DICEMBRE
16

Diario dal Consiglio del 16 dicembre 2021

Giustizia riparativa, il Consiglio d’Europa firma la Dichiarazione di Venezia

Si è conclusa il 16 dicembre, con la firma della “Dichiarazione di Venezia, la Conferenza dei Ministri della Giustizia dei Paesi del Consiglio d’Europa, dedicata alla giustizia riparativa aperta il 13 dicembre 2021.

Gli Stati membri, dopo due giorni di riflessioni e testimonianze, hanno adottato un documento congiunto per invitare il Consiglio d’Europa e gli stati membri ad incoraggiare il ricorso alla giustizia riparativa in particolare con i minori autori di reato e  a considerarla parte essenziale della formazione degli operatori del dirittoconsiderando, tra l’altro  “la giustizia riparativa non solo come un semplice strumento nell’ambito dell'approccio tradizionale alla giustizia penale, ma come una cultura più ampia che dovrebbe permeare il sistema di giustizia penale basato sulla partecipazione della vittima e del reo su base volontaria, così come di altre parti interessate e della comunità allargata nell'affrontare e riparare il danno causato dal reato” e  sottolineando che “il corretto utilizzo della giustizia riparativa… può contribuire anche a migliorare il modo in cui le nostre società si occupano dei colpevoli e delle vittime e richiede pertanto adeguate risorse finanziarie e umane, che dovrebbero essere viste come un investimento nel futuro e favorenti la sicurezza e il benessere delle nostre società.

 

Plenum

1. Ancora sulle Procure: il tema della “assegnazione degli affari per categorie relative alla qualifica soggettiva dell’indagato”

Nel Plenum di mercoledì 15 dicembre sono stati esaminati i progetti organizzativi delle Procure di Perugia, Ascoli Piceno, Spoleto e Biella e si è così nuovamente discusso il tema della riserva di assegnazione al Procuratore di categorie di procedimenti individuati esclusivamente in base alla qualifica soggettiva dell’autore del reato. In tutti i suddetti progetti era prevista l’autoassegnazione, al Procuratore, di tutti i procedimenti, per qualsivoglia titolo di reato, a carico di ufficiali o agenti di PG o anche di dipendenti dell’amministrazione della giustizia (reati commessi da agenti od ufficiali di pg per reati commessi nell’esercizio delle funzioni, Perugia; da coloro che sono ufficiali o agenti di polizia giudiziaria o che sono dipendenti dell’Amministrazione della giustizia, Ascoli Piceno; pubblici ufficiali o incaricati di pubblico servizio, Spoleto; forze dell’ordine per reati commessi nell’esercizio o a causa delle proprie funzioni o comunque collegati a tali funzioni, Biella).

Il tema era stato già trattato nel Plenum del 3 novembre 2021, in relazione ai progetti organizzativi delle Procure di Bologna (sotto la diversa declinazione della creazione di un gruppo di lavoro relativo a reati commessi da appartenenti dalla polizia giudiziaria nell’esercizio delle funzioni) e di Ivrea (come riserva di autoassegnazione al Procuratore dei procedimenti a carico di ufficiali o agenti di polizia e a carico di dipendenti del Ministero della Giustizia).

Come in quell’occasione, anche in questa le pratiche sono giunte al Plenum con due diverse proposte da parte della Commissione.

Nelle proposte A (votate dai consiglieri Suriano e Pepe) si formulavano osservazioni alla scelta sopra indicata, ritenendola, seppur non contraria a normativa primaria e secondaria, criticabile sul piano della ragionevolezza, in quanto:

In questa diversa prospettiva, che è quella della disciplina secondaria in vigore, l’esigenza di particolare attenzione nello svolgimento delle indagini che obiettivamente potrebbe sussistere in alcuni procedimenti a carico delle categorie indicate, sarebbe bene soddisfatta con la predisposizione di un dovere di informazione da parte del singolo sostituto (ad esempio per mezzo della previsione dell’ obbligo di apposizione del visto o dell’obbligo di riferire), ferma restando l’attribuzione dei procedimenti iscritti, secondo le generali regole di assegnazione per materia.

 

In ragione di tali considerazioni, con particolare riferimento alla Procura di Perugia (unica distrettuale tra quelle trattate), con un emendamento da noi presentato alla proposta A, si è introdotto nella delibera l’estensione delle osservazioni critiche già formulate anche alla previsione della “riserva di assegnazione al Procuratore” dei procedimenti ex art. 11 c.p.p.; infatti, tale norma di legge si limita a prevedere un criterio di attribuzione di competenza territoriale in relazione ai procedimenti nei quali i magistrati assumano la qualità di persona sottoposta ad indagine, imputata, ovvero di persona offesa o danneggiata dal reato, ma non crea una categoria di procedimenti meritevoli di autonoma trattazione “per materia” o per tecniche di indagine. Pertanto, la regola della generalizzata autoassegnazione al Procuratore di tutti questi procedimenti, indipendentemente dal tipo di reato, si presta alle medesime critiche sopra esplicitate, sul piano della ragionevolezza, con riferimento ad altre categorie di “autore di reato”. Del resto anche in tal caso le obiettive ragioni di delicatezza e le esigenze di celere trattazione, sicuramente spesso sussistenti, ben potrebbero essere soddisfatte attraverso la predisposizione di un dovere di informazione da parte del singolo sostituto (in termini di apposizione del visto di conoscenza o dell’obbligo di riferire), ovvero anche con una “riserva di auto assegnazione o di codelega” del Procuratore da adottare con provvedimento motivato ai sensi dell’art.10 della Circolare.
Peraltro, l’attuale dirigenza della Procura di Perugia, come emerge da una nota pervenuta al Consiglio, si è orientata a modificare proprio in tal senso il progetto organizzativo che era stato predisposto dal predecessore per il triennio 2017-2019.

Vale la pena sottolineare – essendo stato oggetto del dibattito plenario – che questo orientamento critico non è affatto in contrasto con una precedente delibera relativa al progetto organizzativo della Procura di Caltanissetta, nella quale non si espressero osservazioni rispetto alla previsione di costituzione di un gruppo di lavoro incaricato dei reati ex art. 11 cpp, in quanto si trattava di un caso del tutto diverso: nel progetto organizzativo di Caltanissetta era previsto che del gruppo “articolo 11” facessero parte tutti i magistrati dell'ufficio, e pertanto non vi era né un gruppo esclusivo né tanto meno una autoassegnazione al Procuratore: vi era una distribuzione a pioggia dei fascicoli, con assegnazione automatica sulla base del criterio della provenienza territoriale dei magistrati indagati/persone offese, che trovava una ragionevole spiegazione nell’analisi della realtà criminale del territorio (la Procura di Caltanissetta è competente ex articolo 11 sul distretto di Palermo), e nella necessità di valorizzare le specifiche situazioni territoriali in relazione a siffatti procedimenti in cui i magistrati assumono, in particolare, la qualità di persona offesa.

Con altro emendamento da noi presentato è stata altresì introdotta una ulteriore osservazione critica, per la Procura di Spoleto, relativa alla regola della autoassegnazione al Procuratore di tutti i reati contro la Pubblica Amministrazione. Anche in questo caso, invero, pur trattandosi di previsione attinente ad una categoria indicata per “oggetto” (e non per “soggetto”), non ci è parsa condivisibile la scelta di accentrare in capo al Procuratore tutti i procedimenti coinvolgenti pubblici ufficiali, trattandosi di materia particolarmente delicata per la quale, invece, appare particolarmente utile la circolazione di esperienze tra più magistrati dell’ufficio. Anche in questo caso, inoltre, la disposizione rischiava di consentire una elusione della regola della circolare in ordine all’obbligo di adeguata motivazione per i casi di deroga alla assegnazione automatica, in quanto il Procuratore, quale assegnatario originario di tutti i procedimenti in materia, potrebbe procedere a deleghe e/o coassegnazioni senza motivazione e senza alcun criterio automatico.

Le proposte B (votate dai consiglieri D’Amato e Ciambellini), al contrario, non formulavano alcun rilievo critico a tutte le previsioni sopra indicate, affermando che “la necessità (per il Procuratore) di fissare criteri obiettivi e trasparenti per la designazione dei magistrati incaricati di svolgere le indagini preliminari e la conseguente azione penale si pone solo dopo che il procuratore della Repubblica abbia deciso di non avvalersi dei poteri a lui esclusivamente conferiti dall’articolo 70 comma 3 RD 12/1941”. In sintesi, secondo le proposte B:

 

Abbiamo convintamente votato le proposte A.

Le affermazioni contenute nelle proposte B, a nostro avviso, finiscono per avallare un modello verticistico dell’ufficio di Procura difforme rispetto al precetto costituzionale secondo il quale i magistrati si differenziano solo per funzioni. Inoltre, contengono una (implicita, ma chiara) valutazione di presunta inadeguatezza dei magistrati più giovani alla trattazione di determinate categorie di affari, che non condividiamo. Infine snaturano il significato della previsione dell’articolo 10 della circolare sulle Procure sul dovere di adeguata motivazione per i casi di autoassegnazione, di coassegnazione o di assegnazione in deroga ai criteri automatici, di fatto costruendo una sfera di intangibilità delle scelte di riserva di autoassegnazione.

Costituiscono, in definitiva, a nostro parere, un passo indietro nella affermazione del potere del Consiglio di verificare la coerenza dei progetti organizzativi delle procure con i principi che ne costituiscono la cornice normativa e costituzionale.

Alla luce di alcune argomentazioni che sono state espresse nel dibattito teniamo a fare alcune precisazioni:

 

Dopo ampio dibattito, sono state approvate per tutte e quattro le pratiche le proposte A, seppure con maggioranze lievemente diversificate:

PERUGIA: proposta A 10 voti (Ardita, Cascini, Cerabona, Chinaglia, Dal Moro, Di Matteo, Marra, Pepe, Suriano, Zaccaro), proposta B 7 voti (Balduini, Benedetti, Braggion, D’Amato, Donati, Lanzi, Miccichè), astenuti 6 (Basile, Cavanna, Celentano, Ciambellini, Gigliotti, Grillo).

ASCOLI PICENO: proposta A 10 voti (Cascini, Cavanna, Cerabona, Chinaglia, Dal Moro, Di Matteo, Marra, Pepe, Suriano, Zaccaro), proposta B 7 voti (Balduini, Basile, Benedetti, Braggion, D’Amato, Lanzi, Miccichè), astenuti 4 (Celentano, Ciambellini, Gigliotti, Grillo).

SPOLETO: proposta A 10 voti (Cascini, Cavanna, Chinaglia, Dal Moro, Di Matteo, Marra, Pepe, Salvi, Suriano, Zaccaro), proposta B 6 voti (Balduini, Braggion, Cerabona, D’Amato, Lanzi, Miccichè), astenuti 6 (Basile, Benedetti, Celentano, Ciambellini, Donati, Grillo).

BIELLA: proposta A 8 voti (Cascini, Chinaglia, Dal Moro, Di Matteo, Marra, Pepe, Suriano, Zaccaro), proposta B 7 voti (Balduini, Braggion, Cerabona, D’Amato, Donati, Lanzi, Miccichè), astenuti 6 (Basile, Benedetti, Cavanna, Celentano, Ciambellini, Grillo).

 

Può quindi affermarsi il consolidato orientamento del Consiglio sulla linea interpretativa indicata dalle proposte A, e ciò in piena coerenza con l’identico esito che aveva avuto, nel Plenum del 3 novembre 2021, l’esame della medesima questione in relazione al progetto organizzativo della Procura di Ivrea (12 voti proposta A): Benedetti, Cascini, Cavanna, Cerabona, Chinaglia, Dal Moro, Di Matteo, Gigliotti, Marra, Pepe, Suriano, Zaccaro; 8 voti proposta B): Balduini, Braggion, Celentano, Ciambellini, D’Amato, Grillo, Lanzi, Miccichè; 4 astenuti: Ardita, Basile, Curzio, Donati).

Rimane, tuttora, poco comprensibile il diverso (e isolato) esito della votazione sul progetto organizzativo della Procura di Bologna, trattato nella medesima seduta del 3 novembre 2021 a poche ore di distanza dall’esame di quello di Ivrea, allorché la proposta A (contenente osservazioni inerenti alla medesima questione, declinata, in quel caso, sotto il profilo della creazione di un gruppo specializzato, composto da due magistrati e coordinato dal Procuratore, con competenza per tutti i “reati commessi da appartenenti dalla polizia giudiziaria nell’esercizio delle funzioni”) non aveva ottenuto la maggioranza, mentre aveva prevalso la proposta B con 10 voti favorevoli (Balduini, Basile, Braggion, Celentano, Ciambellini, D’Amato, Donati, Grillo, Lanzi Miccichè; la proposta A aveva avuto 9 voti: Ardita, Cascini, Chinaglia, Dal Moro, Di Matteo, Marra, Pepe, Suriano, Zaccaro; 6 erano state le astensioni Benedetti, Cavanna, Cerabona, Curzio, Gigliotti, Salvi).

Quell’isolata decisione appare ancora meno comprensibile alla luce dell’approvazione, unanime, pochi giorni dopo, nel Plenum del 17 novembre 2021, di una risposta a quesito nella quale sono stati ribaditi alcuni importanti principi evincibili dalla nuova circolare sulle Procure: tra questi v’era il riepilogo di nozione e funzione di gruppo di lavoro, individuato quale unità organizzativa (di norma composta da più di un magistrato) specializzata in relazione alla trattazione di materie che, in quanto omogenee, richiedano particolari tecniche di indagine e/o la conoscenza di settori specialistici, ovvero si caratterizzino per le specificità legate al rito utilizzabile per la loro definizione (affermandosi che costituisce, pertanto, “gruppo di lavoro” sia l’articolazione che si occupa delle indagini riguardanti specifiche tipologie di reato che ricadano nell’ambito di materie omogenee, cui appare opportuno assicurare una tendenziale uniforme trattazione ad opera di più magistrati; sia l’articolazione organizzativa che si occupa della gestione di affari omogenei, ancorché non presuppongano l’esercizio sistematico della tipica attività investigativa, cui risulta comunque conveniente garantire una tendenziale uniforme disamina, valutazione e definizione in ragione dei principi di specializzazione, di buona amministrazione e di parità di trattamento, come ad esempio per gli affari civili); con ciò implicitamente escludendosi la possibilità di articolare gruppi di lavoro per “qualifica soggettiva di autore”.

2. Il bando di primo grado: i criteri seguiti per la pubblicazione delle sedi vacanti

Nel corso del plenum di mercoledì 15 è stato deliberato il bando relativo ai tramutamenti di primo grado.

La scelta dei posti da mettere a concorso non è stata semplice. Infatti, occorre considerare che attualmente la percentuale media di scopertura si aggira intorno al 13% e ciò a causa sia del recente aumento della pianta organica sia del rallentamento delle procedure di accesso in magistratura cagionata dagli eventi pandemici.

Il lavoro della terza commissione, come di consueto è partito da alcune simulazioni in ordine al quoziente di copertura delle sedi, finendo per esaminare, da ultimo, quella recante una copertura integrale per i tribunali con organico inferiore a 20 unità e per le procure inferiore a 10 unità, nonché per gli uffici di Sorveglianza e dei Minori; con scopertura del 5% per i tribunali con organico ricompreso tra le 21 e le 40 unità e per le procure con organico ricompreso tra le 11 e le 20 unità; con scopertura del 10% in relazione agli altri uffici estendendo tale tasso al 12,5% per gli uffici metropolitani.

Le simulazioni in questione sono state tendenzialmente seguite, fatte salve le valutazioni del caso in considerazione delle condizioni dei tribunali e delle procure come risultanti dai dati in possesso del Consiglio in ordine alla vetustà delle pendenze, al numero delle sopravvenienze e alla capacità di smaltimento.

Si è, dunque, giunti ad una proposta formulata all’unanimità dalla terza commissione avente ad oggetto 263 posti giudicanti e 83 requirenti, approvata dal plenum senza emendamenti.

3. Ancora sul rilievo del materiale relativo alle conversazioni con Luca Palamara in alcune pratiche di Prima Commissione giunte all’attenzione del Plenum

Nel corso del Plenum di mercoledi 15 dicembre  sono state discusse anche due proposte di Prima Commissione aventi ad oggetto la motivata archiviazione della posizione di due colleghi in relazione alle comunicazioni intercorse con il dott. Palamara.

Entrambe le proposte sono state approvate a larga maggioranza, sul presupposto dell’insussistenza dei presupposti del trasferimento d’ufficio, all’esito di un dibattito, tuttavia, in cui una parte della componente laica ha motivato la propria contrarietà.

Il tema della rilevanza del materiale acquisito attraverso l’indagine perugina (intercettazioni e documentazione di conversazioni via chat), dell’ambito in cui il Consiglio può e deve tenerne conto nell’esercizio dei poteri che gli competono nei diversi ambiti (valutazioni di professionalità, valutazione dell’idoneità ad assumere incarichi direttivi o semidirettivi, valutazioni di conferma in detti incarichi, trasferimento per incompatibilità ambientale ex art. 2 L.G.) è stato da noi spesso e ampiamente trattato.

Da ultimo ciò è avvenuto nel Diario del 18 novembre, dove abbiamo davto conto dell’esito di pratiche relative alla nomina del Procuratore della Repubblica di Forlì (in sede di riedizione del potere dopo l’annullamento della precedente delibera) e alla conferma di un semidirettivo (PAT Messina), dove abbiamo registrato la difficoltà di trovare in Consiglio un orientamento condiviso – nei fatti e non a parole nella componente togata come in quella laica – circa il fatto stesso di farsi carico del fenomeno del correntismo e delle sue cadute.

Abbiamo sempre ritenuto che il Consiglio abbia il dovere di farsi carico di quanto accaduto, e quindi di esaminare tutta la documentazione pervenuta e di utilizzarla nell’ambito delle diverse valutazioni di propria competenza, ovviamente nel pieno rispetto delle garanzie del contraddittorio e in modo appropriato ed attento alla natura degli istituti ordinamentali, il che, come abbiamo detto più volte, con nostro rammarico, non sempre è avvenuto.

Il Consiglio non può, però, pensare di invadere le competenze che spettano alla Procura generale o al Ministro sul piano disciplinare o di sopperire ad eventuali carenze nella iniziativa disciplinare.

Anche in presenza di condotte gravi e riprovevoli (come certamente erano alcune di quelle esaminate) il trasferimento di ufficio può essere disposto solo in presenza dei presupposti rigorosamente previsti dalla legge e dalla circolare, con particolare riferimento all’effettiva incidenza dei fatti sulla sede e sulle funzioni espletate in concreto, tali da richiedere lo spostamento del magistrato, in deroga al principio costituzionale dell’inamovibilità. Se si agisse diversamente, si correrebbe il rischio di piegare un istituto molto delicato ad una logica sanzionatoria che non gli pertiene.

 

Vi racconteremo...

Alessandra, Ciccio, Elisabetta, Giuseppe, Mario