Diario dal Consiglio del 19 febbraio 2022
Lunedì arriveranno nelle sedi giudiziarie gli addetti all’ufficio per il processo.
Sappiamo, e lo abbiamo detto più volte, anche in occasioni ufficiali, che non saranno – da soli – sufficienti per eliminare l’arretrato che affligge la giustizia italiana.
Siamo anche consapevoli del grave rischio che gli obiettivi del PNRR possano spingere gli uffici verso una non accettabile deriva produttivistica.
Sappiamo che i primi mesi saranno complicati e si dovrà verificare la formazione degli addetti all’ufficio per il processo, le loro dotazioni tecnologiche e si dovranno risolvere i problemi logistici della loro sistemazione nei nostri disastrati tribunali.
Oggi, però, vogliamo ringraziare i colleghi che, con generosità e fantasia, si stanno sforzando, in tutti gli uffici, per trovare le soluzioni organizzative, logistiche, formative che consentano di utilizzare questa nuova risorsa per lavorare tutti meglio (e magari anche un po’ meno).
Plenum
L’organizzazione degli uffici: limiti di legittimità della “sostituzione dei collegi” di fronte al problema di cause di impedimento, incompatibilità astensione e ricusazione
Con una recente delibera il Consiglio si è occupato di una variazione tabellare riguardante la sezione penale dibattimentale adottata dal Presidente del Tribunale di Reggio Calabria (in vista della imminente presa di possesso di due m.o.t.) nella parte in cui prevede, per l’ipotesi di assenza, impedimento, astensione o ricusazione di uno dei componenti del collegio, la sostituzione tra collegi predeterminati (c.d. sostituzione collegiale), in luogo della sostituzione del magistrato assente, impedito, astenuto, ricusato (c.d. sostituzione individuale).
Poiché affronta questioni di principio assai importanti – in quanto involgenti il principio del giudice naturale precostituito per legge – con riguardo ad una previsione tabellare (c.d. “sostituzione dei collegi”) che risulta adottata anche nelle previsioni tabellari di altri tribunali, ci pare che la delibera meriti diffusa conoscenza.
Il Consiglio Giudiziario aveva formulato, a maggioranza, parere contrario all’approvazione della variazione per la “parte in cui si prevede che il processo, in relazione al quale sia intervenuta la dichiarazione di astensione, la ricusazione o l’impedimento di un componente venga trattato da altro collegio, secondo i criteri meglio specificati in seno al medesimo decreto”; e ciò, in sintesi, per: la natura personale delle cause di astensione, ricusazione e impedimento; il disposto dell’art. 43 c.p.p., che fa riferimento alla sostituzione del singolo giudice (e non dell’intero collegio); l’art. 161 circ. tab. 20/22 che prevede espressamente la sostituzione del singolo magistrato; più in generale, il principio di immutabilità del giudice nel sistema processuale penale.
Il Dirigente, d’altro canto, nelle controdeduzioni rilevava che la soluzione organizzativa era stata adottata “all’esito di una ponderata valutazione della peculiare estrema difficoltà di gestione del Tribunale distrettuale di Reggio Calabria conseguente alla complessità che lo contraddistingue per qualità, quantità e tipologia di affari trattati”; e sottolineava che la variazione tabellare rispondeva all’unico fine di “rendere effettivo il principio di buon andamento della Pubblica Amministrazione e … garantire un servizio efficiente e credibile”, attraverso collegi tabellari alternativi “stabili” anziché collegi “straordinari”; ciò sul ritenuto presupposto che il giudice naturalmente precostituito, nel caso di giudice collegiale, “è l’intero collegio che è composto da tre individualità soggettivamente individuate dal sistema tabellare” e che l’ipotesi alternativa, consistente nella creazione di “collegi straordinari rispetto ai quattro tabellarmente previsti”, avrebbe creato “inevitabile inefficienza e rallentamento dell’attività giurisdizionale”.
Il Consiglio ha, anzitutto, effettuato una ricognizione della normativa che presidia, attuandola, la garanzia costituzionale del giudice naturale precostituito per legge (art. 25 Cost.) precisando che la stessa distingue la regolamentazione tabellare delle ipotesi di sostituzione per astensione e ricusazione, da quelle della supplenza per assenza o impedimento temporanei:
- l’ 7-bis dell’ordinamento giudiziario rimette alle tabelle triennali la regolamentazione, tra le altre cose, della “formazione dei collegi giudicanti”, sulla base dei criteri stabiliti dal Consiglio; il successivo art. 7-ter ord. giud. prevede che il Consiglio stabilisce i criteri obiettivi e predeterminati per l'assegnazione degli affari alle singole sezioni ed ai singoli collegi e giudici (comma 1), nonché “i criteri per la sostituzione del giudice astenuto, ricusato o impedito” (comma 2); infine l’art. 43 cpp., coerentemente con tali norme, chiarisce che “Il giudice astenuto o ricusato è sostituito con altro magistrato dello stesso ufficio designato secondo le leggi di ordinamento giudiziario”.
- la vigente circolare sulle tabelle per il triennio 2020/2022 (come del resto le precedenti) da un lato prevede un complesso di norme volte a definire la composizione dei collegi (artt. 195-202) e i criteri per l’assegnazione degli affari (artt. 157-170), dall’altro stabilisce che le tabelle degli uffici giudiziari giudicanti devono contenere “i criteri per la sostituzione del giudice astenuto, ricusato o impedito” (art. 2, comma 1, lettera g), specificando, poi, all’art. 161 che “Nelle proposte tabellari sono indicati i criteri che saranno seguiti per la sostituzione di magistrati astenuti, ricusati o comunque impediti. I criteri assicurano l’identificazione del magistrato in base a parametri oggettivi e di regola automatici. 3. Il provvedimento di sostituzione è congruamente motivato e indica specificamente le ragioni e le modalità della scelta, soprattutto nel caso di deroga ai criteri automatici previsti in tabella”;
quindi la circolare sulle tabelle si occupa della disciplina della sostituzione del giudice in caso di astensione, ricusazione e impedimento; - la circolare in materia di supplenze, assegnazioni e applicazioni ( P- n. 11315 del 26 giugno 2018) tra le altre cose, disciplina, invece, la sostituzione del magistrato in caso di assenza o di impedimento temporanei, mediante l’istituto della supplenza, prevedendo che nella tabella vanno indicati i supplenti o i relativi criteri di individuazione (art. 8 e Titolo II, artt. da 20 a 39).
Alla luce di tale ricognizione ha concluso che:
- la circolare sulle tabelle si occupa delle sostituzioni rispetto alle cause che importano la definitiva impossibilità per il magistrato di svolgere le funzioni di cui è titolare (astensione, ricusazione, impedimento);
- mentre la circolare in materia di applicazioni e supplenze disciplina soltanto le ipotesi di temporanea e transitoria indisponibilità del giudice ad esercitare le funzioni che gli sono attribuite (assenza e impedimento temporanei);
- entrambe pongono a carico dei dirigenti l’onere tabellare (indistintamente per il settore civile e per il settore penale): a) di indicare criteri oggettivi e automatici di sostituzione dei magistrati astenuti, ricusati o comunque impediti; b) di indicare nominativamente i magistrati supplenti, ovvero i criteri oggettivi ed automatici per l’individuazione del supplente in caso di assenza o impedimento temporanei di ciascun magistrato dell’ufficio.
Onere che, in una prospettiva di semplificazione, il Dirigente ben potrà assolvere prevedendo un’unica categoria di criteri oggettivi e automatici, destinata ad avere effetto sia a fronte di cause definitive che di cause transitorie di impossibilità o indisponibilità del magistrato originariamente individuato.
Ciò premesso il Consiglio ha affermato i seguenti principi:
- la regola generale risiede senza dubbio nella sostituzione (o supplenza) del singolo giudice per il quale si realizza la causa ostativa, sia essa definitiva o solo transitoria; per tre ordini di ragioni:
- la natura soggettiva delle cause ostative (non riferibili all’organismo collegiale);
- il tenore letterale della normativa – primaria (art. 97 O.G.) e secondaria ( le diverse norme della circolare tabelle) – che regolamenta le sostituzioni e le supplenze (che contemplano esclusivamente criteri riferiti al singolo giudice e al singolo componente del collegio, e giammai la sostituzione dell’intero organismo collegiale);
- la ratio del principio del giudice naturale precostituito per legge che implica sia soddisfatta una duplice esigenza: da un lato assicurare che i magistrati componenti il collegio siano preventivamente e nominativamente designati, nella proposta o nella variazione tabellare, sulla base di criteri oggettivi e di regola automatici; dall’altro impedire che la sostituzione per astensione, ricusazione, assenza o impedimento, possa rappresentare il mezzo mediante il quale “spogliarsi” di un processo o – nella prospettiva della parte – “scegliere” il collegio da cui essere giudicati; duplice esigenza che è di regola garantita proprio dalla sostituzione individuale e predeterminata.
- la “sostituzione collegiale” può costituire eccezione alla regola laddove la causa sottesa alla sostituzione consenta di preservare la ratio del giudice naturale precostituito per legge; come può ritenersi avvenga a fronte di talune cause di incompatibilità (che come noto, rientrano tra le cause di astensione e ricusazione).
Se, infatti, l’elenco contenuto nell’art. 36 c.p.p., attiene ad un insieme di situazioni, soggettive e individuali, che, ove si realizzino – è bene ribadirlo – non possono per le ragioni dette che dar luogo alla sostituzione del singolo magistrato interessato, tuttavia, non può non tenersi conto delle esigenze di funzionalità degli uffici e di efficienza dei servizi giudiziari.
Soprattutto in quelle sedi dove – per le dimensioni, la carenza di organico e il turn over, associati a notevoli flussi degli affari, ovvero ad una considerevole mole di processi con numerosi imputati detenuti – le diffuse incompatibilità tra g.i.p., g.u.p., giudici del riesame e giudici del dibattimento determinerebbero, ove si ammettesse la sola sostituzione individuale (con la formazione, quindi, di collegi straordinari), evidenti disfunzioni e complicazioni nella gestione delle risorse, nella distribuzione degli affari e nella trattazione dei processi.
All’unico fine di scongiurare l’inevitabile rallentamento e la conseguente inefficienza dell’attività giurisdizionale, pertanto, nei soli casi in cui ricorra taluna delle situazioni di incompatibilità stabilite dall’art. 34 c.p.p. (relativo alla incompatibilità del giudice determinata da atti compiuti nel procedimento) e dall’art. 35 c.p.p. (inerente alle incompatibilità per ragioni di parentela, affinità o coniugio tra giudici, da estendersi alle ipotesi di convivenza, contemplate dall’art. 19 o.g.), espressamente richiamati dall’art. 36 lett. g (a sua volta richiamato dall’art. 37 lett. a) potrà essere ritenuta ammissibile, in deroga alla regola generale, la sostituzione del collegio con altro collegio, in luogo di quella del singolo magistrato interessato dall’incompatibilità.
Nei casi di incompatibilità citati, invero, in quanto ancorati a dati preesistenti, certi ed oggettivi, immediatamente ed inequivocabilmente verificabili, la sostituzione del collegio non contrasta con l’esigenza (sottesa alla normativa in materia di sostituzioni), di impedire che l’individuazione del collegio competente a trattare il processo possa essere il frutto della scelta del singolo componente che si astiene o della parte che avanza istanza di ricusazione.
In tali ipotesi tuttavia, perché la deroga sia funzionale al principio del giudice naturale precostituito per legge, è necessario:- che il collegio chiamato in sostituzione sia individuabile sulla base di criteri oggettivi e predeterminati, espressamente indicati nelle tabelle o nelle variazioni tabellari, che garantiscano l’identificazione nominativa dei componenti;
- che siano, altresì, espressamente indicati, nelle tabelle o nelle variazioni tabellari, ulteriori criteri, oggettivi e predeterminati, che soccorrano ove le cause di incompatibilità interessino, in successione, anche i componenti del collegio indicato quale sostituto.
2. L’operatività della regola della ultradecennalità per i giudici in servizio presso la sezione famiglia e tutele che maturino il limite di permanenza decennale nel corso del 2022 in attesa dell’entrata in vigore della riforma in materia.
Il Presidente del Tribunale di Milano ha chiesto se il principio affermato nell’art. 1, comma 24, lett. f) della legge 26 novembre 2021, n. 206, che, nel prevedere l’istituzione del Tribunale per le persone, per i minorenni e per le famiglie, ha stabilito il principio della ultradecennalità delle funzioni dei giudici assegnati al predetto ufficio, il medesimo si possa ritenere acquisito al nostro ordinamento, sebbene l’operatività del nuovo Tribunale per la famiglia-minori sia differita nel tempo (2023); e quindi se i giudici della sezione famiglia e della sezione tutele, che maturino il limite di permanenza decennale nel corso del 2022, possano ritenersi sottratti alla regola opposta del divieto di permanenza ultradecennale nella medesima sezione.
Pur dovendosi dar atto che la mancanza di una normativa transitoria sul punto crea disfunzioni negli uffici e la perdita, nelle more, di quelle professionalità che la mutata regola dell’ultradecennalità mira a conservare, il Consiglio non ha potuto che affermare che nell’attesa dell’effettiva istituzione del Tribunale per la famiglia (essendo la legge n. 206 una legge delega) non possa che farsi applicazione del sistema normativo attualmente in vigore sul divieto di permanenza ultradecennale nella medesima posizione tabellare, di cui all’art. 19 del d.lgs. 160 del 2006 (“i magistrati che esercitano funzioni di primo e secondo grado possono rimanere in servizio presso lo stesso ufficio svolgendo le medesime funzioni o, comunque, nella stessa posizione tabellare o nel medesimo gruppo di lavoro nell'ambito delle stesse funzioni, per un periodo stabilito dal Consiglio superiore con proprio regolamento tra un minimo di cinque ed un massimo di dieci anni a seconda delle differenti funzioni”) e all’art. 2 del Regolamento in materia di permanenza nell’incarico presso lo stesso ufficio alla luce della modifica introdotta dal d.lgs. 160 del 30 gennaio 2006 come modificato dalla legge 30 luglio 2007, n. 111 (Delibera del 13 marzo 2008 e succ. mod. all’11 febbraio 2015) (“E’ stabilito il termine massimo di permanenza di dieci anni nella stessa posizione tabellare o nel medesimo gruppo di lavoro per i magistrati che svolgono funzioni – per quello che qui interessa – negli uffici giudicanti di primo grado composti da almeno due sezioni e una sezione”).
3. L’attività della terza Commissione e i tempi della pubblicazione delle sedi per i MOT
Fitto è stato il calendario dei lavori della terza Commissione che ha condotto, questa settimana, a diverse delibere del Plenum.
Anzitutto, sono stati approvati due bandi per la Corte di Cassazione: il primo ha riguardato nove posti per il settore civile e l’altro, invece, 11 posti per il settore penale di cui uno riservato alla cosiddetta categoria juniores.
Un terzo bando è stato, poi, deliberato per l’accesso al Massimario (10 posti).
E’ nota la scopertura di organico che ha ormai superato il 13% del ruolo dei magistrati.
Tuttavia, la percentuale di scopertura del Massimario ė superiore al triplo della media di scopertura degli uffici Giudiziari (ci sono infatti 32 posti vacanti su 67 in organico) raggiungendo così un livello tale che un intervento volto a sopperire in parte a tale notevole disavanzo è apparso necessario.
Così come è parso necessario procedere ad un nuovo concorso per la Cassazione (ufficio in estrema difficoltà per il carico di lavoro dei consiglieri) tenendo conto anche dei tempi molto più prolungati delle operazioni che, come tutti sanno, impongono la valutazione operata dalla commissione tecnica.
Molte altre delibere di plenum hanno riguardato i primi trasferimenti del settore requirente disposti a seguito del recente bando di primo grado del dicembre scorso, i cui termini per la presentazione delle domande sono scaduti a gennaio.
In commissione sono stati trattati quasi tutti i trasferimenti anche relativamente al settore giudicante per completare nel più breve tempo possibile tutti i trasferimenti, così da avere il quadro definitivo delle vacanze degli uffici di cui tenere conto per l’individuazione, entro la prima settimana del prossimo mese, delle sedi riservate ai MOT che sceglieranno il prossimo 29 marzo.
4. La riforma della magistratura onoraria: i concorsi per la stabilizzazione e altri aspetti di interesse
Con l’emendamento alla legge di Bilancio intitolato “Disposizioni in materia di magistratura onoraria” il Governo ha inteso dare risposta alle sollecitazioni provenienti dalla Commissione europea in ordine alle problematiche relative al rapporto di impiego dei magistrati onorari, a seguito della lettera di costituzione in mora inviata in data 15 luglio 2021, con la quale viene preannunciato l’avvio di una procedura d’infrazione contro l’Italia. Tale emendamento ha ad oggetto la disciplina relativa ai magistrati onorari già in servizio alla data di entrata in vigore del decreto legislativo n. 116 del 2011 c.d. Orlando, rispetto ai quali si è creata una situazione difficile per le continue conferme annuali dei giudici onorari in servizio operate ex lege dal Parlamento in sede di legge finanziaria o di stabilità, le quali hanno determinato un forte contenzioso sia sindacale che giudiziario, sfociato: a) nella pronuncia del 16.7.2020 della CGUE (che ha riconosciuto la qualifica di lavoratore a tempo determinato ai magistrati onorari); b) nella messa in mora dell’Italia nella procedura di infrazione operata dalla Commissione Europea in data 15.7.2021 che ha individuato come potenzialmente discriminatorie nei confronti dei magistrati onorari alcune condizioni di impiego (la mancata previsione di un'indennità per gravidanza, malattia e infortunio; l’obbligo di iscrizione alla gestione separata presso l’INPS; le differenti modalità retributive e di trattamento economico; il diverso regime fiscale; la mancata previsione di ferie annuali retribuite per i giudici onorari che abbiano assunto le loro funzioni prima del 16 agosto 2017; la mancata previsione del rimborso delle spese legali per procedimenti disciplinari).
L’intervento normativo sostituisce l’art. 29 del D.Lgs. 116/17 introducendo un nuovo articolo rubricato “Contingente ad esaurimento dei magistrati onorari in servizio”, che:
- stabilisce che i magistrati onorari in servizio al 15 agosto 2017 possano essere confermati a tempo indeterminato a domanda sino al compimento del settantesimo anno di età, creando, così, una nuova categoria, ad esaurimento, dei magistrati onorari confermati;
- disciplina la nuova conferma, richiedendo il positivo superamento di una procedura valutativa, da tenersi su base circondariale e con cadenza annuale nel triennio 2022-2024 consistente in un colloquio orale innanzi ad una commissione di valutazione (composta dal presidente del tribunale o da un suo delegato, da un magistrato che abbia conseguito almeno la seconda valutazione di professionalità designato dal Consiglio giudiziario e da un avvocato iscritto all’albo speciale dei patrocinanti dinanzi alle magistrature superiori designato dal Consiglio dell’Ordine) su un caso pratico vertente sul settore (civile o penale) in cui i candidati hanno esercitato, in via esclusiva o comunque prevalente, le funzioni giurisdizionali onorarie;
- stabilisce che i magistrati che non presentano domanda di partecipazione alla procedura di valutazione per la conferma cessano dal servizio;
- prevede che i magistrati che non accedano alla conferma – tanto nell’ipotesi di mancata presentazione della domanda, quanto in quella di mancato superamento della procedura valutativa di cui si è detto – avranno diritto ad una indennità determinata in misura forfettaria a titolo di ristoro integrale delle perdite subite per la illegittima reiterazione del rapporto onorario e parametrata alla durata e quantità del servizio prestato (salva la facoltà di rifiutarla, la percezione di questa misura economica, cosi come la domanda di partecipazione alla procedura di valutazione, comportano rinuncia ad ogni ulteriore pretesa di qualsivoglia natura conseguente al rapporto onorario);
- disciplina il regime economico dei magistrati confermati;
- dispone che i magistrati onorari confermati, entro il termine di trenta giorni dalla comunicazione dell’esito della procedura valutativa di cui al comma 3, possono optare per il regime di esclusività delle funzioni onorarie (con diverso regime economico), esclusività che comporta che a costoro non si applica l’articolo 1, comma 3, della legge Orlando ovvero la limitazione dell’impegno richiedibile (non superiore a due giorni a settimana) che resta invece applicabile ai magistrati onorari che optino per la non esclusività delle funzioni onorarie.
Abbiamo già riferito delle serie perplessità manifestate dal Consiglio nel parere su questo intervento. In quella sede il Consiglio ha ribadito che è assolutamente necessario, per garantire la funzionalità degli uffici giudiziari, che si proceda contestualmente all’avvio delle procedure concorsuali per il reclutamento dei nuovi magistrati onorari secondo le modalità individuate dal d.lgs. 116/2017, considerato che: il fabbisogno di magistrati onorari era stato cristallizzato nel d.m. del Ministro dell’economia e delle finanze, del 22 febbraio 2018, e nell’art. 3, comma 1, del d.lgs. n. 116 del 13 luglio 2017, in 8000 unità complessive; non tutti i magistrati onorari in servizio accederanno alla procedura di stabilizzazione; non tutti quelli che faranno domanda, conseguiranno la necessaria valutazione positiva; per bandire ed espletare le tre distinte procedure concorsuali abbinate alle tre fasce d’anzianità di servizio individuate dal legislatore, occorrerà un tempo considerevole.
Allo stato il Ministero sta procedendo alla rideterminazione della pianta organica anche su base distrettuale.
Sicché sino a che detta rideterminazione il Consiglio non può procedere a bandire i concorsi per le nuove assunzioni; l’ottava Commissione sta, comunque, lavorando per bandire al più presto le procedure di stabilizzazione a cominciare dai magistrati onorari che hanno oltre 16 anni di servizio.
Con delibera del Plenum del 17 febbraio è stato chiarito che la sopravvenuta modifica della normativa primaria con riguardo al limite di età determina ope legis la modifica del requisito anagrafico di permanenza nelle funzioni; sicché i magistrati che onorari che – alla data di entrata in vigore della novella ovvero al 1 gennaio 2022 – non siano cessati dal servizio, devono intendersi autorizzati alla prosecuzione dello svolgimento delle funzioni nel regime fin qui osservato sino al raggiungimento del nuovo limite anagrafico di settanta anni o, comunque, fino al completamento della procedura di conferma disciplinata dalla novellato articolo 29.
Vi racconteremo...
Alessandra, Ciccio, Elisabetta, Giuseppe, Mario