che ci fa sentire parte di un progetto di autogoverno diffuso. Qualche bicchiere in compagnia, ha poi completato il quadro… a conferma che l’amicizia è il miglior carburante per l’impegno e il primo riscontro positivo del lavoro comune.
Vi racconteremo... Buon lavoro a tutti!
Ale, Ciccio, Giuseppe, Mario