OTTOBRE
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Diario dal Consiglio del 26 ottobre 2018

Il 25 ottobre 1922 nasceva a Canicattì Antonino Saetta. Per ricordarlo, nell’anniversario della sua nascita, il CSM ha disposto la pubblicazione sul portale del fascicolo personale e degli atti del processo per il suo omicidio. Antonino Saetta si occupò con imparzialità e rigore di diversi processi (processo di appello per la strage di via Pipitone Federico, in cui persero la vita il consigliere istruttore Rocco Chinnici, gli uomini della scorta e il portiere dello stabile in cui abitava, o al processo di appello per l’omicidio del capitano dei carabinieri Emanuele Basile). Fu ucciso da Cosa Nostra il 25 settembre 1988, insieme al figlio Stefano, sulla statale 640 che da Agrigento conduce a Caltanissetta.

Dagli atti del processo emergerà che le ragioni dell’omicidio furono la vendetta, per l’esito del processo Basile, e il timore che fosse lui a presiedere il processo di appello del cd. Maxiprocesso.

Il plenum del Consiglio Superiore viene convocato il 27 settembre 1988 e per la seconda volta si svolgerà fuori dalla sede istituzionale (la prima in occasione dell’omicidio del dott. Gian Giacomo Ciaccio Montalto) presso l’aula magna del Palazzo di Giustizia di Palermo, alla presenza del Ministro di Grazia e Giustizia Giuliano Vassalli.

Le parole del vicepresidente Cesare Mirabelli restituiscono l’uomo e il magistrato Saetta: “Antonino Saetta: un magistrato come molti, moltissimi, incontrati nel cammino personale e professionale di ciascuno. Quaranta anni di vita in magistratura, senza timidezze e senza protagonismi; il coraggio dell’impegno quotidiano, che non evita il rischio sottile del processo difficile e che «espone», né si gloria di questo; la testimonianza del lavoro silenzioso, costante, incisivo; tanto più efficace quanto meno clamoroso ed appariscente. Antonino Saetta: un uomo giusto. Giusto per abito professionale e per consuetudine di vita; ma ancor più pienamente «giusto» per la profonda ed evidente umanità, assai nota a chi lo conosceva. Una vita legata solidamente alla famiglia, alle radici degli affetti profondi, esaltati dalle difficoltà e dai drammi personali. Un legame particolarmente ricco con lo sfortunato figlio Stefano Un legame che anche l’atrocità assassina ha profondamente violato e, per assurdo, rispettato ad un tempo”.

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Settimana densa. Siamo risucchiati dai lavori di commissione, ciascuna ad orari diversi. Ci rincorriamo per riferire, chiedere un parere, fissare un incontro.

Al Plenum di mercoledì ci attendono moltissime  pratiche, alcune particolarmente  ‘sensibili’.

 

All’inizio della seduta abbiamo posto nuovamente la questione del rientro in ruolo dei Consiglieri cessati. Ad un mese di distanza dalla fine della consiliatura, nonostante i nostri solleciti e nonostante la richiesta di molti di loro di essere ricollocati in ruolo, la pratica non riesce ad andare avanti. Abbiamo fatto presente che per dodici dei quindici ex componenti la pratica è di esemplare semplicità, dovendo gli stessi rientrare senza problemi nell’ufficio di provenienza, e quindi richiederebbe pochi minuti di discussione e trattazione. Per altri tre, che ricoprivano incarichi direttivi o semidirettivi al momento dell’elezione e il cui posto è attualmente coperto, si tratta di approfondire i contenuti di un parere dell’Ufficio Studi già a disposizione della Commissione. Ma non esiste alcuna comprensibile ragione che giustifichi l’asserita opportunità di trattarli tutti insieme.

Abbiamo sollecitato una decisione tempestiva – che inverta la discutibile consuetudine  che ha visto i consiglieri cessati dal Consiglio rientrare in ruolo solo dopo 3/4 mesi – perchè ci sembrerebbe un segnale importante,  anche a livello simbolico,  di quella volontà di riavvicinare il CSM alle esigenze degli uffici di cui tutti hanno parlato nel corso della campagna elettorale.

 

L’Assembla plenaria del Consiglio ha, poi, affrontato una delicata pratica di conferma, relativa alla Procura di Arezzo. 

Il Procuratore di Arezzo era stato sottoposto ad una procedura ex art.2 in ragione di un incarico ricoperto quale consulente della Presidenza del Consiglio dei Ministri all’epoca del Governo Renzi, in concomitanza con la pendenza di delicate indagini che hanno riguardato Banca Etruria (nel cui Cda sedeva il padre del Ministro Elena Boschi). La procedura di trasferimento di ufficio era stata archiviata, nel corso della precedente consiliatura, dopo una complessa istruttoria ed un articolato dibattito in plenum. In quella occasione la approvazione di un emendamento che eliminava l’invio della decisione alle commissioni IV e V per le valutazioni di competenza aveva indotto molti componenti (tra cui gli eletti di AREA) ad astenersi, con il risultato che l’archiviazione era stata approvata con soli 11 voti a favore, 1 contrario e 9 astenuti.

In occasione della proposta di conferma tutti i componenti laici del CSM hanno chiesto il ritorno della pratica in commissione per un approfondimento istruttorio (per l’acquisizione degli atti della istruttoria della I commissione e del provvedimento di definizione del disciplinare da parte del Procuratore Generale), considerato utile ad una più attenta valutazione del profilo della indipendenza.

Abbiamo ritenuto di aderire a tale richiesta, sia per senso istituzionale, in quanto proveniva da tutta la componente laica, sia perché effettivamente abbiamo ritenuto necessario e utile l’approfondimento richiesto. Ciò anche in coerenza con la nostra proposta di rendere la procedura di conferma un momento di controllo effettivo e stringente  sul modo in cui l’incarico è stato svolto, ma anche sulla persistenza dei prerequisiti necessari per la nomina.

Dopo la mediazione del rinvio del Plenum raggiunta sul punto la scorsa settimana, la proposta di ritorno della pratica in commissione è stata approvata all’unanimità.

 

Abbiamo poi trattato la pratica relativa alla decisione di costituirsi davanti al Consiglio di Stato in un giudizio di ottemperanza promosso dal candidato pretermesso per il posto della Procura di Modena.

Per cogliere il significato della pratica, già oggetto di facili polemiche, è necessario ripercorrere la storia della nomina nell’ufficio di Procuratore di Modena.

Il CSM, nella passata composizione, aveva nominato la collega Musti. La delibera impugnata da uno dei concorrenti esclusi, il collega Giovagnoli, era stata annullata, in via definitiva, dal giudice amministrativo.

Dopo l’annullamento il Consiglio ha assunto una nuova delibera, con la quale ha ribadito la nomina della collega Musti.

Il collega Giovagnoli ha impugnato questa delibera direttamente al Consiglio di Stato, in sede di ottemperanza, sostenendone la nullità in quanto elusiva del giudicato.  Il Consiglio di Stato ha accolto tale impugnativa, ravvisando un’elusione del giudicato nella reiterazione di argomenti e motivi sostanzialmente uguali a quelli posti a fondamento della delibera già annullata.

Dopo tale decisione il CSM, sempre nella scorsa consiliatura, ha adottato una terza delibera di nomina della collega Musti, con una motivazione che a noi è parsa più ampia e articolata e quindi, in questo caso, rispettosa del giudicato.

Nel corso del dibattito abbiamo affermato con nettezza la nostra intenzione di prestare un’osservanza non solo formale alle decisioni del giudice amministrativo. In caso di annullamento di una delibera il CSM ha il dovere di riesaminare la questione, di confrontarsi con gli argomenti del giudice amministrativo ed eventualmente rivedere la propria decisione. La reiterazione di delibere con contenuto sostanzialmente analogo è un grave errore che danneggia l’immagine del Consiglio e che rischia di alterare il delicato equilibrio tra il ruolo costituzionale del CSM e la inderogabile necessità di garantire la tutela giudiziaria di diritti.

Al netto, però, di quanto accaduto in passato, in questa sede si trattava di decidere se costituirsi in giudizio a difesa di una delibera che, secondo il nostro parere e anche sulla base di quanto diffusamente esposto dall’Ufficio Studi, sembrava congruamente ed adeguatamente motivata.

Un punto in particolare merita di essere richiamato, a proposito del rischio di alterazione di quel delicato equilibrio costituzionale cui si faceva cenno.

In alcuni passaggi argomentativi delle precedenti decisioni dei giudici amministrativi sembra cogliersi l’affermazione di una regola non derogabile di prevalenza del candidato che abbia ricoperto un ruolo direttivo rispetto a quello che abbia ricoperto un ruolo semidirettivo. Un’affermazione pericolosa, che sembra voler disegnare una magistratura verticale, divisa per gradi, che a nostro avviso è molto distante dal modello costituzionale di magistratura orizzontale e paritaria, al quale siamo per cultura e sensibilità istituzionale molto legati.

Sul punto la delibera del CSM, quella  oggetto di impugnazione, fornisce una risposta adeguata e completa. Dunque anche per questo andava, a nostro avviso, difesa.

Va, infine, sottolineato che al netto dell’impatto mediatico e dell’effetto suggestivo di molte argomentazioni, nessuno ha votato contro la costituzione;  chi non ha votato a favore della costituzione in giudizio ha scelto la strada dell’astensione. Una scelta che noi, come abbiamo più volte ribadito in campagna elettorale, non condividiamo in linea di principio, in quanto può apparire un comodus discessus, tanto utile agli effetti della “comunicazione esterna”   quanto distante, a nostro modo di vedere,  dalla  responsabilità istituzionale di governo che l’organo Consiliare esige.

 

Dopo il Plenum, mercoledì siamo andati tutti e quattro in Cassazione per partecipare all’Assemblea di Areadg dove, in un clima  molto attento, interessato e cordiale,  abbiamo potuto discutere e confrontarci sulla proposta di modifica dei criteri di accesso alle funzioni di legittimità che abbiamo avanzato qualche settimana fa e che certamente si gioverà  dell’importante contributo dei colleghi della Cassazione; ufficio, questo,  che presenta problemi serissimi ( come le stesse tabelle in corso di discussione in  Settima mettono in evidenza), in vista della salvaguardia  dell’essenziale funzione  nomofilattica,  che un numero ingestibile  di ricorsi ed un arretrato difficile da erodere, specie nel settore civile, stanno mortificando.  

 

Finalmente alle 20,00 abbiamo tirato il fiato … usciti in p.zza Cavour  abbiamo trovato conforto in una serata di pura amicizia,  in un’enoteca  con un gruppo di colleghi e colleghe; tra prosecco, vino rosso, varie amenità di contorno è spuntata  una partita guardata dagli irriducibili sull’ipad sistemato sul tavolone.  Le ‘ragazze’ hanno tollerato….

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Nelle commissioni i  lavori in corso sono  molto intensi e meritano almeno qualche accenno.

In prima siamo soprattutto alle prese con l’interessante questione dell’ampiezza e la natura dell’istituto del trasferimento d’ufficio  ex art. 2 legge guarentige, che rileva anche  nella fase istruttoria preliminare  e si riverbera in termini di individuazione dello spazio che debba avere l’indagine preventiva e di  confine della competenza rispetto alla disciplinare, tanto più problemtico -  in  presenza di contesti difficili o compromessi – in assenza di iniziative tempestive sul piano cautelare da parte della Procura Generale.

In settima, tra le tantissime pratiche che inondano la Commissione (e che fanno davvero riflettere sulla necessità di un intervento legislativo di decentramento di alcune competenze decisorie in favore degli organi di autogoverno locale)  stiamo completando l’analisi dei progetti tabellari,  affrontando l’esame dei programmi di gestione ex art. 37 l./2011( che affrontiamo nell’ottica condivisa che non rappresentino strumenti per implementare la produttività bensì per rappresentare una organizzazione funzionale ad una giurisdizione civile capace di ridurre le pendenze,soprattutto ultratriennali,  e lavorare sulla qualità della risposta, anche a scapito dei “numeri”, vessanti soprattutto per i più  giovani e, comunque, capaci di deviare verso logiche produttivistiche e impiegatizie  anche giudici più anziani e più restii ad accogliere questo modello di giurisdizione),  e l’esame di tutti i progetti organizzativi delle Procure, alla luce degli interventi regolatori  recentemente approvati dal CSM  con la Circolare sul tema e la Risoluzione sull’avocazione.

Di rilievo generale, pure se apparentemente bagatellare, è il parere espresso su un quesito di un Presidente della Corte di appello, circa la procedura da svolgere in caso di applicazione ad processum, dopo una variazione di posizione tabellare. Ossia: quali dei processi già incardinati continua a fare un giudice penale, che nel frattempo passa ad altra sezione? Chi decide? Che tutela ha eventualmente il collega?

Si tratta di ipotesi non contemplata dalla circolare sulle applicazioni: correttamente il CSM ha precisato che l’applicazione ai singoli processi è modifica tabellare, ma ha ritenuto di applicare la regola per le applicazioni ad processum dopo il trasferimento ad altro ufficio ossia la mera comunicazione al CSM dell’applicazione. Rimane però inibita al collega applicato qualsiasi interlocuzione. Sarebbe forse il caso di proporre una modifica della circolare che consenta la procedura semplificata nel caso in cui non ci siano osservazioni, la procedura ordinaria qualora ci siano. Il rischio sarebbe però di intasare il CSM con centinaia di pratiche del genere: si tratta, allora, di una delle tante attività di settima commissione che potrebbero essere definite in sede di consiglio giudiziario.

 

In ottava commissione si stanno affrontando le questioni delle incompatibilità  dei giudici onorari dopo la riforma Orlando: il nostro impegno sarà quello di dare una lettura della disciplina ancorata alle specificità del caso concreto, alle dimensioni dell’ufficio e alla quantità del contenzioso.

In sesta stiamo discutendo il contenuto di pareri su alcuni disegni di legge in corso di esame in Parlamento.

In quinta i segnali “meno incoraggianti”, volendo usare un eufemismo, del nuovo corso consiliare. In queste settimane abbiamo ripetutamente richiamato i colleghi alla necessità di una comune assunzione di responsabilità sul tema delle nomine, finalizzata alla ricerca di soluzioni condivise, che superino definitivamente logiche di appartenenza e di scambio e restituiscano credibilità e autorevolezza alle decisioni del CSM. Purtroppo non è quello che è accaduto nella pratica relativa a due posti di presidente di sezione nel settore penale a Milano. In una prima pratica abbiamo votato a favore della collega proposta dal relatore, componente laico del Consiglio. Collega nominata con D.M. 1984, già presidente di sezione penale per cinque anni in altro ufficio, presidente f.f. del medesimo ufficio per diciotto mesi, dal curriculum non solo immacolato ma soprattutto eccellente, connotato da una vasta esperienza nella giurisdizione penale. Inaspettatamente questa proposta ha raccolto un numero di preferenze identico a quello di altra collega, nominata con D.M. 1994, che ormai da anni esercita le funzioni civili, che non ha mai ricoperto incarichi direttivi o semidirettivi e che ha anche una condanna disciplinare, seppure non recente. In ragione dell’esito del voto non unanime sulla prima vacanza abbiamo chiesto che la seconda nomina venisse posticipata all’esito della prima, in quanto una delle aspiranti proposte nella prima aveva presentato domanda anche nel secondo concorso, dal quale non poteva certo essere esclusa. La nostra richiesta è stata respinta e quindi si è votato anche sul secondo posto. Noi per coerenza abbiamo espresso analoga preferenza per la medesima collega votata in precedenza. Anche in questo caso sono state espresse tre preferenze (dagli stessi componenti) per un collega del D.M. 1994, che, pur vantando un bagaglio di esperienze sicuramente considerevoli era, a nostro parere, connotato da un profilo recessivo dal punto di vista dell’esperienza giurisdizionale. Siamo convinti che l’anzianità di servizio non debba essere  un criterio di prevalenza e che nemmeno debba esserlo il pregresso svolgimento di funzioni direttive o semidirettive. Ma riteniamo anche che una robusta, e positiva, esperienza professionale, gli anni passati sulle carte e nelle aule di giustizia, il positivo svolgimento di incarichi organizzativi debbano essere adeguatamente e seriamente considerati, soprattutto nel confronto con colleghi con dieci anni in meno di esperienza, pena la definitiva perdita di credibilità e di autorevolezza dell’organo di governo autonomo.

         

Infine come abbiamo già comunicato, proseguendo nell’attuazione del programma elettorale, abbiamo chiesto al Comitato di Presidenza l’apertura di una pratica in VII Commissione avente ad oggetto la modifica delle disposizioni della Circolare sulle tabelle in materia di assegnazione di incarichi da parte del dirigente dell'ufficio (art.108) con la previsione dell'obbligo di un interpello, con indicazione dei criteri della scelta, e dell'obbligo di motivazione, soggetta ad approvazione del Consiglio Giudiziario e del CSM.

L’attuale sezione VII del capo III della Circolare sulla formazione delle tabelle (artt. 107 – 110) prevede che il presidente del Tribunale o della Corte possa “farsi coadiuvare da magistrati che collaborano a specifiche attività presidenziali non espressamente riservate ai presidenti di sezione e che questi dimostrino di non poter espletare. La normativa vigente non indica i criteri in base ai quali capo dell’ufficio deve orientarsi nella sua scelta e  limita il sindacato consiliare ai casi di manifesta inadeguatezza della scelta o di palese difetto di motivazione

Ciò determina, a nostro avviso, un eccessivo potere discrezionale del dirigente nell'assegnazione ai magistrati dell'ufficio di incarichi, anche rilevanti, che potranno poi essere esibiti quali titoli  in occasione di domande. In sostanza, il sistema attuale attribuisce al dirigente dell'ufficio un rilevante potere, non soggetto a controllo, nella costruzione della carriera  dei magistrati.

Con la nostra proposta chiediamo di stabilire che le decisioni relative alla nomina dei magistrati collaboratori debbano avvenire sulla base di criteri specifici e preordinati a livello normativo e possano essere sindacate in caso di inadeguatezza o di difetto di motivazione.

 

Diventiamo sempre più lunghi … e forse meno ameni da leggere. Ma tra le righe voi metteteci i (rari) bivacchi  nella stanza di Giuseppe con il caffè della macchinetta (che si fa prima),  gli yogurt al mirtillo antiossidanti dell’Ale (che  Mario si rassegna a mangiare per fronteggiare il calo di zuccheri prima delle  riunioni con “la struttura”)  l’immancabile bicchiere di vino di Ciccio nei nostri pranzi al “Bio” sotto il Csm….le serate finalmente fuori da Palazzo dei Marescialli in una Roma ancora tiepida.   

 

Vi racconteremo …Buon lavoro e buon week end a tutti!

Ale, Ciccio, Giuseppe, Mario