DICEMBRE
31

Diario dal Consiglio del 31 dicembre 2022

Donna vita libertà

 

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1. Terza Commissione: nomine in Cassazione

A distanza di meno di un mese dalla delibera relativa al bando per i posti di consiglieri penali della Corte di Cassazione, il Plenum ha approvato anche la proposta della Terza Commissione concernente i nove posti pubblicati per il settore civile. 

Possiamo qui riportarci alle considerazioni già svolte in occasione della delibera per la Cassazione penale. A distanza di circa due anni dall’approvazione della nuova circolare per l’accesso alle funzioni di legittimità il bilancio in ordine alla stessa è da ritenersi a nostro parere largamente positivo, consentendo una “leggibilità” esterna del deliberato finale non riscontrabile in passato. Anche in questa occasione, l’unanimità raggiunta in Commissione, e confermata dall’assenza di voti contrari in Plenum, è frutto di una condivisione sul metodo dell’assegnazione dei punteggi che è stato osservato per ben quattro bandi di Cassazione.  

2. Quarta Commissione: una valutazione di professionalità non positiva per carenza del parametro della capacità

Nel Plenum del 21 dicembre è stata discussa una pratica problematica di valutazione di professionalità di un giudice. 

Il Consiglio Giudiziario aveva espresso, all’unanimità, un giudizio non positivo per carenza del parametro della capacità. 

La IV Commissione aveva formulato due proposte:
A) positiva (cons. Ciambellini, rel.,e Balduini);
B) non positiva (cons. Cascini, rel.., Benedetti, Cavanna).
Astenuto il consigliere Di Matteo.

  

Noi abbiamo votato a favore della proposta B), ritenendo corretti e proporzionati i rilievi formulati dal Consiglio Giudiziario. 

Detti rilievi riguardavano  una carenza di professionalità del magistrato – che esercita le funzioni di GIP/GUP – nella redazione dei provvedimenti (mancanza  radicale della ricostruzione del fatto; valutazione del giudice espressa mediante rinvio con formule di stile alle ragioni della richiesta del PM in materie molto delicate quali le intercettazioni telefoniche e le richieste di misure cautelari; sciatteria e superficialità anche nella redazione in senso stretto del provvedimento, in taluni casi vergato  a penna sulla copertina del procedimento); provvedimenti che sono stati unanimemente ritenuti “elaborati incompleti ed obiettivamente privi di adeguata motivazione”.

Come osservato  dal CG, non si tratta di contestare il diritto alla sintesi, anche attraverso il ricorso alla motivazione per relationem; bensì di  precisare – nel contesto della valutazione di professionalità e rispetto allo  specifico  indicatore  del parametro della capacità – che la motivazione non deve essere mai apparente e deve dare conto in modo chiaro e completo (sia pur sintetico e non ridondante o inutilmente dotto) delle ragioni che inducono il giudice ad assumere un certo provvedimento: e ciò tanto più nell’esercizio delle delicate funzioni di GIP, a garanzia dei diritti delle parti e dell’indagato soprattutto. Né il sovraccarico di lavoro e la necessità di far fronte ai tanti incombenti dell’ufficio possono giustificare il venir meno della garanzia fondamentale della motivazione dei provvedimenti. 

Nemmeno si tratta di sindacare il merito delle scelte compiute, tanto è vero che è stato disatteso anche nella proposta B) il parere negativo sul prerequisito dell’equilibrio espresso dal Procuratore Generale, con opinione di minoranza giustificata anche con riguardo al contenuto di alcuni atti.    

Si tratta, dunque, solo di valutare obiettivamente la scarsa accuratezza del lavoro con riferimento alla tecnica redazionale dei provvedimenti espressa in un numero significativo dei medesimi, tale da esprimere la tendenza a motivare in un certo modo o a non motivare affatto.  

Ci è parso, pertanto, del tutto improprio il riferimento, fatto da alcuni nel corso della discussione, al garantismo del giudice in valutazione come ragione sottostante alla valutazione non positiva, quasi che non fosse la completezza della motivazione la garanzia costituzionale che il giudice deve alle parti. E altrettanto inconferente c’è parso il richiamo alla produttività del medesimo, quasi che questa possa essere disgiunta nelle nostre funzioni dalla qualità del provvedimento. 

All’esito di una discussione interessante è prevalsa la proposta B) con 11 voti (cons. Cascini, Cavanna, Chinaglia, Dal Moro, Di Matteo, Donati, Gigliotti, Lanzi, Marra, Suriano, Zaccaro); la proposta A) ha riportato 5 voti (cons. Balduini, Celentano, Ciambellini, D’Amato, Miccicchè).  

Astenuti cons. Ardita, Cerabona, Pepe.   

Non hanno partecipato al voto i cons. Basile, Benedetti, Braggion, e Grillo; il  PP Curzio e il PG Salvato.

3. Quinta Commissione: Plenum del 14 dicembre

a. Ancora una conferma problematica che divide il Consiglio

Nel corso del Plenum del 14 dicembre è stata discussa una pratica di conferma che riguardava l’Ufficio direttivo di Procuratore della Repubblica, nella specie collocato in una zona ad alto tasso di criminalità organizzata.  

La quinta Commissione all’esito dell’istruttoria e dell’audizione del magistrato interessato aveva licenziato due proposte:
la proposta A) favorevole alla conferma (rel. cons. D’Amato);
la proposta B) favorevole alla non conferma (rel. cons. Dal Moro).
Astenuti i consiglieri Ardita, Ciambellini, Gigliotti e Lanzi.

 

Il punto controverso riguardava una vicenda che aveva visto il Procuratore sottoposto ad indagine penale, conclusa con decreto di archiviazione, e poi a giudizio disciplinare, definito con assoluzione dopo l’annullamento con rinvio da parte delle Sezioni Unite di una condanna alla censura. La stessa vicenda era stata, poi, oggetto di valutazione in Prima Commissione ai fini di un eventuale trasferimento di ufficio del Procuratore, pratica definita con archiviazione del Plenum per insussistenza dei presupposti del trasferimento di ufficio. 

Nel corso di un’indagine a carico del presidente della locale squadra di calcio, da poco promossa in serie A, erano state intercettate alcune conversazioni del Procuratore in valutazione con il presidente della squadra e con il Sindaco del Comune, aventi ad oggetto problematiche relative ad una struttura di ampliamento delle tribune dello stadio comunale, autorizzato dalla Sovrintendenza delle Belle Arti solo in via temporanea, perché la struttura insisteva su una zona di interesse archeologico.

Da tali intercettazioni emergeva che il procuratore in parola – all’approssimarsi della scadenza dell’autorizzazione che avrebbe determinato a fronte dell’omissione della rimozione del manufatto un reato di omissione d’atti d’ufficio – dopo aver aperto un procedimento a modello 45 (fatti non costituenti notizia di reato), aveva del tutto impropriamente avviato una sorta di consulenza politico/amministrativa esplicitando nelle plurime conversazioni intercettate l’intento di cercare di evitare conseguenze penali ai soggetti responsabili della rimozione (in particolare al sindaco, cui suggeriva esplicitamente la condotta da assumere per evitare d’incorrere nell’omissione penalmente rilevante) nonché  il sequestro delle strutture.

Inoltre, il Procuratore si diceva disponibile a “dare una mano” nel senso predetto a chi gli si era rivolto per aprire un tavolo di trattative, anche con lo scopo di evitare conseguenze dannose in termini patrimoniali, avendo investito somme ingenti nelle strutture che andavano rimosse in mancanza di provvedimenti di proroga dell’autorizzazione richiesti nel frattempo alla sovrintendenza, o sequestrati. 

Ulteriore elemento problematico era dato dal fatto che il Procuratore aveva ricevuto due volte nel suo ufficio, allo scopo di discutere e trattare la questione di cui sopra e trovare una soluzione, il presidente della squadra di calcio, insieme al suo avvocato e alla presenza del sostituto delegato per il procedimento a modello 45, discutendo dunque in via informale con un potenziale indagato, e col suo difensore, aspetti attinenti ad un procedimento in corso. Va aggiunto, infine, che il Procuratore sapeva che nei confronti del presidente della squadra di calcio era stata avanzata richiesta di misura di prevenzione patrimoniale, respinta in primo grado e pendente in appello.

Questi i fatti, non controversi sul piano della ricostruzione e perfini sul piano del giudizio, atteso che in quasi tutti gli interventi svolti in Plenum la condotta del Procuratore è stata definita impropria o inopportuna. 

Il punto controverso era, invece, in merito alle conseguenze di tale vicenda in sede di giudizio di conferma.

Secondo la proposta favorevole alla conferma, in linea con il parere favorevole espresso dal CG, alla luce dell’intervenuta assoluzione non residuavano “margini per un diverso apprezzamento delle medesime condotte ai fini della presente procedura di valutazione”.

Una volta esclusa la rilevanza penale e disciplinare della condotta, ed esclusa anche la sussistenza dei presupposti per un trasferimento di ufficio, si è detto, lo stesso fatto non poteva essere nuovamente valutato ai fini della non conferma

Condividendo le ragioni della proposta B) di non conferma (cui rimandiamo per la sua completa lettura), abbiamo ritenuto che questa impostazione non potesse essere condivisa, in ragione della diversa natura e del diverso scopo dei procedimenti richiamati.

Il procedimento disciplinare, infatti, mira alla verifica della fondatezza (oggettiva e soggettiva) dello specifico illecito disciplinare contestato nell’incolpazione agli effetti dell’applicazione di una sanzione.  

La procedura di trasferimento d’ufficio ha la funzione di verificare se siano venute meno le condizioni per un esercizio indipendente della funzione in un dato contesto territoriale.  

La procedura di conferma, invece, è finalizzata a verificare, ex post e in concreto, la sussistenza dei requisiti attitudinali pronosticati con la nomina, che implicano la persistenza dei prerequisiti della funzione nella declinazione dell’esercizio di quelle funzioni di particolare delicatezza che spettano al Procuratore della Repubblica; dal che discende – come prevede l’art. 37 del  T.U. –  che i “fatti” oggetto di un procedimento disciplinare possono e devono essere autonomamente valutati, se rilevanti, ai fini del giudizio sulla conferma.  

Escluso dunque pacificamente che il Procuratore avesse omesso atti d’ufficio o peggio favorito un possibile indagato (argomenti impropriamente invocati da chi nel dibattito plenario ha sostenuto l’irrilevanza della condotta agli effetti della non conferma), ciò che si doveva, a nostro avviso, valutare è se il comportamento tenuto dal Procuratore fosse appropriato professionalmente e coerente con l’esercizio indipendente e imparziale,  privo di condizionamenti dell’azione penale, e tale, quindi, da consentire il rinnovo dell’incarico direttivo per un ulteriore quadriennio.   

A nostro parere, al netto dei risultati organizzativi e gestionali, il giudizio doveva essere negativo, in quanto la condotta accertata, della cui inopportunità, come detto, nessuno dubita, rivela una scarsa consapevolezza del ruolo istituzionale, che impone che il magistrato si muova nel perimetro della funzione, in modo da evitare anche solo di apparire “avvicinabile” o condizionabile quanto alle proprie determinazioni. E ciò a maggior ragione quando si opera in un contesto difficile quale è quello di un piccolo ufficio del sud Italia. 

All’esito della discussione è prevalsa la proposta A) con 11 voti (cons. Balduini, Basile, Celentano, Cerabona, Ciambellini, D’Amato, Di Matteo, Grillo, Lanzi, Marra, Micciché); la proposta B) ha riportato 8 voti (Cascini, Cavanna, Chinaglia, Curzio, Dal Moro, Pepe, Suriano, Zaccaro); astenuto il solo VP Ermini; non hanno partecipato al voto i cons. Ardita, Benedetti, Braggion, Donati, Gigliotti, e il PG Salvato.

b. La nomina del Presidente del Tribunale di Ragusa

La V Commissione aveva espresso due proposte:
Proposta A – in favore del dott. Francesco Paolo Pitarresi (votanti i consiglieri Dal Moro, D'Amato, Ardita, Gigliotti, Lanzi); relatore cons. Dal Moro;
Proposta B – in favore della dott.ssa Giuseppina Storaci (votante e relatore Cons. Ciambellini)

 

Entrambe le proposte riguardavano due magistrati di grande professionalità, esperienza e capacità. Tuttavia sulla base degli indicatori attitudinali specifici, che salvo motivazione rafforzata devono guidare la prognosi e la valutazione discrezionale del Consiglio, abbiamo sostenuto la proposta A) poiché ciò che differenziava i due profili attitudinali e rendeva prevalente, a nostro avviso, quello del dott. Pitarresi è il fatto che questi possieda una più robusta esperienza direttiva rispetto alla dott.ssa Storaci. Solo il dott. Pitarresi, infatti, ha effettivamente affrontato (con risultati positivi e documentati) le funzioni direttive di reggenza del Tribunale di Enna per circa 10 mesi, così confrontandosi con compiti e adempimenti propri dell’Ufficio a concorso e maturando, quindi, un’esperienza obiettivamente più significativa – per pregnanza e consistenza – rispetto all’altra aspirante che ha svolto concrete funzioni presidenziali per un solo mese in via continuativa.  

Inoltre anche sotto il profilo degli indicatori generali, se entrambi i candidati avevano elaborato una valida e ragionata proposta organizzativa, il dott. Pitarresi, quale componente della Commissione Flussi presso il Consiglio Giudiziario di Palermo, ha evidentemente potuto acquisire strumenti ulteriori e specifici di analisi, funzionali alla organizzazione di un Ufficio.  

La Proposta A) è prevalsa con 18 voti (cons. Ardita, Balduini, Basile, Benedetti, Cascini, Cavanna, Cerabona, Chinaglia, Dal Moro, D’Amato, Di Matteo, Gigliotti, Lanzi, Micciche, Pepe, Suriano, Zaccaro e PG Salvato); la proposta B) ha riportato 4 voti (Celentano Ciambellini, Grillo, Marra).

Astenuto nessuno; non hanno partecipato al voto i cons. Braggion, Donati, e il PP Curzio.

4. Sesta Commissione: il parere sul D.L. n. 162/2022 sulle modifiche in tema di ordinamento penitenziario, sull’introduzione del delitto di cui all’art 434-bis (contro occupazioni abusive e raduni illegali), e sulle modifiche al regime transitorio del D.lgs n. 150/2022 in tema di efficienza del processo penale e di giustizia riparativa

Nel Plenum del 22 dicembre è stato discusso il parere che il Consiglio ha espresso sul D.L. n. 162/2022 nell’ambito delle attribuzioni di cui all’art. 10 della L. 195/1958.

Il parere è stato particolarmente impegnativo per l’Ufficio Studi (cui va il nostro plauso per l’impegno e la competenza) e per la VI Commissione per la tempistica assai ristretta in cui hanno dovuto essere affrontati temi alla cui complessità si è aggiunto l’esame dei numerosi emendamenti presentati in sede di conversione (alcuni di iniziativa governativa riguardanti tra l’altro l’integrale riformulazione del delitto di cui all’art. 434-bis c.p. e la rimodulazione del regime transitorio, attraverso la parziale modifica di quello già previsto). 

Del resto ogni parere costituisce la sintesi complessa e necessaria di diverse sensibilità che in Consiglio si confrontano, sintesi funzionale a che l’Istituzione possa avere all’esterno una voce propria.    

I temi su cui si è incentrata la discussione in Plenum e si sono confrontate diverse opinioni sulla condivisibilità del parere sono stati soprattutto quello relativo alla materia   della “ostatività penitenziaria” e quello relativo alla nuova fattispecie incriminatrice di cui all’art. 434 bis, ma anche le norme transitorie sulla riforma “Cartabia”. Ed, invero, il parere è poi stato votato per parti separate, per consentire ai Consiglieri di esprimere un voto specifico sui diversi temi del medesimo.

 

La complessità dei temi trattati non consente una sintesi adeguata, per cui dobbiamo necessariamente rinviare al testo della delibera. 

Qui ci limitiamo a segnalare che: 

a) sulla questione dei reati ostativi: 

Nel corso del dibattito abbiamo rimarcato tali perplessità, rappresentando l’esigenza di un intervento di riforma più sistematico, che porti all’eliminazione del regime di ostatività per tutti i reati diversi da quelli di mafia e di terrorismo, per i quali soltanto potrebbe giustificarsi, dal punto di vista costituzionale, una presunzione di pericolosità (che comunque non può mai essere assoluta) per chi non collabora con la giustizia.  

Il legislatore, invece, ha scelto, in sede di conversione, di escludere dall’elenco dei reati ostativi solo quelli contro la pubblica amministrazione, che, invece, per il loro carattere sistemico e per il vincolo di omertà che necessariamente lega tra loro gli autori, sono quelli per i quali maggiormente potrebbe giustificarsi un regime di ostatività simile a quello previsto per i delitti di mafia. Un intervento in linea con quelli annunciati dalla maggioranza di abolizione dei delitti di abuso di ufficio e di traffico di influenze e della abolizione della possibilità di utilizzare il captatore informatico nelle indagini per i delitti di pubblica amministrazione (possibilità introdotta dalla riforma Orlando dei delitti contro la pubblica amministrazione del 2017). Come è stato giustamente osservato, si tratta di un disegno che mira a reintrodurre nel sistema penale italiano quella distinzione tra il “codice dei galantuomini” e il “codice dei briganti” del primo periodo post-unitario.

b) sul nuovo reato di occupazione abusiva:

c) sulla normativa transitoria relativa alla riforma Cartabia:

5. Il parere sulla legge di bilancio. Riduzione del tirocinio per i MOT dell’ultimo concorso

Il Governo ha condiviso l’esigenza di garantire in termini più brevi l’innesto di nuove energie nell’organico della magistratura, che, come abbiamo più volte ricordato e sottolineato, si trova in situazione di grave scopertura, destinata fisiologicamente ad aggravarsi con i naturali ritmi di collocamento a riposo dei magistrati.

La decisione di ridurre da 18 a 12 mesi il tirocinio dei M.O.T. vincitori del concorso indetto con D.M. 29.10.2019 risulta, dunque, apprezzabile, anche se, come evidenziato nel parere, va salvaguardata l’esigenza di offrire ai giovani colleghi, nel quadro di un tirocinio eccezionalmente abbreviato, un’esperienza comunque significativa e adeguata nello svolgimento fattivo delle attività giurisdizionali, attraverso la concreta frequentazione degli uffici nel periodo di “uditorato”. Sarebbe stato dunque preferibile prevedere, come già richiesto dal Consiglio nella proposta formulata al Governo, una riduzione superiore dei periodi di formazione presso la Scuola della Magistratura, in modo da consentire una maggiore presenza negli uffici. I nuovi magistrati potrebbero poi partecipare proficuamente presso la Scuola a un maggior numero di corsi formativi una volta assunte le funzioni, così affinando le loro conoscenze nelle materie di specifico interesse per gli incarichi assegnati. 

 

Vi racconteremo …

Alessandra, Ciccio, Elisabetta, Giuseppe, Mario