SETTEMBRE
19

Diario dal Consiglio del 19 settembre 2022

Stato di diritto
Risoluzione del Parlamento Europeo del 15 settembre 2022

Dedichiamo il Diario all’importante documento con cui il Parlamento europeo ha preso una posizione netta e critica verso l'Ungheria e la sua deriva autocratica.

Nella risoluzione approvata il 15 settembre l’Ungheria viene definita una “minaccia sistemica” ai valori fondanti dell'Unione europea e soprattutto una “autocrazia elettorale”.

Si tratta più di un forte segnale politico in quanto il Parlamento chiede l'intervento della Commissione e del Consiglio perché procedano con le misure previste dall’articolo 7 del Trattato sull’Unione Europea.

Nel testo della relazione si afferma che i valori sanciti dall'articolo 2 del Trattato sull’Unione Europea, tra cui la democrazia e i diritti fondamentali, si sono deteriorati nel Paese a causa dei “tentativi deliberati e sistematici del governo ungherese” di metterli a repentaglio, come le politiche migratorie, le politiche in tema di diritti delle persone LGBT, la progressiva compressione della libertà di stampa. 

Una deriva cui, secondo la risoluzione, ha contribuito, anche l'assenza di iniziativa delle istituzioni comunitarie.

Un anno fa abbiamo dedicato un seminario a un tema che oggi è divenuto ancora più attuale e purtroppo più drammatico con i risvolti violenti e impensabili della guerra che si sta combattendo in Europa.

A ricordarci che conquiste storiche come la Costituzione del 1948 e la base di principi fondamentali su cui si regge tutto il suo impianto non sono approdi scontati e definitivi e che la storia ci chiede di esserne vigili e appassionati custodi  

 

Plenum

1. Prima Commissione: tre delibere di archiviazione di pratiche per trasferimento d’ufficio per riflettere sulle distorsioni del governo autonomo emerse dal materiale proveniente dalla Procura di Perugia

Nel Plenum di mercoledì 15 settembre sono state discusse tre proposte di archiviazione di pratiche provenienti dalla Prima Commissione, originate dalla analisi del materiale trasmesso dalla Procura di Perugia (chat e intercettazioni).

Come abbiamo detto nei nostri interventi in Plenum, siamo convinti che, di fronte a quanto emerso in quella indagine, l’unico modo per recuperare la credibilità perduta fosse quello di dare una risposta pronta ed adeguata da parte di tutte le istituzioni coinvolte.

Per questo, abbiamo sempre ritenuto che fosse necessario che il Consiglio, con determinazione e metodo si assumesse la responsabilità di analizzare il complesso materiale emergente dagli atti di Perugia, e ne traesse, nel rispetto delle proprie competenze e dei confini delle diverse procedure consiliari, le conseguenze dovute: il trasferimento per incompatibilità ambientale, le valutazioni di professionalità, le nomine e le conferme per incarichi direttivi e semidirettivi, unitamente alla valutazione di rilievo disciplinare ove il Procuratore generale della Cassazione o il Ministro della giustizia avessero esercitato l’azione disciplinare.

La cosa più importante, a nostro avviso, per tutti i casi esanimati, era quella di lasciare traccia negli atti del Consiglio, e nei fascicoli personali degli interessati, dell’analisi del materiale e di un giudizio, anche deontologico, sulle condotte tenute. Più importante della eventuale applicazione di misure sanzionatorie o para-sanzionatorie, a volte impossibili solo per mere contingenze, in quanto più importante della sanzione sul singolo, era la assunzione di piena consapevolezza sul piano politico e culturale della gravità del fenomeno emerso.

Volendo trarre un bilancio al termine della consiliatura, va detto con onestà che non tutti, all’interno e fuori del Consiglio, hanno contribuito con lo stesso impegno e la stessa convinzione in questa direzione: alcuni hanno agito per difendere singole posizioni; altri, probabilmente, hanno pensato che l’istituzione non fosse abbastanza forte per reggere l’impatto di una operazione di verità così radicale. Il risultato, comunque, è che la risposta della istituzione non è stata sempre così pronta ed adeguata.

Questo non vuol dire che nulla è stato fatto, come pure sostenuto da alcuni colleghi e da certa stampa.

Finora, sulla base del materiale trasmesso da Perugia:

  1. sono stati celebrati processi disciplinari nei confronti di 14 magistrati conclusi con condanne in 12 casi, una assoluzione ai sensi dell’art. 3bis del d.l.vo 109 del 2006 e una assoluzione per insussistenza del fatto; sono ancora in corso processi nei confronti di altri 4 magistrati (uno proveniente da rigetto da parte della Sezione della richiesta di archiviazione avanzata dalla Procura Generale);
  2. su proposta della Prima Commissione:
    1. è stato disposto il trasferimento di ufficio ai sensi dell’art. 2 della legge sulle guarentigie nei confronti di 2 magistrati; altri 3 magistrati prima della proposta di trasferimento hanno chiesto ed ottenuto il trasferimento “in prevenzione” a seguito del quale le pratiche sono state archiviate; in altri 2 casi il trasferimento era già avvenuto in precedenza e per questo le pratiche sono state archiviate;
    2. in circa 20 casi è stata disposta l’apertura della procedura di trasferimento di ufficio e successivamente è stata disposta archiviazione per assenza dei presupposti. In tutti questi casi la delibera di archiviazione approvata dal Plenum contiene una analitica descrizione dei fatti accertati. Alcuni procedimenti sono invece sospesi per coincidenza con i fatti contestati in sede disciplinare.
      Complessivamente la Prima Commissione ha vagliato approfonditamente circa 50 posizioni;
  3. su proposta della V Commissione è stata deliberata in un caso la non conferma di un magistrato che ricopriva un incarico semidirettivo. Sono tuttora in discussione in V Commissione altre 6 pratiche di conferma di direttivi e semidirettivi, sulle quali quasi in ogni seduta Alessandra Dal Moro, praticamente da sola, sollecita una discussione;
  4. d) in diverse pratiche di Quinta Commissione per il conferimento di incarichi direttivi o semidirettivi le chat sono state prese in considerazione (a volte con delibera unanime, ovvero con proposte di maggioranza o anche di minoranza) come elemento negativo di valutazione sulla imparzialità e indipendenza del candidato.

In alcuni casi, però, come quelli all’esame di questa seduta, ma anche in altri casi già esaminati, l’assenza di una iniziativa disciplinare ha creato disagio e imbarazzo in alcuni di noi.

Da un lato, infatti, vi è la necessità di tenere fermo il rispetto dei limiti, dei presupposti e dei confini di un istituto delicato come il trasferimento di ufficio per incompatibilità ambientale, che mai deve essere distorto a fini sanzionatori; dall’altro, tuttavia, è forte il disagio, espresso negli interventi di alcuni consiglieri, per l’assenza di una risposta adeguata da parte delle istituzioni a fronte di fatti di indubbia gravità.

 

La pratica relativa al dottor Forciniti

La prima pratica riguardava la posizione del dott. Forciniti, attualmente giudice presso il Tribunale di Crotone.

Avevamo già riferito di essa in occasione del primo passaggio in Plenum, nell’aprile 2022; in quell’occasione, la proposta di archiviazione della Prima Commissione era stata respinta, a maggioranza, dal Plenum, con conseguente ritorno della pratica in commissione per meglio valutare il profilo della incompatibilità funzionale in relazione alle funzioni, allora svolte dal dott. Forciniti, di presidente di sezione presso il Tribunale di Crotone. Funzioni ormai cessate, ad agosto 2022, motivo per il quale la Prima Commissione ha riproposto la delibera di archiviazione, con proposta accolta a maggioranza (17 a favore, 3 contrari, 3 astenuti).

Indipendentemente dall’esito, che riteniamo coerente con il rispetto dell’articolo 2 LG, ciò che rileva è che nella delibera approvata dal Plenum viene data dettagliata descrizione dei fatti che avevano portato all’apertura della procedura, già contenuta nella precedente proposta. Fatti molto diversi da quelli esaminati dal Consiglio in relazione ad altre pratiche, pure originate dal materiale perugino: fatti importanti, che ricostruiscono crudamente, in sostanza, da un lato un certo modo di svolgere il mandato consiliare, dall’altro cosa effettivamente accadde nei primi nove mesi della presente consiliatura, fino all’esplosione del caso Hotel Champagne.

 

Fatti che non dovremmo dimenticare, soprattutto ora che si rinnoverà il Consiglio, e che tutti affermano di voler superare le logiche dell’appartenenza e degli accordi di voto a quelle funzionali;

Sotto il primo profilo, le interlocuzioni avvenute tra Palamara e Forciniti nel periodo in cui entrambi erano consiglieri CSM, hanno evidenziato come dal dott. Forciniti fossero state assunte decisioni: (a) “non già sulla base del merito delle singole questioni poste, bensì come reazione all’orientamento che, in altre procedure, altri consiglieri avevano assunto”; (b) “frutto di accordi di natura spartitoria tra consiglieri e gruppi associativi, trascurando anche in questi casi il merito dei singoli procedimenti e potenzialmente arrecando danno ai magistrati controinteressati”; (c) in “conseguenza dell’appartenenza associativa di questo o quel candidato ovvero delle dinamiche di natura associativa o elettorale”; (d) nelle quali, con riferimento a vicende aventi ripercussione sul distretto di provenienza del dott. Forciniti, emergeva “l’interesse al raggiungimento di obiettivi finalizzati all’acquisizione o al rafforzamento del consenso elettorale”. Oltre a quelle relative ai “contatti, diretti o indiretti, con il mondo della politica e il diretto interessamento per le future nomine cui poteva aspirare dopo il termine del mandato consiliare”.

Sotto il secondo profilo sono state esaminate le conversazioni ed i messaggi avvenuti nel periodo successivo al termine del mandato consiliare (26.9.2018-29.5.2019), non solo tra i dottori Palamara e Forciniti, ma anche tra costoro ed il dottor Cosimo Ferri, nonché con gli allora consiglieri Paolo Criscuoli, Corrado Cartoni, Gianluigi Morlini, Luigi Spina, Antonio Lepre. Da queste interlocuzioni emerge che il dott. Forciniti ed il dott. Palamara, pur dopo aver  dismesso le funzioni al Consiglio, hanno comunque proseguito non solo ad interessarsi delle dinamiche consiliari, ma ad ingerirsi nelle stesse, assumendo decisioni relative a specifici aspetti dell’assetto organizzativo del CSM (condivise in alcuni casi con altre persone estranee al Consiglio) e mantenendo, per attuarle, un continuativo contatto con alcuni dei consiglieri in carica. 

Risultano, invero, numerose interlocuzioni tra i dottori Forciniti e Palamara – ed alcune anche con il dottor Cosimo Ferri – aventi ad oggetto delicate decisioni che erano di spettanza unicamente dei consiglieri in carica, in quanto relative sia alla composizione e al funzionamento del Consiglio, sia alle procedure amministrative relative al conferimento di incarichi direttivi o semidirettivi. Interlocuzioni tradotte poi in esplicite direttive fornite ad alcuni dei consiglieri all’epoca in carica, tramite separate successive comunicazioni (poi condivise e di cui si discorre nei dialoghi acquisiti) alle quali si sono accompagnati periodici incontri che avvenivano presso l’abitazione del dott. Palamara, e che vedevano presenti, a volte, solo i dottori Palamara e Ferri, a volte, insieme a loro anche il dott. Forciniti, a volte anche alcuni dei consiglieri: il 2 ottobre 2018 risulta un incontro tra Palamara e Ferri; il 10 ottobre 2018 tra Palamara, Ferri, Forciniti, Cartoni; il 17 ottobre 2018 tra Palamara, Ferri, Spina, Lepre, Criscuoli; il 7 novembre 2018 tra Palamara, Ferri, Forciniti, Spina, Lepre, Cartoni; 12 febbraio 2019 tra Palamara, Ferri, Morlini e un uomo denominato “il biondo”; il 12 marzo 2019 tra Palamara (il quale qualche ora prima si era incontrato con Forciniti), Criscuoli, Cartoni, Spina, Lepre e verosimilmente Ferri (fatti peraltro ricostruiti puntualmente anche nelle sentenze disciplinari pronunciate e al vaglio, quanto agli ex consiglieri, delle SS.UU. in sede di impugnazione) .

In particolare, le interlocuzioni erano relative: (a) alla scelta del vice presidente del CSM; (b) alla scelta relativa alla composizione ed alle presidenze delle Commissioni consiliari (con particolare riferimento alla Quinta); (c) alla scelta del consulente giuridico del vice presidente; (d) alle scelte ed alle “strategie” relative alle nomine ad incarichi direttivi e semidirettivi, tra le quali quelle relative ai posti direttivi di interesse del dottor Forciniti ma anche quelle inerenti le decisioni per la nomina del Procuratore di Perugia e del Procuratore di Roma (vicenda poi culminata nel noto incontro all’hotel Champagne avvenuto nella notte tra l’8 ed il 9 maggio 2019, che ha portato a procedimenti disciplinari nei confronti dei magistrati Palamara, Ferri, Morlini, Cartoni, Criscuoli, Spina e Lepre), nomine in relazione alle quali il dott. Forciniti era vivamente interessato: la conversazione Palamara/Forciniti del 3 marzo 2019 in cui si discorre dello stretto legame che intercorre tra le due nomine dei Procuratori di Perugia e di Roma “che andranno, necessariamente, una a vantaggio di Unicost e l’altra di MI” e del fatto che la scelta dipende anche dalla “affidabilità” dei magistrati che verranno ivi nominati (indicati nei magistrati Primicerio e Viola), intesa come “uno che va là e gli si può dire quello che interessa … secondo me si può fare […] cioè proprio affidabile come uno che …è molto legato…cioè uno dei nostri ci vedo più Viola nel senso che faccio quello che dice Cosio (fonetico) però secondo me Leonida è uomo di mondo e se puntiamo su di lui, queste cose le capisce”…; lo scambio di messaggi Forciniti/Palamara la mattina del 9 maggio 2019, poche ore dopo la conclusione dell’incontro all’hotel Champagne, nei quali si fa riferimento alla “Ottima riunione ieri sera” ed al fatto che “Cosimo” è “Perfettamente allineato”; i messaggi tra i due del 14 maggio 2019 in cui si discute della necessità di convincere uno dei candidati (dott. Creazzo) a revocare la domanda; i messaggi del 21 maggio 2019 in cui si discute di quello che deve fare la Quinta commissione (se e quando fare le audizioni dei candidati; quando votare, etc).

Queste interlocuzioni, protrattesi per mesi, non si riducevano mai a meri ragionamenti o scambi di opinioni: si trattava di precise scelte e determinazioni, formulate sempre al plurale (chiudiamo, facciamo, dobbiamo pianificare, ecc), quasi che gli interlocutori fossero, essi stessi, ancora componenti del Consiglio, accompagnate dal riferimento a quanto si dirà o si è detto ai “propri” consiglieri di fare;  tanto che in un dialogo vi è una esortazione a “coinvolgerli (i consiglieri in carica), se no pare che li scavalchiamo”.

Per questi fatti non è stata esercitata l’azione disciplinare nei confronti del dott. Forciniti .

Tuttavia, non per questo  deve essere forzato lo strumento dell’articolo 2 L.G.

Non vi erano i presupposti di applicazione di quest’ultimo istituto: non una incompatibilità ambientale, perché le condotte non avevano diretta connessione con la sede attualmente occupata; non una incompatibilità funzionale in relazione alle funzioni semidirettive (istituto, peraltro, inedito e tutto da esplorare), perché tali funzioni erano ormai cessate.

Per questo abbiamo votato a favore dell’archiviazione della pratica di trasferimento, salve le diverse valutazioni della vicenda in altre sedi consiliari. Per i motivi sopra detti, però, ci siamo impegnati nella chiara e completa traduzione in delibera di fatti che tutti auspichiamo non si ripetano più.

 

La pratica relativa alla dott.ssa Di Girolamo

E’ stata poi trattata la pratica relativa alla dottoressa Laura Di Girolamo, presidente del Tribunale di Grosseto dall’1.10.2018. Si tratta di pratica sempre proveniente dagli atti del procedimento Palamara, in relazione alla quale il Plenum ha, a maggioranza (8 a favore, 6 contrari, 7 astenuti), deliberato l’archiviazione della procedura di trasferimento ex articolo 2. In sintesi, in relazione al posto attualmente occupato dal magistrato, erano avvenute plurime interlocuzioni con il dottor Palamara ed anche incontri con altri componenti del Consiglio, finalizzate, da parte della dott.ssa Di Girolamo, ad ottenere la pubblicazione dei posti ai quali aspirava e ad essere sostenuta per la nomina o quanto meno a “presentarsi” ai consiglieri. Anche in questo caso la pratica era stata precedentemente rimandata in Commissione per rivalutare l’incidenza delle comunicazioni che erano avvenute rispetto alla possibilità di prosecuzione, da parte del magistrato interessato, nell’ esercizio delle funzioni direttive nella sede occupata, e ciò considerando sia la natura delle funzioni – direttive – svolte, sia il fatto che le comunicazioni erano proprio relative a quello specifico posto poi occupato. A seguito di ulteriore istruttoria, la Commissione, a maggioranza, ha riproposto l’archiviazione.

In questo caso, la decisione da assumere era molto delicata, sia con riferimento alla particolare configurabilità dell’incompatibilità “funzionale” in relazione a funzioni direttive e semidirettive, astrattamente ipotizzabile (ma in questo caso non seguita da concrete criticità nell’esercizio della funzione obiettivamente valutabili) sia in relazione al fatto che il Plenum, peraltro non sempre con il nostro voto favorevole, aveva già archiviato analoghe situazioni.

Per questo abbiamo scelto di astenerci al momento della votazione finale.

 

La pratica relativa al dott. Canepa.

E’ stata inoltre deliberata l’archiviazione della pratica, sempre di articolo 2 e sempre relativa al materiale proveniente da Perugia, relativa al dottor Marco Canepa.

Anche in questo caso le interlocuzioni avevano evidenziato l’attivazione del dottor Canepa, presso il dottor Palamara all’epoca consigliere, per ottenere il posto semidirettivo poi occupato, di presidente di sezione penale al Tribunale di Savona, ove aveva preso possesso il 19.7.2018. In questo caso, però, dall’istruttoria svolta dalla Commissione erano emerse concrete criticità, successivamente all’emersione e pubblicazione delle chat ed anche in collegamento ad esse, che avevano generato una oggettiva compromissione dei rapporti interni all’ufficio, con incidenza sul sereno svolgimento del lavoro. Va dato atto che nel corso della procedura, il dott. Canepa non solo ha omesso la presentazione dell’autorelazione finalizzata alla conferma nell’incarico semidirettivo, così rinunciando allo svolgimento delle funzioni nel quadriennio successivo, ma ha anche presentato domanda di trasferimento in prevenzione al Tribunale di Genova, ove è stato effettivamente trasferito dal Plenum a luglio 2022.

Venute meno le ragioni dell’incompatibilità, sia ambientale che funzionale, la pratica è stata archiviata.

2. La Pianta Organica Flessibile: prima pubblicazione

Sempre nel corso del Plenum del 15 ottobre, su proposta della Terza Commissione, è stato deliberato il primo bando concernente le piante organiche flessibili che, come noto, sono state previste in sostituzione della vecchia figura del magistrato distrettuale, con la previsione, per rendere maggiormente “appetibile” la nuova funzione, di benefici sia di carattere economico che giuridico.

Si tratta di un primo intervento di parziale copertura degli organici delle piante flessibili, posto in essere proprio per far fronte alle crescenti difficoltà in cui operano gli uffici giudiziari a causa della notevole carenza di magistrati (le vacanze, infatti, raggiungono un tasso medio nazionale del 16%). Proprio tale carenza, peraltro, ha permesso un intervento di carattere parziale e, allo stato, limitato ai soli uffici giudicanti.

La speranza è che, grazie anche ai benefici collegati, si possa giungere a una copertura dei posti banditi (purtroppo, precedenti bandi relativi a posti per magistrato distrettuale non hanno avuto esito positivo per assenza di domande) e che poi la “flessibilità” di questo istituto consenta di offrire un rimedio, seppure limitato per assenza di risorse, a particolari situazioni di criticità derivanti dalla scopertura degli organici.

3. Quinta Commissione

a) La nomina del Presidente di sezione di Avellino: una riflessione oltre gli indicatori specifici

Nel corso del Plenum di mercoledi è stata discussa la pratica relativa alla nomina del Presidente di sezione civile del Tribunale di Avellino.

La Commissione aveva licenziato due proposte:

proposta a) in favore del dott. Sossio Pellecchia (cons D’Amato rel., Lanzi);

proposta b) in favore del dott. Califano (cons. rel. Dal Moro).

Astenuti i cons. Ardita, Gigliotti, Ciambellini.

La partica era tornata in Commissione con decisione plenaria della seduta precedente poiché – come rilevato dal dott. Califano in una nota dal medesimo trasmessa alla Quinta Commissione dopo la pubblicazione delle due proposte – in ragione di una inesattezza del parere attitudinale specifico e della stessa autorelazione, non era stata correttamente inquadrata l’esperienza svolta al Tribunale di Nola, che risultava avvenuta nell’esercizio di funzioni  promiscue (civili e penali) anziché nell’esercizio esclusivo di funzioni civili, con occasionali e specifiche supplenze in  processi penali, come corretto e risultante dal parere del CG reso in occasione della valutazione di professionalità per il passaggio (come era allora) a funzioni di consigliere d’appello:  aspetto rilevante agli effetti di commisurare correttamente la durata dell’esperienza maturata nel settore civile, oggetto dell’incarico.

A seguito della correzione della delibera e della conseguente valutazione comparativa dei due aspiranti, oggettivamente, il dott. Califano risultava possedere un’esperienza  più prolungata (in ragione di 5 anni) nell’esercizio delle funzioni giudicanti in ambito civilistico (indicatore specifico di cui all’art. 15, lett. a) oltre che una più prolungata esperienza nell’esercizio di fatto di funzioni direttive di una sezione civile (maturati sia presso il Tribunale di Nola per poco meno di 4 anni, che presso il Tribunale di Avellino, per 1 anno, tra il 2014 e il 2015; a fronte dell’esperienza  complessiva  di più di un anno e mezzo del dott. Pellecchia presso la seconda sezione civile del Tribunale di Avellino tra il 2004 e il 2006)

A nostro avviso, dunque, a fronte di due profili professionali senz’altro idonei e corredati da risultati positivi nell’esercizio della giurisdizione come in quello organizzativo/ direttivo, la prevalenza del profilo attitudinale del  dott. Califano, alla luce del T.U. (che peraltro, all’art. 27  attribuisce specifico valore in sede comparativa alla durata dell’esperienza giurisdizionale nel settore di riferimento) trovava fondamento, nell’ampia variegata e prolungata esperienza maturata dal magistrato nell’esercizio delle funzioni giudicanti in ambito civilistico, svolte per oltre 25 anni e mezzo, nei più diversi ambiti del diritto civile sostanziale e processuale, nonché nelle rilevanti doti organizzative e direttive che il candidato ha avuto modo di dimostrare principalmente nel contesto delle significative esperienze di presidente di sezione civile facente funzioni,  maturate sia presso il Tribunale di Nola che presso il Tribunale di Avellino, ma anche nell’ambito delle rilevanti esperienze di collaborazione presso il Tribunale di Napoli, attestate molto positivamente in concreto dai risultati conseguiti compiutamente descritti nei pareri attitudinali.             

All’esito della discussione è prevalsa la proposta A) in favore del dott. Pellecchia  con 12 voti (cons. Balduini, Basile, Braggion, Cavanna, Cerabona, Ciambellini, D’amato,  Grillo, Lanzi,   Marra,  Miccichè, Procuratore Generale Salvato);

mentre la proposta B) in favore del dott. Califano ha riportato 10 voti (cons. Ardita, Celentano, Cascini, Chinaglia, Dal Moro, Di Matteo, Pepe, Suriano, Zaccaro). Astenuti il Primo Presidente Curzio e il cons. Donati; assente cons. Gigliotti.

La pratica è di interesse a nostro parere perché spesso – e soprattutto in campagna elettorale – si sente invocare la necessità di criteri obiettivi che consentano una maggior trasparenza e leggibilità delle decisioni, oltre che una loro coerenza interna e stabilità a fronte del fisiologico sindacato di legittimità che interviene su decisioni che sono sì di alta amministrazione, ma pur sempre tenute a reggersi entro una cornice di criteri decisori che devono rendere leggibile e coerente l’esercizio della discrezionalità dell’organo di governo autonomo, criteri, peraltro, da questo individuati in modo autonomo, previa intesa con il Ministro (qual è il TU sulla dirigenza).

A noi pare che in questo caso i criteri predeterminati di scelta fossero eloquenti, a fronte di un profilo professionale anche nella sostanza del tutto rispondente alle esigenze attitudinali richieste.

Tuttavia ci pare che proprio pratiche come queste, dismostrino come sia del tutto sovradimensionato l’impegno che al Consiglio (e a tutto il complesso sistema del governo autonomo) è richiesto per la designazione a svolgere  incarichi  semidirettivi, che sono tantissimi (troppi, l’abbiamo detto spesso, se si considerano, specie nei grandi tribunali con sezioni specializzate, le effettive funzioni di ausilio alla dirigenza che implicano) e che ben potrebbero essere individuati negli uffici stessi,  in autonomia e con la relativa scelta responsabile (con sistemi di rotazione o tabellari), con enorme sgravio del Consiglio e riduzione dei tempi per attività e scelte  ben più essenziali e complesse.

 

A questo proposito vogliamo ricordare che la Quinta Commissione allo stato sta prendendo in considerazione le vacanze di incarichi direttivi e semidirettivi risalenti ad un anno fa, avendo, peraltro, sospeso la trattazione di pratiche anche ben anteriori  in ragione di incroci di domande di aspiranti proposti in pratiche a proposta plurima che devono essere decise dal Plenum;  e che per le conferme la situazione è anche più critica dal momento che – come è agevole verificare dall’odg di commissione – molte  scadenze del quadriennio sono risalenti addirittura al 2020.

Molti sono i fattori su cui si dovrebbe ragionare per venire a capo di un tale ritardo rispetto alla previsione fisiologica del TU che vorrebbe che le nomine fossero contestuali alla vacanza effettiva del posto (almeno quando detta vacanza è prevedibile oggettivamente con largo anticipo, come avviene per i collocamenti a riposo o le scadenze degli ottenni)

Ma, certo, decongestionare il lavoro del Consiglio è una necessità: e non solo in quest’ambito, se si vuole recuparare funzionalità, alleggerendo anche l’attività dei consigli giudiziari. Infatti illuminante appare un’indagine comparativa richiesta da noi all’ufficio statistico che dimostra che i tempi medi di nomina per gli incarichi direttivi (min. 307 gg. della scorsa consiliatura e max 367 gg. dell’attuale) e semidirettivi (min. 257 gg. della scorsa consiliatura e max 371 gg. dell’attuale) sono sostanzialmente omogenei e sempre estremamente elevati (rispetto alle esigenze di funzionalità degli uffici) e molto condizionati dal segmento che riguarda l’istruttoria dei CG.

4. Settima Commissione: la cornice della valutazione delle scelte organizzative nel progetto organizzativo di una Procura della Repubblica

Nel Plenum di giovedì mattina è stata trattata la pratica relativa al progetto organizzativo della Procura di Bologna. La proposta unanime della Commissione conteneva alcuni rilievi sul progetto, in particolare in tema di attribuzione di incarichi di collaborazione ai magistrati dell’Ufficio.

All’inizio della discussione Giuseppe Cascini ha chiesto il ritorno in Commissione della pratica per un approfondimento sulla scelta di ridurre da cinque a quattro i componenti della DDA della Procura di Bologna. Va premesso che la circolare sulla organizzazione degli uffici di procura prevede che il numero di componenti della DDA di regola non sia inferiore ad un quarto dei componenti dell’Ufficio, potendo il Procuratore fissare un numero inferiore solo con adeguata motivazione. Avendo la Procura di Bologna 25 sostituti procuratori il numero di cinque era già inferiore ad un quarto. La scelta di una ulteriore riduzione era stata motivata dal Procuratore esclusivamente in ragione della riduzione del numero degli affari iscritti a modello 21. Nel suo intervento Giuseppe ha fatto notare come la riduzione del numero degli affari potrebbe dipendere da una regressione del fenomeno criminale sul territorio oppure da una azione poco incisiva degli apparati investigativi. In questo secondo caso sarebbe stato al contrario opportuno un rafforzamento della DDA. Per questo era necessario un approfondimento istruttorio da parte della Commissione per verificare la tipologia degli affari trattati e le attività investigative intraprese dagli apparati investigativi. Dopo una breve discussione la proposta di ritorno in Commissione è stata approvata con 9 voti a favore e 7 contrari (A favore del ritorno in Commissione hanno votato: Ardita, Cascini, Chinaglia, Dal Moro, Di Matteo, Marra, Pepe, Suriano, Zaccaro; contro hanno votato: Balduini, Braggion, Celentano, Ciambellini, D’Amato, Grillo, Miccichè; astenuti gli altri). Ci sembra una decisione importante, in quanto rivendica  un ruolo di controllo da parte del Consiglio sulle scelte organizzative delle Procure di carattere sostanziale e non meramente burocratico:  non si tratta  infatti di discutere il merito di scelte organizzative del Procuratore della Repubblica, come obiettato da qualcuno nel dibattito, ma di valutare  se le stesse siano state assunte alla luce dei criteri previsti dalla circolare, che richiede anzitutto che il progetto si regga su una scrupolosa analisi della realtà criminale del territorio.

 

Vi racconteremo …

Alessandra, Ciccio, Elisabetta, Giuseppe, Mario