Diario dal Consiglio del 31 ottobre 2021
Il Csm polacco “non salvaguarda l’indipendenza della Magistratura, non difende la Magistratura, né i singoli giudici rispetto a eventuali misure che minaccino di compromettere i valori fondanti di indipendenza e autonomia…Per ciascuno dei Consigli presenti oggi che hanno votato a favore questo è un atto in difesa dell’Encj e dei valori che rappresenta, come l’indipendenza della magistratura e lo Stato di diritto in Europa”.
Così la nota dell’Encj, la Rete europea dei Consigli di giustizia, che il 28 ottobre, riunita in assemblea generale straordinaria a Vilnius, ha approvato l’espulsione del Consiglio nazionale della magistratura (KRS) della Polonia.
La proposta di espulsione – che richiedeva una maggioranza qualificata di almeno 69 voti e che è passata a scrutinio segreto con 86 voti a favore e 6 astenuti – è stata formulata dal Comitato esecutivo della Rete, presieduto dal giugno 2020 da Filippo Donati, costituzionalista e componente del Consiglio superiore della magistratura.
Il giorno prima la Corte di Giustizia dell’UE ha condannato la Polonia a pagare alla Commissione UE una sanzione da un milione di euro al giorno, e ciò per “rafforzare l’efficacia” delle misure già ordinate il 14 luglio in sede cautelare su ricorso della Commissione in ragione delle leggi approvate nel 2020 dalla Polonia sull’organizzazione del sistema giudiziario ritenute dirette ad indebolire l’indipendenza del sistema giudiziario polacco ed, in particolare, ad impedire che in Polonia si dia seguito alle pronunce della Corte di Giustizia (oggetto dell’ordinanza in particolare l’operatività della sezione disciplinare della Corte Suprema polacca e delle disposizioni che introducono una responsabilità disciplinare nel caso di attuazione della pronuncia della Corte di Giustizia del 19 novembre 2019 che ha stabilito che gli Stati Membri devono osservare gli obblighi che derivano dal diritto dell’Unione (...) e prevedere un sistema di rimedi volti a garantire una tutela giurisdizionale effettiva come riconosciuto nella Carta dei diritti Fondamentali dell’Unione Europea.
Le misure cautelari adottate nell’ambito della procedura d’infrazione sono state ignorate dal governo polacco. Perciò la sanzione è stata ritenuta necessaria al fine di evitare un pregiudizio grave e irreparabile all’ordine giuridico dell’Unione europea nonché ai valori sui quali l’Unione è fondata, in particolare quello dello Stato di diritto, ed è destinata ad avere efficacia fino a quando la Polonia non adempie agli obblighi derivanti dall’ordinanza del 14 luglio 2021 o, in mancanza, fino al giorno della pronuncia della sentenza definitiva.
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Plenum
1. Rule of law: la risoluzione sull’espulsione della Polonia dall’ ENCJ
Con la delibera del 21 ottobre 2021 il Consiglio ha espresso piena adesione alle iniziative adottate dal Comitato esecutivo dall’ENCJ (European Network of Councils for the Judiciary) in ordine alla situazione della Polonia per effetto degli interventi legislativi ritenuti capaci di compromettere i requisiti di indipendenza e autonomia della magistratura polacca, iniziative che sono poi sfociate nella pronuncia di espulsione dalla Rete dei consigli di giustizia del KRS polacco di cui abbiamo parlato in apertura del Diario.
Peraltro già con la delibera approvata il 30 luglio 2020, il Consiglio aveva reiterato le preoccupazioni in precedenza manifestate rispetto alla possibile compromissione dei requisiti di indipendenza ed autonomia della magistratura polacca, condividendo i principi espressi dal Comitato Esecutivo dell’ENCJ nel “Position paper” del 27 maggio 2020 e, prendendo atto degli esiti delle verifiche istruttorie condotte dall’organismo, aveva deliberato di “esprimere piena adesione alle iniziative sin qui adottate dall’ENCJ come riassunte nel “Position paper” elaborato dal relativo Comitato Esecutivo”
Inoltre con il seminario organizzato dalla IX Commissione il 13 luglio scorso sulla rule of law e sulla centralità del tema dell’effettività del suo rispetto (con un particolare focus sulla Turchia), il CSM aveva proposto una riflessione arricchita dalla presenza di testimoni diretti (Yavuz Aydin, Yavuz Baydar dalla Turchia, Monika Frackowiak dalla Polonia ed Anna Maria Chis dalla Romania) sul fatto che lo Stato di diritto e la democrazia non sono conquiste “scontate”, approdi che non ammettono inversioni di rotta, perché in pochi anni le cose possono cambiare, anche tragicamente.
Il dibattito in Plenum sulla proposta di delibera proveniente dalla IX Commissione è stato molto articolato ed ha mostrato, forse, in alcuni passaggi una non piena ed unanime consapevolezza della gravità della situazione polacca e della posta in gioco: non si trattava, nella specie, di interferire impropriamente sulla sovranità legislativa di un Paese o di mettere in discussione il principio della soggezione del giudice alla legge, come sostenuto in alcuni interventi, ma di difendere i principi dello “Stato di diritto” e della “separazione dei poteri” in quanto valori su cui si fondano le democrazie europee, il cui rispetto sta alla base della “fiducia” che le tiene insieme nell’Unione, poiché l’indipendenza della giurisdizione costituisce garanzia dei diritti e dell’uguaglianza dei cittadini europei.
Come sottolineato nella delibera poi approvata, negli ultimi anni si è registrata, in Polonia, l’approvazione di leggi, o la presentazione di iniziative legislative, idonee a minare l’indipendenza e l’autonomia della magistratura polacca e dei suoi principali organi rappresentativi, ed in particolare del Consiglio Nazionale della Magistratura polacco (KRS), l’organo di autogoverno della magistratura del paese che è anche membro della Rete europea dei Consigli di Giustizia.
Sicché nella proposta di espulsione, formulata dal Comitato esecutivo della Rete, si ricordavano i seguenti dati di fatto:
- quanto alla composizione del KRS, se inizialmente i 15 giudici componenti del medesimo erano nominati tra i magistrati da diverse assemblee giudiziarie, dal 2017 è stato attribuito al Sejm (Parlamento) il potere di nominare i membri togati del Consiglio, sicché il mandato dei precedenti membri togati del Consiglio, garantito dalla Costituzione, è stato interrotto anticipatamente;
- il 14.2.2020 è entrata in vigore una nuova legge in base alla quale, per la prima volta, i magistrati della Polonia potrebbero essere chiamati a rispondere del loro operato e potrebbero essere sanzionati a livello disciplinare in ragione del merito delle loro decisioni, nei casi di avvenuta applicazione, nei loro provvedimenti, del diritto dell’U.E. o nei casi di trasmissione di una domanda di pronuncia pregiudiziale alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea;
- posizioni critiche sulle reiterate iniziative legislative in Polonia in contrasto con i principi di indipendenza ed autonomia della magistratura sono state espresse, nel tempo, a livello internazionale, da diversi organismi ed autorità (tra gli altri: le Nazioni Unite, il Consiglio d’Europa, l’Unione Europea, la Rete dei Presidenti delle Corti Supreme in Europa, l’Associazione dei Consigli di Stato e delle Giurisdizioni Amministrative Supreme dell’Unione Europea, l’Associazione dei Magistrati Europei, l’Associazione Europea degli Avvocati), senza che questo abbia sortito effetti dissuasivi rispetto al perseguimento della linea contestata.
La proposta di espulsione, quindi, si imponeva alla luce dei principi statutari della Rete, secondo i quali ciascun membro dovrebbe essere indipendente dal potere esecutivo e legislativo, essendo l’ENCJ associazione di tutela e garanzia dell’efficacia e dell’applicazione del diritto dell’UE in tema di indipendenza dei magistrati e dei tribunali, in funzione di presidio dello spazio europeo di libertà, sicurezza e giustizia che esso rappresenta.
A seguito di ampia discussione, la delibera di adesione alle iniziative del Comitato esecutivo dell’ENCJ è stata approvata con il solo voto contrario del consigliere Cavanna e con l’astensione del consigliere Lanzi.
Sulla base della delega conferita nella stessa delibera, il CSM ha quindi partecipato attivamente alla riunione dell’Assemblea Generale Straordinaria della Rete europea dei Consigli di Giustizia a Vilnius nei giorni 28-29 ottobre 2021, con la presenza del Vice Presidente David Ermini e di una delegazione consiliare.
2. Settima commissione: Linee guida ufficio del processo e modifica circolare tabelle sul punto
Su proposta della Settima commissione, sono state approvate due delibere relative all’ufficio per il processo, con riferimento alle innovazioni previste dal d.l. 80 del 2021 (convertito con modificazioni dalla legge n. 113 del 2021), che – ai fini del raggiungimento degli obiettivi fissati dal PNRR – prevede il reclutamento di 16.500 addetti all’ufficio per il processo.
- Con la prima delibera viene modificata la Circolare sulle tabelle per il triennio 2020-2022, con specifico riferimento agli artt. 10 e 11, poiché l’obbligatoria istituzione dell’ufficio per il processo è stato esteso alle Corti di Appello ove possono essere impiegati anche i giudici ausiliari. Rimane la possibilità di istituire l’ufficio per il processo nei tribunali per i minorenni e nei tribunali di sorveglianza nonostante il d.l. non contempli tali uffici nella destinazione delle risorse oggetto di reclutamento. Per l’adeguamento degli uffici per il processo in Corte di Cassazione viene assegnato, all’art 271 della Circolare, il termine di un mese dall’immissione in possesso degli addetti per le relative variazioni tabellari.
- Con la seconda delibera vengono aggiornate le linee guida approvate con delibera del 2019 in materia di ufficio per il processo, in conformità alle nuove disposizioni sugli addetti a tale ufficio. La delibera affronta i temi dell’impiego nell’ufficio per il processo dei giudici onorari, dei tirocinanti, del personale amministrativo, della nuova figura degli addetti, con specifico riferimento agli obiettivi da raggiungere secondo il PNRR (abbattimento dell’arretrato e della durata dei processi); le modalità di costituzione dell’ufficio e di individuazione del coordinatore e del referente, la formazione degli addetti.
Entro il 31 dicembre i dirigenti devono presentare il progetto per l’UPP individuando gli obiettivi da perseguire, il numero di persone addette, le sezioni o i servizi cui il medesimo afferisce, le modalità di verifica dei risultati: tale progetto non costituisce “variazione tabellare”, mentre dovranno essere adottati con variazione tabellare non solo i decreti di costituzione di nuovi uffici per il processo, ma anche quelli che modificano gli uffici del processo già esistenti, nei limiti indicati nelle linee guida, per la lettura delle quali rinviamo al sito del Consiglio.
Nel PNRR assume un rilievo centrale il tema degli uffici giudiziari e della loro funzionalità in vista degli impegnativi obiettivi di riduzione dei tempi del processo e dell’arretrato assunti in vista dei fondi Next Generation UE. Finalmente, dopo anni spesi in tentativi di ridurre il contenzioso attraverso riforme legislative, stavolta si è scelta la strada degli investimenti in risorse umane ed infrastrutturali.
Fra queste risorse, l’investimento nell’ufficio per il processo è senza dubbio strategico. Per questo la Settima commissione ha organizzato un incontro seminariale con i vertici del Ministero della Giustizia che si è tenuto il 26 ottobre presso il CSM, con la Partecipazione della Ministra, prof.ssa Marta Cartabia, al quale sono stati invitati per un’interlocuzione diretta i Presidenti delle Corti d’Appello.
Nel coordinare l’incontro in qualità di Presidente della Settima commissione, Ciccio Zaccaro ha sottolineato che il PNNR non è solo UPP e che l’UPP non esaurisce e non risolve i problemi infrastrutturali della giustizia. Sono tante, infatti, le linee di intervento che si devono praticare:
- colmare, con politiche di reclutamento le più celeri possibile, i drammatici vuoti nell’organico dei magistrati, circostanza che apprezziamo quotidianamente perché ogni trasferimento, disposto con l’ottima intenzione di prestare aiuto ad un ufficio, determina difficoltà nell’ufficio di provenienza…la coperta è veramente troppo corta, anzi è quasi finita;
- insistere nella digitalizzazione soprattutto nel settore penale e risolvere i problemi di malfunzionamento dei sistemi, che spesso interrompono il lavoro dei magistrati e concorrono a fare crescere la sfiducia verso il processo telematico;
- razionalizzare la geografia giudiziaria, individuando la “dimensione” e la pianta organica minima perché un ufficio possa funzionare, senza che entri in crisi a fronte di qualche maternità o di qualche processo più impegnativo come accade inevitabilmente per tutte le sedi giudiziarie più piccole;
- risolvere una volta per tutte la dicotomia fra specializzazione (che impone di concentrare le risorse in meno uffici ma più popolati in modo da consentire sezioni e ruoli specializzati) e prossimità (che impone di moltiplicare le sedi giudiziarie, anche di poche unità, perché siano prossime ai cittadini ma impedisce la specializzazione)
Sono temi complessi sui quali il CSM ed il Ministro sono chiamati a discutere e lavorare, ciascuno per le per proprie competenze.
Infatti, gli uffici giudiziari sono un unicum che sfugge alle consuete logiche della organizzazione.
Se in linea astratta ogni buona organizzazione impone responsabilità gestionali chiare ed una “linea di comando”, nonché flessibilità nella gestione delle risorse, è chiaro che, invece, per quanto concerne l’organizzazione degli uffici giudiziari, occorre garantire anzitutto l’autonomia e l’indipendenza di ciascun magistrato nell’esercizio della giurisdizione, mentre la gestione delle risorse può avvenire solo nel rispetto del principio di inamovibilità dei magistrati.
Soprattutto, le scelte organizzative che implicano allocazione di risorse in un settore della giurisdizione piuttosto che in un altro non sono neutre rispetto alla qualità ed ai tempi della risposta di giustizia e, dunque, ricadono inevitabilmente sulla giurisdizione e sulla tutela dei diritti che con essa si attua.
Si tratta di complessità che richiedono una continua ricerca di equilibrio, sempre nel solco della “leale collaborazione” tra diverse competenze.
La sfida va raccolta, però, anche e soprattutto negli uffici, essendo prezioso il contributo di esperienza, curiosità e capacità di immaginare un diverso modo di lavorare che potrà dare ciascuno di noi.
Nel corso dell’incontro abbiamo anche sollecitato il differimento per legge dei termini per gli adempimenti del programma di gestione (da depositare entro il 31 gennaio 22) per evitare che i dirigenti siano gravati, nello stesso periodo, da due adempimenti impegnativi (il programma per UPP da depositare entro il 31 dicembre 2021 e il programma di gestione da depositare entro il 31 gennaio 2022). Il Capo di Gabinetto del Ministro, presente all’incontro, si è impegnato a valutare un eventuale intervento sul punto.
Vi racconteremo ...
Alessandra, Ciccio, Elisabetta, Giuseppe, Mario