MARZO
22

Diario dal Consiglio del 26 marzo 2022

La riforma dell’ordinamento giudiziario
Luci, ombre e qualche proposta

Nel parere del Consiglio, reso in quello spirito di leale collaborazione istituzionale che ha sempre caratterizzato l’approccio del CSM alle proposte di riforma della cui valutazione è stato investito,  sono stati espressi apprezzamenti per alcune delle proposte della Ministra – che, peraltro, hanno anche recepito alcune delle indicazioni che il Consiglio aveva inserito nel precedente parere sul DDL Bonafede – rilievi critici su alcuni aspetti e anche indicazioni e suggerimenti su possibili ulteriori interventi.

Un approccio che, con evidenza, non corrisponde alla rappresentazione che prevale nei commenti che hanno accompagnato la notizia della approvazione dal parte del Plenum: né, dunque, una “bocciatura” né alcuna pregiudiziale contrarietà ad ogni ipotesi di cambiamento.

 

Plenum

1. Esito della discussione plenaria del parere sugli emendamenti governativi al disegno di legge di riforma dell’ordinamento giudiziario

Nel corso delle assemblee plenarie del 21, 22 e 23 marzo si è svolta la discussione e la votazione sul parere relativo agli emendamenti governativi al disegno di legge recante disposizioni di riforma dell’ordinamento giudiziario e del funzionamento del Consiglio superiore della magistratura, parere richiestoci dalla Ministra a fine febbraio 2022. La discussione è iniziata con l’esposizione delle proposte formulate dalla Sesta commissione, si è articolata nell’esame e la votazione dei numerosissimi (oltre 90) emendamenti proposti da diversi consiglieri, ed infine è approdata alle dichiarazioni di voto ed alla votazione sul testo finale come emendato.

Su richiesta di alcuni consiglieri, la votazione sul testo finale è avvenuta per parti separate, ossia in relazione alle 5 diverse sezioni nelle quali la Sesta commissione aveva articolato la proposta di delibera.

Vista la complessità e la lunghezza dell’intervento, riferiamo qui per sintesi solo in ordine ad alcuni punti del parere, rinviando al sito del Consiglio per la lettura integrale del medesimo.

a) Sezione Prima. Riforma elettorale CSM

Questa parte del testo, come licenziata all’unanimità dalla Sesta Commissione, è stata oggetto di diversi emendamenti, alcuni approvati a larga maggioranza, altri con maggioranze ridotte e diverse astensioni.

All’inizio della seduta è stato approvato un emendamento che ha espresso apprezzamento per la scelta della Ministra di escludere qualsiasi ipotesi di sorteggio che porti ad una limitazione del diritto di elettorato passivo, in quanto ipotesi contraria alla Costituzione: 18 i voti a favore (Dal Moro, Chinaglia, Suriano, Cascini, Zaccaro,  Miccichè, D’Amato, Braggion, Balduini, Celentano, Ciambellini, Grillo, Benedetti, Donati, Gigliotti, Salvi, Pepe, Marra) e 5 i voti contrari, espressi da chi ha invece manifestato la propria preferenza per un sistema fondato sul sorteggio temperato (Di Matteo, Ardita, Lanzi, Cavanna e Basile).

Con specifico riferimento alle scelte adottate nel testo governativo, il parere proposto dalla Commissione conteneva un’analisi del sistema elettorale proposto, a seguito della quale, preso atto dell’introduzione di un sistema maggioritario binominale con correttivo proporzionale basato sul possibile collegamento tra candidati, veniva espressa, con articolate motivazioni, una valutazione di insufficienza del correttivo proporzionale a garantire l’effettiva rappresentanza dei gruppi minori e dei candidati indipendenti, evidenziandosi invece il rischio di un esito di sovra rappresentazione dei gruppi di maggiori dimensioni.

Sul punto, i consiglieri Miccichè, D’Amato, Braggion e Balduini hanno proposto un emendamento che sopprimeva la parte contenente tale critica, ritenendo non consentito al Consiglio esprimere proposte in tema di sistema elettorale, potendosi solo rivolgere “rilievi di carattere tecnico”; tale emendamento non è stato approvato.

Come già riferito nel “Post-it” inviato, noi abbiamo proposto un emendamento che, mantenendo le osservazioni critiche già presenti, era volto al contrario ad integrare il parere con la richiesta al Governo di introdurre alcune modifiche finalizzate a ridurre il peso degli apparati dirigenti delle correnti e a garantire possibilità di risultato anche a candidati indipendenti e di generi diversi, suggerendo in particolare di apportare le seguenti modifiche alle disposizioni per la elezione dei componenti della categoria dei giudici di merito:

  1. mantenere la divisione in quattro collegi territoriali, ma attribuire tutti i tredici seggi riservati ai giudici con il sistema proporzionale;
  2. prevedere un numero massimo di collegamenti tra candidati all’interno dello stesso collegio;
  3. prevedere che la metà (o un terzo) dei candidati collegati tra loro nell’ambito dello stesso collegio debbano essere di genere diverso.

Abbiamo presentato l’emendamento ritenendo consentita, nell’ambito delle competenze consiliari, l’espressione di proposte integrative (e non innovative) rispetto al testo proposto dalla Ministra e dalla stessa sottoposto al nostro parere, e ritenendo che le modifiche da noi proposte potrebbero avere effetti positivi in relazione all’obiettivo della riforma: con questi correttivi, infatti, ogni gruppo avrebbe interesse a presentare in ogni collegio un numero di candidati pari al massimo previsto e appartenente a generi diversi, con l’effetto di ampliare il potere di scelta degli elettori (vero punto fondamentale per un sistema elettorale non manovrato dai gruppi) e di favorire altresì l’elezione di candidati di genere diverso. Stabilendo un numero massimo di collegamenti tra candidati in ogni collegio, infine, si rende più razionale il sistema e si offrono delle possibilità di risultato anche ai candidati che non possono contare sul sostegno di un gruppo.

L’emendamento è stato approvato con 10 voti a favore (Cascini, Dal Moro, Chinaglia, Suriano, Zaccaro, Pepe, Benedetti, Celentano, Ciambellini, Grillo), 5 voti contrari (Balduini, Braggion, D’Amato, Miccichè, Lanzi) e 9 astenuti (Ardita, Di Matteo, Marra, Donati, Basile, Gigliotti, Cavanna, Cerabona, Salvi)

Nel corso della votazione finale su questa Sezione, nella sua versione emendata, si è purtroppo registrato il voto contrario di ben 13 consiglieri (Ardita, Balduini, Basile, Benedetti, Braggion, Cavanna, Cerabona, D’Amato, Di Matteo, Donati, Gigliotti, Lanzi, Miccichè); mentre a favore si sono espressi 13 consiglieri (Cascini, Celentano, Chinaglia, Ciambellini, Curzio, Dal Moro, Ermini, Grillo, Marra, Pepe, Salvi, Suriano, Zaccaro), sicché il parere è stato in questa parte approvato solo grazie alla previsione regolamentare per la quale in caso di parità prevale  il voto del presidente della seduta.

Abbiamo rischiato, in sostanza, di non adempiere alla richiesta del Ministro e di rifiutare di esprimere il parere del Consiglio superiore della magistratura proprio su un aspetto essenziale per il governo autonomo della magistratura.

Un rischio grave e per certi versi poco comprensibile, considerando che si trattava di un testo proposto all’unanimità dalla Sesta commissione, e poi modificato a seguito di un articolato lavoro del Consiglio, attraverso discussioni costruttive e votazioni dei vari emendamenti, spesso votati anche da chi, poi, ha espresso voto contrario al testo finale. Laddove il dissenso rispetto alla approvazione o mancata approvazione di alcuni emendamenti su questa parte, ben avrebbe potuto essere reso palese anche mediante l’astensione, che avrebbe consentito comunque l’espressione del parere.

 

b) Sezione Seconda

b.1) Con specifico riferimento alla materia disciplinare, segnaliamo:
b.2) Con riferimento poi alle disposizioni concernenti la costituzione e il funzionamento del Consiglio Superiore della Magistratura, segnaliamo, tra i molti, questi punti:

Il parere, nel testo licenziato all’unanimità dalla Sesta Commissione, conteneva una articolata critica rispetto a questa previsione, richiamando anche la giurisprudenza, più che consolidata, della Corte di cassazione a Sezioni Unite, dal Consiglio di Stato e della Corte EDU, che ha sempre escluso tale incompatibilità. Si osservava, nel testo, che la pressoché totale preclusione per i giudici effettivi della Sezione disciplinare di essere componenti delle commissioni: svuota e snatura la portata del loro mandato; determina una diversificazione del loro status rispetto a quello degli altri consiglieri del tutto ingiustificata, considerato che giudici effettivi della sezione disciplinare si diventa non per scelta, ma perché eletti dall’Assemblea plenaria; irragionevolmente distingue, in relazione al regime delle incompatibilità, la loro condizione da quella dei componenti supplenti, la cui partecipazione alle attività della Sezione disciplinare non sempre si caratterizza in termini di residualità ed eccezionalità; appare elusiva dei criteri interpretativi dell’art. 104, 4 co., Cost. forniti dalla Corte Costituzionale (sentt. n. 12/71 e n. 263/2003), che ha rimarcato come il legislatore debba sempre assicurare che nelle commissioni deliberanti siano presenti componenti appartenenti alle varie categorie, cui quindi deve essere garantito di svolgere con pienezza il proprio mandato; introduce una separazione surrettizia di dubbia costituzionalità della funzione disciplinare dalle altre funzioni consiliari (v. sent. n. 262/2003, n. 270/2002, n. 12/1971, n. 52/1998).

Su questa parte del testo i consiglieri Balduini, Braggion, D’Amato e Miccichè hanno proposto un emendamento diretto a suggerire al Parlamento una modifica dell’art.105 della Costituzione con la introduzione di un’Alta Corte a cui devolvere la giurisdizione disciplinare dei magistrati. Come già anticipato, abbiamo votato contro questa proposta perché, oltre a contenere, questa sì, una proposta di legge, addirittura costituzionale, non interpretabile come integrazione ad una previsione del testo, nel merito:

  1. siamo convinti che la giustizia disciplinare debba essere “domestica” (cioè amministrata all’interno del circuito del governo autonomo), anche se non “addomesticata” (ossia non assoggettata a pulsioni corporative).
  2. riteniamo che questa proposta rappresenti una manifestazione di sfiducia verso l’indipendenza della attuale sezione disciplinare del Csm, proprio nella fase in cui la sezione è stata chiamata a decidere, oltre ai numerosi procedimenti ordinari, anche sulle contestazioni disciplinari mosse nei confronti di ex componenti di questo e di precedenti Consigli.

L’emendamento proposto è stato respinto con 10 voti a favore (Balduini, Basile, Benedetti, Braggion, Cavanna, Donati, D’Amato, Gigliotti, Lanzi, Miccichè) e 13 contrari (Ardita, Cascini, Ciambellini, Celentano, Chinaglia, Dal Moro, Di Matteo, Grillo, Marra, Pepe, Salvi, Suriano, Zaccaro)

Tuttavia, immediatamente dopo, è stato inaspettatamente approvato un emendamento, proposto dal consigliere Cavanna, che ha purtroppo soppresso tutta la parte (si ripete, già contenuta nel testo approvato dalla Commissione all’unanimità) contenente la critica alle previsioni di incompatibilità. Un’occasione perduta per affermare principi già costantemente affermati dalla giurisprudenza interna e sovranazionale e per riaffermare la piena legittimazione e fiducia nell’attuale sezione disciplinare del Consiglio. Tale soppressione è stata approvata con 12 voti favorevoli (Balduini, Basile, Benedetti, Braggion, Cavanna, Cerabona, Donati, D’Amato, Gigliotti, Lanzi, Miccichè, Salvi) e 10 contrari (Cascini, Ciambellini, Celentano, Chinaglia, Dal Moro, Grillo, Marra, Pepe, Suriano, Zaccaro).

Conclusivamente, la Sezione Seconda del parere è stata approvata con 16 voti a favore (Balduini, Braggion, Cascini, Celentano, Chinaglia, Ciambellini, Curzio, D’Amato, Dal Moro, Ermini, Grillo, Giuseppe Marra, Miccichè, Pepe, Suriano, Zaccaro), 6 voti contrari (Basile, Benedetti, Cavanna, Cerabona, Donati, Lanzi) e 3 astenuti (Ardita, Di Matteo, Gigliotti)

 

c) Sezione terza. Accesso in magistratura, valutazioni di professionalità, conferimento incarichi direttivi e semidirettivi, conferimento funzioni legittimità

Il parere su questa parte è molto diffuso, tante essendo le previsioni che imponevano considerazioni e valutazioni da parte del Consiglio.

Piena adesione è stata espressa al mantenimento della proposta di ritorno, quanto all’accesso in magistratura, al concorso di primo grado.

Numerosi rilievi sono stati svolti, invece, quanto ad altri aspetti.

Rinviando alla lettura del parere nella sua completezza, menzioniamo qui il contenuto di un emendamento, approvato dalla maggioranza del Plenum, con il quale abbiamo proposto di introdurre, nella parte iniziale del parere, una parte più discorsiva e generale, che esprime una complessiva valutazione critica dell’intervento proposto dal Governo in tema di valutazioni di professionalità e conferimento incarichi.

Infatti, l’esame complessivo delle previsioni introdotte (dichiaratamente tese all’elaborazione di norme che garantiscano un condivisibile effettivo controllo sulla professionalità dei magistrati e sull’effettiva verifica del merito e delle attitudini anche ai fini del conferimento di incarichi) porta a ritenere che si sia trascurata la considerazione per cui la garanzia di un esercizio autonomo ed indipendente della giurisdizione, valore primario tutelato dalla Costituzione a cui avere riguardo in un intervento riformatore dell’ordinamento giudiziario di così larga portata, postula un contesto organizzativo non gerarchico, ma, anzi, improntato al principio costituzionale della parità tra i magistrati, connotato da costante ed effettivo confronto ed anche da fisiologico e costruttivo dissenso tra i magistrati ed i dirigenti (come anche tra i dirigenti di diversi uffici) e da garanzia di insussistenza di impropri condizionamenti.

Abbiamo invece osservato come il quadro complessivo di molte previsioni, al contrario, possa produrre effetti – in termini di gerarchizzazione degli uffici, di spinta al carrierismo e di ricerca del consenso (all’interno ed all’esterno dell’ufficio) – del tutto opposti, rischiando di incrementare proprio quelle deleterie degenerazioni correntizie che, nell’intento della riforma, si vorrebbero eliminare.

Ci si riferisce così alle previsioni (sulle quali specifici ed approfonditi rilievi critici sono contenuti nel testo integrale di questa sezione del parere) in tema:

Con riferimento, poi, al tema della dirigenza, sempre su nostra proposta è stato approvato l’emendamento al testo, contenente la proposta al Governo di fare un passo in più rispetto al tema della effettività della previsione normativa già esistente di temporaneità degli incarichi direttivi e semidirettivi, prevedendosi l’obbligo di riprendere lo svolgimento delle attività giudiziarie ordinarie per un congruo periodo di tempo prima di poter aspirare ad un nuovo incarico, e prevedendo un termine di legittimazione per una nuova domanda per incarichi direttivi o semidirettivi in misura pari alla durata dell’incarico ricoperto.

Abbiamo già riferito in un “Post-it” le ragioni di questa proposta.

Qui vogliamo ricordare, anche per tenere conto del confronto che si è acceso sul tema, che la proposta non è affatto nuova. Sulla stessa - che va letta congiuntamente alla riflessione relativa al numero (eccessivo) ed al ruolo dei semidirettivi - si discute da tempo, ed è stata, in particolare, oggetto di articolato dibattito in sedi associative (che hanno portato anche all’approvazione di mozioni assembleari sul punto) a seguito della conoscenza del contenuto delle indagini della Procura di Perugia, emersi nel 2019 e nel 2020; dibattito già affrontato in più occasioni anche all’interno del Consiglio, sin dal dicembre 2020.

Come avevamo all’epoca scritto (Diario 9.5.2021) proprio al fine di diffondere ragioni e contenuto della stessa, la proposta era stata già formulata dal Consiglio nel parere sul progetto Bonafede, espresso il 29 aprile 2021, nel quale erano presenti dei paragrafi nei quali si suggerivano: la riduzione del numero dei semidirettivi; il ripensamento del ruolo dei medesimi; la garanzia di una effettiva temporaneità degli incarichi direttivi o semidirettivi.

Già in quel parere, infatti, si osservava, come dato di realtà, “accade così che quasi tutti gli attuali semidirigenti e dirigenti poco dopo la scadenza del primo termine quadriennale presentano domanda per un nuovo incarico (i direttivi di secondo grado anche prima non avendo limiti di legittimazione). Peraltro, l’esigenza di rendere più oggettivi i criteri di valutazione ha portato a valorizzare sempre più, soprattutto da parte del giudice amministrativo, l’esercizio pregresso di funzioni semidirettive o direttive, senza però che, nella maggior parte dei casi, sia realmente possibile una valutazione effettiva del modo in cui le funzioni sono state svolte. Si è così creato, nei fatti, un circuito della carriera dirigenziale, nel quale l’aspirazione ad un incarico direttivo o semidirettivo è funzionale non tanto alla efficace gestione organizzativa di un ufficio o di una sezione, quanto alla costituzione di un titolo da spendere nel proprio curriculum professionale, e la temporaneità è solo di sede e di incarico, ma non di funzioni, in quanto chi inizia una carriera dirigenziale molto difficilmente ritorna poi a svolgere funzioni giudiziarie semplici”.

Si affermava, quindi, che “sarebbe preferibile un sistema diverso, che, oltre a garantire stabilità alle funzioni dirigenziali, prevedesse una effettiva temporaneità delle funzioni direttive e semidirettive. Potrebbe prevedersi, pertanto, che il magistrato nominato ad un incarico direttivo o semidirettivo, nel caso in cui chieda la conferma nell’incarico, sia obbligato a completare anche il secondo quadriennio. E che, in ogni caso, non possa presentare domanda per un nuovo incarico direttivo o semidirettivo prima di un certo termine (due/tre anni) dalla cessazione del precedente incarico. Certo, una temporaneità effettiva nelle funzioni direttive comporta una (temporanea) rinuncia alla esperienza e alla professionalità nel ruolo direttivo maturata con l’incarico svolto, in particolare con riferimento alle crescenti responsabilità amministrative che negli ultimi tempi si sono sommate a quelle proprie di organizzazione dell’esercizio della giurisdizione dell’ufficio. E dunque dovrebbe essere accompagnata da interventi diretti alla responsabilizzazione della dirigenza amministrativa, da rafforzare sul piano numerico e della competenza professionale specifica, in modo da poter riservare al dirigente magistrato il ruolo di organizzazione della giurisdizione. In questo modo si verrebbe, però, ad affermare la centralità dell’interesse degli uffici rispetto alle aspirazione dei magistrati, disincentivando la cultura e la prospettiva della “carriera” e valorizzando l’impegno nell’attività giurisdizionale che costituisce il cuore della funzione del magistrato”.

A seguito di quel parere, l’emendamento governativo, recependo la nostra indicazione, ha innalzato a 6 anni il termine di legittimazione per la domanda di nuovo incarico da parte del magistrato titolare di funzioni direttive o semidirettive, anche quando non chiede la conferma, ed ha altresì previsto la riduzione del numero dei semidirettivi.

Ci sembra necessario ribadire che siamo perfettamente consapevoli del fatto che i ruoli semidirettivi e direttivi sono impegnativi per coloro che li svolgono con spirito di servizio, competenza, capacità di coinvolgimento e abnegazione personale; e crediamo di aver contribuito, con le modifiche delle circolari sull’organizzazione degli uffici, a far si, da un lato, che  questi ruoli siano tali e, quindi, realmente funzionali alla migliore resa della giurisdizione; dall’altro siano ambiti da chi realmente si sente di assumerne la responsabilità e non “l’onore”. 

La proposta non ha né intenti punitivi né esprime, dunque, alcuna pregiudiziale o astratta diffidenza.

Al contrario è frutto di una analisi complessiva e storica della situazione che l’osservatorio di quasi un quadriennio di governo autonomo ci ha consegnato (e che abbiamo, ci sembra, sempre condiviso):

Il problema da affrontare è che la temporaneità (giusta) non è effettiva, e che noi siamo scivolati all’indietro, verso un assetto che vedeva due magistrature, una “superiore” (dei capi) e una inferiore (dei magistrati semplici), contro la quale, per inverare la Costituzione, la magistratura associata ha lavorato per anni, per eliminare gerarchie reali o di fatto e rendere effettiva l’indipendenza e l’autonomia interna della giurisdizione.

Temporaneità effettiva, dunque, quale condizione: per non rinunciare alla selezione per merito ed attitudine e ritornare all’anzianità; agevolarne la gestione da parte del governo autonomo; riaffermare l’idea di dirigenza come fase temporanea nella vita del magistrato; affermare che il compito e la responsabilità dell’organizzazione sono comuni e vanno condivisi da tutti i magistrati dell’ufficio.

 

La Sezione Terza del parere è stata approvata con 18 voti a favore (Ardita, Balduini, Braggion, Cascini, Celentano, Chinaglia, Ciambellini, Curzio, D’Amato, Dal Moro, Di Matteo, Grillo, Marra, Miccichè, Pepe, Salvi, Suriano, Zaccaro), 7 voti contrari (Basile, Benedetti, Cavanna, Cerabona, Donati, Gigliotti, Lanzi) e 1 astenuto (Ermini).

d) Sezione Quarta: le disposizioni in tema di organizzazione degli uffici giudiziari

Questa sezione contiene importanti interventi in relazione alle previsioni relative alle modalità di redazione, alle tempistiche ed alle modalità di approvazione degli strumenti di organizzazione degli uffici giudiziari. Contiene altresì osservazioni critiche in ordine alle previsioni che tendono a trasformare il programma di gestione da strumento di gestione dell’ufficio in un’ottica di miglioramento complessivo del suo funzionamento, e dunque della sua risposta ai mutevoli cambiamenti della domanda di giustizia, a pericoloso strumento di valutazione del ‘rendimento’ del singolo magistrato e dei ‘risultati’ attesi della sua attività, così aprendo a preoccupanti dinamiche di valutazione ‘per risultati’ del lavoro del magistrato.

La sezione Quarta del parere è stata approvata con 17 voti a favore (Balduini, Braggion, Cascini, Celentano, Chinaglia, Ciambellini, Curzio, D’amato, Dal Moro, Ermini, Grillo, Marra, Miccichè, Pepe, Salvi, Suriano, Zaccaro), 6 voti contrari (Basile, Benedetti, Cavanna, Cerabona, Filippo Donati, Lanzi) e 3 astenuti (Ardita, Di Matteo, Gigliotti).

e) Sezione Quinta: limiti al passaggio dalla funzione giudiziaria all’attività politica e viceversa e al contestuale esercizio di entrambe le funzioni; la disciplina del collocamento fuori ruolo

Questa sezione contiene una riflessione sugli emendamenti al DDL Bonafede tesi ad accentuare, in linea con quanto auspicato dal Consiglio nel precedente parere, i limiti al passaggio dalla funzione giudiziaria all’attività politica e viceversa, nonché quelli relativi al contestuale esercizio di entrambe le predette funzioni, nell’ottica certamente apprezzabile, di un nuovo approccio al tema del rapporto tra magistratura e politica nel segno della rigida separazione dei due ambiti. Detta separazione è realizzata attraverso l’introduzione di una causa d’ineleggibilità a cariche politiche chiara ed uniforme, basata sulla individuazione di un limite territoriale e temporale valevole per tutti gli incarichi elettivi e di governo regionale e locale, nonché attraverso l’obbligo del collocamento in aspettativa nel momento dell’accettazione della candidatura (aspettativa che deve permanere per tutta la durata del mandato). Nel parere si sottolinea tuttavia la irragionevolezza della mancata estensione della causa di incandidabilità introdotta per i componenti togati del Consiglio Superiore della Magistratura agli organi di governo delle altre magistrature.

Con riferimento al ricollocamento in ruolo dei magistrati che abbiano assunto incarichi elettivi, come già evidenziato nel precedente parere reso, appare pienamente condivisibile la scelta del legislatore di prevedere che i magistrati che abbiano assunto incarichi elettivi non possono, alla cessazione del mandato, essere riassegnati a funzioni giudiziarie, stanti le radicali trasformazioni intervenute nella società e nella politica, che impongono di ritenere che lo svolgimento di tali incarichi incide negativamente sull’immagine di imparzialità e di indipendenza dei magistrati e non è dunque compatibile con lo svolgimento di funzioni giudiziarie.

Tuttavia nel parere si sottolineano alcune criticità della disciplina (che in concreto prevede che magistrati ordinari possano svolgere funzioni amministrative presso il Ministero della giustizia ovvero che siano destinati allo svolgimento di un’attività “non direttamente giudiziaria”).

Il parere sottolinea, poi, plurimi profili di criticità dell’emendamento che ha ritenuto che gli incarichi apicali di diretta collaborazione (ed in particolare quello di Capo e Vice capo di uffici di diretta collaborazione, di Segretario generale della Presidenza del Consiglio dei ministri e dei Ministeri; di Capo e Vice capo di dipartimento presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri e dei Ministeri,  nonché presso consigli e giunte regionali), essendo frutto di una nomina di carattere fiduciario, debbano essere trattati alla stregua degli incarichi politici, prevedendo il divieto di esercizio di funzioni giudiziarie per il triennio successivo alla loro cessazione. Era, invero,  condivisibile l’impostazione originaria del DDL che, ritenendo gli incarichi apicali di diretta collaborazione, pur di natura tecnica, comunque particolarmente sensibili agli occhi della collettività, aveva dettato una disciplina che mirava ad evitare la strumentalizzazione da parte del magistrato di una posizione di indubbio potere, introducendo il divieto di presentare domanda per posti direttivi per i due anni successivi alla scadenza dell’incarico, così da fugare ogni dubbio circa l’esistenza di possibili carriere privilegiate.

Infine con ulteriore emendamento il governo ha inteso farsi carico di un complessivo riordino della materia relativa al collocamento fuori ruolo dei magistrati, raccogliendo le sollecitazioni volte – per diverse ragioni – a circoscrivere  le occasioni nelle quali il magistrato possa essere distolto dalla sua ordinaria attività lavorativa, sulla base di principi di delega di contenuto in larga parte coincidente con le disposizioni degli artt. 103 e seguenti della circolare consiliare n. 13778 in materia.

In proposito il parere si è soffermato su molti aspetti rilevanti della disciplina; nel rimandare al testo ricordiamo qui che si è sottolineato:

 

La Sezione Quinta del parere è stata approvata con 13 voti a favore (Braggion, Cascini, Celentano, Chinaglia, Ciambellini, Curzio, Dal Moro, Grillo, Marra, Miccichè, Pepe, Salvi, Suriano, Zaccaro), 6 voti contrari (Basile, Benedetti, Cavanna, Cerabona, Gigliotti, Lanzi) e 5 astenuti (Ardita, Balduini, D’Amato, Di Matteo, Ermini).

* * *

2. Incarichi di coordinamento nei Tribunali e delega delle funzioni presidenziali

Prosegue l’esame in Plenum delle proposte della Settima Commissione in tema di analisi dei progetti organizzativi delle Procure e di progetti tabellari dei Tribunali.

Nel corso del plenum di mercoledì è stata deliberata la non approvazione del progetto tabellare di un Tribunale con un organico di 23 giudici, oltre al giudice del lavoro, ad un presidente di sezione ed al presidente del Tribunale.

Segnaliamo, fra i tanti rilievi, quelli relativi all’eccessiva delega delle funzioni presidenziali da parte del dirigente del Tribunale.

Presso l’ufficio in esame è istituita una sezione penale (cui è assegnato un presidente di sezione e 12 giudici), e vi è poi un “settore civile” cui sono addetti 11 giudici, oltre al giudice del lavoro previsto dalla pianta organica.

In tale situazione, la soluzione organizzativa maggiormente conforme all’impianto della circolare sulle tabelle sarebbe stata quella di costituire un’autonoma sezione civile (che, peraltro, in concreto esiste al di là della denominazione alla stessa attribuita), presieduta dal presidente del Tribunale, essendo la sezione penale presieduta dal presidente di sezione.

Infatti, fra gli elementi caratterizzanti (e da noi fortemente voluto) della circolare sulle tabelle vi è l’onere per il dirigente di farsi carico della direzione delle sezioni (o dei settori) per i quali la pianta organica non preveda un presidente. Ciò al fine di evitare che il dirigente moltiplichi la nomina di coordinatori,  dunque di figure con funzioni semidirettive di fatto scelte al di fuori del circuito del governo autonomo, non solo perché si tratta di un possibile strumento di distribuzione di “medagliette” al di fuori di effettive competenze ed attitudini, ma soprattutto perché è necessario evitare che il dirigente si spogli delle funzioni organizzative o giurisdizionali connesse all’incarico dirigenziale che gli è stato conferito proprio in ragione dell’attitudine spesa e rivendicata in sede di concorso. Ferma restando la possibilità di nomina di un coordinatore in caso di assenza o impedimento della figura semidirettiva prevista in pianta organica, come previsto dall’art. 103 circ. tabelle

Invece, nella tabella in questione, il dirigente ha delegato tutte le competenze presidenziali civili e di volontaria giurisdizione ai magistrati del settore ed ha ritenuto di svolgere le funzioni giudiziarie in materia penale (proprio dell’ambito della sezione dotata di presidente).

Al netto della difficoltà di calcolare la quota di esonero dal lavoro giudiziario del suddetto dirigente, la delega delle funzioni presidenziali in materia di famiglia viola l’art. 89 della circolare sulle tabelle (“Delega per le funzioni presidenziali in materia di famiglia “) sotto diversi profili:

Sotto altro profilo, va evidenziato che le attività riservate ai presidenti di sezione dall’art. 47-quater dell’ordinamento giudiziario e dagli articoli 95 e 101 della circolare sulle tabelle (tra cui, ad esempio, la cura delle riunioni per lo scambio di informazioni sulle esperienze giudiziarie nel settore civile), non sono mai delegabili secondo il sistema tabellare: è previsto, piuttosto, dall’art. 107 circ. tab. che i Presidenti di tribunale di grandi dimensioni, possono ricorrere a magistrati che collaborino a specifiche attività presidenziali, previo interpello, e per le attività non espressamente riservate ai Presidenti di sezione.

* * *

L’imminente scelta delle sedi dei MOT: la compatibilità con le funzioni GIP GUP

La Settima Commissione ed il Plenum hanno fatto la prima applicazione, per il Tribunale minorenni di Caltanissetta, e i Tribunali di Piacenza e Caltagirone, della novella introdotta all’art 142 comma 2 della nuova Circolare sulle tabelle, che, ribadendo che i magistrati ordinari all’esito del tirocinio non possono esser destinati alle funzioni di giudice per le indagini preliminari e di giudice dell’udienza preliminare, prevede, però, una possibilità di deroga, che può essere posta in essere solo a specifiche condizioni e previa approvazione del Consiglio.

In particolare:

La previsione della possibilità di deroga, con precisi limiti e presupposti e con procedura di approvazione da parte del Consiglio, nasce dalla constatazione che in certi uffici ed in certe situazioni è inevitabile l’assegnazione dei MOT alle funzioni GIP; ma che, se ciò deve accadere, non può trattarsi di assegnazione “a sorpresa” ai MOT dopo la presa di possesso; al contrario, i presupposti debbono essere valutati dal Consiglio e ciò deve avvenire prima della scelta, così da consentire non solo una scelta consapevole, ma anche la possibilità per il MOT di svolgere appieno il periodo di tirocinio proprio per quelle funzioni

Detto percorso consentirà l’adozione di conformi variazioni tabellari all’atto della presa di possesso dei giovani nuovi magistrati, ai quali va il nostro particolare saluto in questo momento così importante per loro e per tutti gli uffici.

 

Vi racconteremo...

Alessandra, Ciccio, Elisabetta, Giuseppe, Mario