GIUGNO
18

Diario dal Consiglio del 18 giugno 2021

Dedichiamo il Diario al ricordo di Stefano Rodotà di cui il 23 giugno ricorre il quarto anniversario della scomparsa

“L’autonomia della magistratura fu voluta dai costituenti – l’hanno ricordato Scalfaro e Andreotti – proprio come garanzia che i diritti delle minoranze non venissero cancellati dalla maggioranza di turno. L’autonomia non garantisce i magistrati, garantisce i cittadini. E mette un limite alla legittimazione politica: dice che la legittimazione popolare non autorizza chi vince le elezioni a mettere le mani sui diritti. … È un punto cardinale dell'impianto costituzionale, se cade questo scricchiola tutto”.

(da una intervista a Ida Dominijanni nel maggio 2008)

 

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Il Plenum

La modifica del T.U. della dirigenza in materia di conferme

Su proposta della Quinta Commissione è stata approvata all’unanimità la modifica del TU della dirigenza nella parte relativa al procedimento di conferma di direttivi e semidirettivi.

Si tratta di un risultato a nostro parere molto importante, che avevamo promosso con la richiesta di apertura di una specifica pratica il 21.3.2019, e che ha visto un lungo e condiviso lavoro in commissione conclusosi con una proposta che ha visto correlatori i cons. Marra, Cascini e Miccichè. L’importanza della riforma sta nel fatto che è volta a conferire maggiori affidabilità e concretezza alla valutazione delle attitudini direttive dimostrate dai magistrati all’esito del primo quadriennio di esercizio delle funzioni direttive o semidirettive; ovvero a quell’istituto ordinamentale, la “conferma”, cui appare strettamente connaturato il concetto di temporaneità delle funzioni direttive o semidirettive e che riafferma congruamente la natura di “servizio” della funzione di direzione.

A fronte di un dato molto scarno di normativa primaria (gli artt. 45 e 46 del Dlg n. 160/2006) il Consiglio è intervenuto a dettare una disciplina di dettaglio sia per aspetti procedimentali che di merito (Parte IV del Testo Unico sulla Dirigenza Giudiziaria, circolare n. P 14858 del 28.7.2015) di cui da tempo e da più parti, si affermava  la necessità al fine di rendere più incisiva e penetrante la verifica sull’attività svolta e sui risultati conseguiti: per valutare in concreto e sul campo l’effettivo possesso di quella attitudine direttiva affidata spesso ad una operazione di tipo predittivo, fondata prevalentemente sulla qualità dell’attività giudiziaria svolta fino a quel momento; ma anche per evitare di creare un meccanismo di progressione nella carriera dirigenziale di tipo burocratico e legato al dato puramente formale del pregresso svolgimento dell’incarico senza demerito.

In particolare – come avevamo preannunciato con una descrizione puntuale delle novità nel Diario del 21 maggio cui rimandiamo – la riforma prevede una approfondita istruttoria del Consiglio Giudiziario sull’attività svolta dal dirigente in conferma, anche con il coinvolgimento dei magistrati dell’ufficio. Un’istruttoria che è favorita da format (specifici per ogni tipologia di ufficio) per la redazione dell’autorelazione, del rapporto informativo e del parere del Consiglio Giudiziario, che implicano il vaglio necessario di quegli aspetti di fatto che consentono, in modo omogeneo e semplificato, uno scrutinio sull’attività svolta dai direttivi e semidirettivi basato su elementi obiettivi e non su valutazioni ed aggettivi, spesso altisonanti, ma disancorati dai risultati dell’attività organizzativa.

Una delle criticità più rilevanti nell’attività del CSM riguarda, infatti, il tema delle valutazioni, sia quelle per la progressione in carriera che per la conferma dei dirigenti. Non tanto per l’aspetto quantitativo degli esiti positivi, che è fisiologico, anche se è spesso oggetto di critica nel dibattito pubblico, quanto per la carenza di elementi di conoscenza sull’attività svolta in concreto dal magistrato da valutare.

Sulla previsione di detti specifici format si è sviluppato il dibattito assembleare poiché alcuni consiglieri ritenevano che la loro introduzione irrigidisse eccessivamente il sistema favorendo un’impronta dirigista e burocratica dell’attività del Consiglio.

A nostro parere, invece, l’introduzione di “modelli obbligati” è un tratto qualificante della riforma che, senza detti strumenti, rischierebbe di restare una dichiarazione di intenti, facilmente eludibile ove gli interessati dalla procedura di conferma, i dirigenti chiamati a redigere i rapporti informativi e i Consigli Giudiziari non fossero tenuti a confrontarsi con i requisiti valutativi che la stessa introduce. Inoltre, l’utilizzo di strumenti uniformi consente quell’ omogeneità dei criteri redazionali che semplifica il lavoro degli organi di governo autonomo e scongiura il rischio che stili altosonanti di redazione finiscano per influenzare impropriamente ed in modo ingiustificato un giudizio che deve essere sobrio ed attinente ai risultati.

L’emendamento proposto per sopprimere l’uso dei format ha registrato 4 voti a favore (cons. Ardita, Celentano, D’Amato e Di Matteo) ed è stato respinto a larga maggioranza.

Nel corso del dibattito in Plenum si è, inoltre, discusso dell’introduzione di una norma che prevedesse la possibilità di sospensione del procedimento di conferma in caso di pendenza di un procedimento penale o di un procedimento disciplinare nei casi in cui l’esito del procedimento di conferma dipenda esclusivamente dall’accertamento del fatto in sede penale o disciplinare. La Quinta Commissione aveva proposto di introdurre tale previsione allo scopo di regolare (e limitare) una prassi in base alla quale il procedimento di conferma veniva automaticamente sospeso in caso di pendenza di un procedimento penale o disciplinare, con l’effetto paradossale, però, di pervenire, proprio nei casi più problematici, alla valutazione di conferma con grande ritardo, anche dopo lo scadere del secondo quadriennio. Proprio sulla base di tali considerazioni il cons. Gigliotti aveva proposto un emendamento soppressivo di tale previsione, ritenendo che in nessun caso il procedimento di conferma andasse sospeso. All’esito del dibattito, al fine di evitare che l’assenza di una previsione specifica facesse rivivere la prassi della sospensione automatica, l’emendamento soppressivo è stato respinto ad ampia maggioranza, mentre è stato approvato un emendamento subordinato, proposto sempre dal cons. Gigliotti che prevede che la sospensione del procedimento debba essere deliberata dal Plenum.

All’esito, il Plenum ha approvato all’unanimità la proposta. Il testo coordinato sarà disponibile nei prossimi giorni sul sito del CSM.

Crediamo che con questa riforma il Consiglio contribuisca a migliorare l’efficacia e la trasparenza della sua azione in un settore molto importante e delicato e nel contempo sottolinei che le funzioni di direzione degli uffici sono un munus per il quale è necessario possedere specifica attitudine e non la tappa di un percorso di carriera in contrasto con il principio costituzionale di pari dignità di tutte le funzioni.

Nomina del Presidente del Tribunale di Foggia

Nel corso del plenum di mercoledì è stata trattata, tra le altre, la pratica della Quinta Comissione relativa alla nomina del Presidente del Tribunale di Foggia per la quale erano state formulate in commissione due proposte: proposta A), relatore cons. Ciambellini, in favore della dott.ssa Anna De Simone (votanti i consiglieri Ciambellini e Miccichè; astenuti i consiglieri Marra e Donati); proposta B) relatore cons. Lanzi, in favore del dott. Sebastiano Luigi Gentile (votanti i consiglieri Lanzi e Cascini; astenuti i consiglieri Marra e Donati).

All’esito della discussione plenaria è prevalsa la proposta B) con 12 voti (Basile, Benedetti, Cascini, Cerabona, Chinaglia, Dal Moro, Donati, Gigliotti, Lanzi, Marra, Suriano, Zaccaro), mentre la proposta A) ha ottenuto 8 voti (Balduini, Braggion, Cavanna, Celentano, Ciambellini, D’Amato, Grillo, Miccichè). 5 sono state le astensioni (Ardita, Di Matteo, Pepe, Curzio e Salvi).

Abbiamo condiviso, in Commissione e in Plenum, la proposta del relatore cons. Lanzi in favore del dott. Gentile, in quanto, a nostro avviso, risultava prevalente in tutti gli indicatori, generali e speciali, in ragione della più lunga e variegata esperienza come semidirettivo (oltre 10 anni come Presidente di sezione in primo e in secondo grado, a fronte di meno di 6 anni di esperienza in un incarico di Presidente di sezione in primo grado della dott.ssa De Simone), e della più lunga esperienza professionale come giudice in primo e in secondo grado. Inoltre, il dott. Gentile ha una (consistente) maggiore anzianità di ruolo, per cui ci è sembrato non vi fosse alcuna ragione per escluderlo.

Nomina del Presidente di sezione del Tribunale di Ascoli Piceno

Anche per la nomina del Presidente di sezione del Tribunale di Ascoli Piceno (settore promiscuo) erano state formulate in commissione due proposte: proposta A), relatore cons. Cascini, in favore della dott.ssa Alessandra Panichi (votanti i consiglieri Cascini, Marra, Ciambellini, Donati; astenuto il consigliere Lanzi); proposta B) relatore cons. Miccicchè, in favore della dott.ssa Rita De Angelis (votante il consigliere Miccichè; astenuto il consigliere Lanzi).

All’esito della discussione plenaria è prevalsa la proposta A) con 18 voti (Ardita, Basile, Benedetti, Cascini, Cavanna, Celentano, Cerabona, Ciambellini, Chinaglia, Dal Moro, Donati, Gigliotti, Grillo, Lanzi, Marra, Pepe, Suriano, Zaccaro), mentre la proposta B) ha ottenuto 4 voti (Balduini, Braggion, D’Amato, Miccichè). Astenuti Di Matteo e Salvi.

Anche in questo caso abbiamo ritenuto che la dott.ssa Panichi, oltre ad essere più anziana in ruolo, fosse prevalente in tutti gli indicatori, in ragione della maggiore e più variegata esperienza professionale come giudice in primo e in secondo grado.

Altre nomine

Sono state, invece, approvate all’unanimità le proposte di nomina del dott. Alessandro D’Alessio come Procuratore di Castrovillari, del dott. Alberto Celeste come Presidente della sezione lavoro della Corte d’Appello di Roma, del dott. Guido Pani come Procuratore aggiunto alla Procura di Cagliari, del dott. Antonio Spanu come Presidente di sezione del Tribunale di Sassari.

Quesiti formulati dal Consiglio Giudiziario di Roma sul termine di validità del parere attitudinale per il conferimento dell’ufficio direttivo o semidirettivo

Il Presidente della Corte d’Appello di Roma ha sottoposto i seguenti quesiti formulati dal Consiglio Giudiziario di Roma in data 13.1.2021:

  1. se il parere attitudinale per il conferimento dell’ufficio direttivo o semidirettivo abbia in ogni caso validità quadriennale ai sensi dell’art. 57 Testo Unico Dirigenza o se tale validità sia limitata alle ipotesi di parere positivo, in assenza di elementi negativi sopravvenuti, e non anche alle ipotesi di parere negativo;
  2. qualora sia riconosciuta validità quadriennale al solo parere positivo, quali siano i presupposti in presenza dei quali occorre procedere a nuova valutazione del magistrato a fronte di un parere attitudinale negativo espresso nel quadriennio precedente;
  3. se il Consiglio Giudiziario che ritenga “errato” o, comunque, non condivisibile, per ragioni di fatto o di diritto, un precedente parere (positivo o negativo) per il conferimento dell’ufficio direttivo o semidirettivo adottato nel quadriennio precedente, sia legittimato a compiere una nuova valutazione di merito e ad emettere nuovo parere;
  4. se, successivamente alla scadenza di validità quadriennale di un parere positivo, il Consiglio Giudiziario possa, per esprimere parere negativo, prendere in considerazione fatti precedenti al primo parere e non sopravvenuti ad esso.

Il Consiglio si è espresso all’esito di un’articolata disamina delle fonti normative di natura primaria e secondaria vigenti in materia di dirigenza giudiziaria (DLg. n. 160/2006, emanato in seguito alla legge di delega n. 150/2005, e successiva legge n. 111/2007; circolare n. 14858, cd “Testo Unico sulla dirigenza giudiziaria”).

L’art. 56 del TU sulla Dirigenza stabilisce che il parere attitudinale specifico redatto dal Consiglio Giudiziario deve contenere i dati riguardanti gli indicatori specificati al Capo I, Parte II del TU (indicatori generali e specifici), mentre la valutazione relativa al merito è sostituita da un richiamo alla corrispondente valutazione contenuta nell’ultimo parere, in senso cronologico, per il conseguimento della valutazione di professionalità, salvo che siano sopravvenuti elementi curriculari negativi di cui è richiesta specifica indicazione e valutazione.

Quanto all’efficacia del parere, l’art. 57 del TU stabilisce che esso è valido per un quadriennio a decorrere dalla data in cui è stato reso.

Nella risposta al quesito, il Consiglio ha chiarito che l’efficacia quadriennale del parere opera sia in caso di parere positivo che in caso di parere negativo.

L’art. 58 del TU prevede che, qualora il parere attitudinale non debba essere richiesto dall’aspirante in ragione della permanente validità di altro precedentemente reso, il candidato comunica la domanda di partecipazione al concorso al dirigente dell’ufficio di appartenenza e trasmette la documentazione integrativa. Il dirigente dell’ufficio di appartenenza e il Consiglio Giudiziario provvedono, rispettivamente, alla redazione del rapporto informativo e alla formulazione del parere solo nell’ipotesi in cui risultino elementi negativi che incidano sulla valutazione finale; nell’ipotesi contraria, il dirigente dell’ufficio segnala l’insussistenza di tali elementi al Consiglio Giudiziario, che ne dà comunicazione al Consiglio Superiore nei limiti in cui condivida tale segnalazione.

Nella norma non si rinviene la possibilità per il dirigente dell’Ufficio e per il Consiglio Giudiziario, in caso di parere negativo, di fornire elementi positivi che possano incidere sulla valutazione.

Tuttavia, tale asimmetria è apparsa irragionevole, poiché la regola della stabilità nel quadriennio degli effetti del parere attitudinale (che risponde ad un’esigenza di economicità e speditezza dell’azione amministrativa) deve essere adeguatamente bilanciata con quella di fornire al Consiglio un quadro conoscitivo completo e aggiornato del profilo del magistrato (esigenza sottesa alla regola enunciata al comma 2 dell’art. 58, TU sulla dirigenza).

Sicché appare corretto prevedere che, anche nel caso di parere negativo, il dirigente dell’ufficio ed il Consiglio Giudiziario possano comunicare elementi positivi sopravvenuti significativi, provvedendo rispettivamente alla redazione di un nuovo rapporto ed alla formulazione di un nuovo parere.

Tuttavia, non ogni elemento sopravvenuto ha questo carattere, ma solo quello che, per la sua capacità dimostrativa, è in grado di sovvertire un precedente parere negativo (es. l’annullamento, in sede di contenzioso, di una valutazione di professionalità negativa che aveva determinato il precedente parere contrario, ovvero di una valutazione di professionalità positiva dopo la precedente negativa o non positiva); mentre è da escludersi la riedizione del parere attitudinale nel caso in cui si reputi “non condivisibile” per ragioni di fatto o di diritto la precedente decisione. Diversamente – attraverso una sorta di autoannullamento del parere già espresso – si finirebbe per condizionare l’efficacia del parere quadriennale al personale punto di vista dei diversi componenti del Consiglio Giudiziario.

Tuttavia, nel caso in cui nella redazione del parere non sia stato considerato un dato oggettivo di sicura valenza, almeno in astratto, positiva o negativa, già esistente all’epoca in cui fu reso, e ignorato per un errore di fatto o di diritto (es. una condanna disciplinare riportata dal magistrato, perché non conosciuta – errore di fatto – oppure perché non apprezzata alla stregua dell’art. 37 del TU sulla Dirigenza giudiziaria in base al quale la sanzione della perdita dell’anzianità o la condanna alla censura per fatti commessi nel decennio sono, di regola, preclusive al conferimento di un incarico direttivo o semidirettivo – errore di diritto –), il Consiglio Giudiziario deve esprimere un nuovo parere, dando conto dell’elemento pretermesso, “nuovo” nell’accezione indicata, benché preesistente.

Infine, ove il Consiglio Giudiziario sia chiamato ad esprimere un nuovo parere per avere quello precedente perso validità, la valutazione deve ritenersi assolutamente ampia, con la conseguenza che potranno essere rivalutati, anche con diverso esito, fatti oggetto del precedente parere: infatti, diversamente da quanto previsto per le valutazioni di professionalità, per le quali viene in considerazione l’attività svolta dal magistrato nell’ultimo quadriennio, il parere attitudinale è riferito all’intero percorso professionale dell’aspirante avuto riguardo alle caratteristiche dell’ufficio richiesto. Tuttavia, onde scongiurare che possa risultare integrato un vizio di legittimità dell’azione amministrativa nella figura dell’eccesso di potere per contraddittorietà dell’azione amministrativa, in caso di diversa valutazione degli stessi elementi occorrerà una motivazione sul punto “rafforzata”, che dia conto della maggiore o diversa valenza conferita a ciascun elemento di valutazione alla luce del ricostruito, complessivo profilo professionale del magistrato, in relazione allo specifico ufficio semidirettivo richiesto.

In sintesi:

  1. il parere attitudinale espresso dal Consiglio Giudiziario per il conferimento di un ufficio direttivo o semidirettivo, ai sensi dell’art. 57 TU sulla Dirigenza, ha valenza quadriennale sia che si tratti di parere positivo, sia che si tratti di parere negativo;
  2. il Consiglio Giudiziario procede, in costanza di quadriennio, alla riedizione del parere attitudinale solo in presenza di elementi nuovi (sopravvenuti o preesistenti, ma omessi o valutati in conclamata difformità da norme primarie o secondarie), positivi o negativi, quando questi siano in grado di incidere sul nucleo di fatti che hanno motivato il precedente parere;
  3. il presupposto essenziale della novità, nel senso testé indicato, esclude che il Consiglio Giudiziario, in assenza di elementi nuovi, solo per effetto di una diversa valutazione dei medesimi dati preesistenti, possa riemettere il parere;
  4. una volta decorso il periodo di vigenza del parere attitudinale, il Consiglio Giudiziario rivaluta integralmente il profilo professionale del magistrato, potendo così attribuire diversa valenza anche ad elementi già apprezzati, ma, in tal caso, ove siano diversamente valutati fatti precedenti, si profila un onere di motivazione rafforzata al fine di evitare vizi di eccesso di potere per contraddittorietà o illogicità dell’azione amministrativa.

 Vi racconteremo … buon lavoro e buona settimana

Alessandra, Ciccio, Elisabetta, Giuseppe, Mario