FEBBRAIO
15

Diario dal Consiglio del 15 febbraio 2019

Il 12 febbraio, martedì scorso, ricorreva l’anniversario della morte di Vittorio Bachelet, ucciso nel 1980 dalle Brigate Rosse.

Spesso utilizziamo questa periodica comunicazione con voi per fare memoria di fatti e persone che non possiamo dimenticare: per chi ha scelto di servire le istituzioni democratiche, e soprattutto per i magistrati che hanno il compito di presidiare il rispetto della legalità costituzionale e la tutela dei diritti che quella legalità contempla, la conoscenza e l’approfondimento di episodi e testimonianze significativi, ci pare dia spessore al percorso, anche individuale, di ciascuno di noi.

In apertura del Plenum pomeridiano di mercoledì, nel ricordare Bachelet – che all’epoca dell’omicidio era stato eletto al CSM e ne era Vice Presidente – abbiamo voluto non solo citare quegli aspetti in cui si espresse il suo mandato che ancora oggi risuonano come vivi ed attuali (la sua concezione del ruolo del Consiglio, così come la sua adesione profonda al rispetto dell’alterità e, dunque, anche la valorizzazione del pluralismo come motore della democrazia, anche nell’esperienza associativa della magistratura) ma anche ricordare quale sintonia con la sua vita seppero esprimere i suoi familiari nel momento della sua morte, attraverso le parole del giovanissimo figlio Giovanni, che pochi conoscevano o ricordavano; e come quelle parole, "generative” viene da dire, risuonarono anni dopo.

***

Nel Plenum del mattino è stata lungamente discussa la pratica relativa alla nomina del Procuratore della Repubblica di Trani. La pratica proveniva da un annullamento del giudice amministrativo.

Abbiamo sempre detto e lo ribadiamo che il tema del rispetto delle decisioni del giudice amministrativo è molto serio: da un lato, mette in evidenza quanto sia importante che le scelte del Consiglio siano in concreto corrette, ovvero compiutamente motivate e, prima ancora, sorrette da fatti precisi e adeguate fonti di conoscenza; dall’altro, richiede una risposta in cui il rispetto del giudizio di legittimità salvaguardi le prerogative che in questo ambito spettano in via esclusiva al CSM quanto al merito delle decisioni.

È assolutamente necessario, perciò, a nostro parere, che ogni caso sia valutato in sé, perché ogni caso di annullamento è diverso, ed è necessario ogni volta apprezzarne in concreto le ragioni per poter assumere decisioni che, nel rispetto di quelle ragioni, siano esercizio doveroso della discrezionalità amministrativa del Consiglio, ovviamente nella cornice delle regole, primarie e secondarie, che valorizzano i criteri decisori che attengono al merito professionale generale e alle attitudini specifiche.

Spetta al Consiglio, in altre parole, indicare la persona giusta al posto giusto.

Per questo abbiamo sostenuto convintamente e con motivazioni assai articolate, che potete ripercorrere ascoltando il dibattito in Plenum, che Renato Nitti era il migliore dei candidati al ruolo di Procuratore di Trani. E che doveva prevalere sul concorrente Di Maio proprio alla luce di una seria comparazione del profilo professionale complessivo così come degli indicatori di attitudine specifica (come, in particolare, Ciccio ha ben evidenziato con un intervento che ha cercato di promuovere una discussione proprio su questa specifica comparazione).

Non solo in questo caso, valevano a delineare un profilo complessivo di eccellenza nell’esercizio delle funzioni gli innumerevoli successi investigativi e poi processuali, in tutti i campi in cui si è cimentato (l’edilizia, l’ambiente ed i rifiuti – nel cui ambito è assurto al vertice di competenza fra chi si occupa di tali indagini e reati – ; poi i reati contro la pubblica amministrazione; infine la criminalità organizzata, anche con riferimento al circondario di Trani, terra di transito fra la mafia foggiana ed i clan metropolitani baresi). Ovvero i risultati di un'attività professionale di cui raramente si dispone nelle fonti di conoscenza.

Ma era a nostro avviso auto-evidente che era il candidato con più attitudini alla luce degli indicatori specifici: bastava metterli a confronto, anche solo schematicamente nel loro scarno valore di "c’è”-"non c’è”, per rendersi conto del divario di attitudine fra i due: solo Nitti ha avuto deleghe organizzative e da diversi procuratori; solo Nitti è stato componente del Consiglio Giudiziario; solo Nitti ha svolto le funzioni di Magrif ed ha curato progetti in materia di informatizzazione degli uffici, con risultati universalmente riconosciuti; solo Nitti vanta indici di ricambio positivi a testimonianza della sua alta professionalità; solo Nitti conosce la criminalità del territorio tranese (avendo lavorato in sede limitrofa e nella DDA distrettuale), circostanza di rilievo ai sensi dell’art. 28 secondo comma del TU dirigenza giudiziaria.

E ciò è tanto vero che la proposta a favore di Di Maio – riconosciuta (infondatamente) la parità del merito ed attitudini fra i due – invoca la sua maggiore anzianità: in effetti, Di Maio vanta tre anni di maggiore anzianità ma circa otto di questi trascorsi fuori dal ruolo della magistratura.

Come abbiamo sempre detto anche in campagna elettorale non siamo affatto pregiudizialmente contrari alle esperienze fuori ruolo, ma riteniamo che esse debbano essere valorizzate, ai fini di indicare le attitudini direttive dei magistrati, quando ineriscano alla giurisdizione o all’organizzazione della stessa e, comunque, siano state condotte con risultati spendibili agli effetti di un incarico dirigenziale. Mentre Di Maio è stato dapprima all’ufficio contenzioso del DAP e dopo presso l’ente previdenziale per le maestre (ente soppresso perché inutile).

L'unico indicatore specifico attribuito a Di Maio nella proposta di maggioranza era quello della reggenza dell’ufficio della Procura di Nicosia nei periodi di precaria assenza del procuratore. Una palese forzatura, atteso che non può certo considerarsi come esperienza di direzione di un ufficio la precaria sostituzione del procuratore durante i periodi di ferie. Ed infatti, in due precedenti concorsi ai quali aveva partecipato il dott. Di Maio, tale esperienza non era stata considerata rilevante ai fini dell’indicatore specifico di cui all’art.17 del testo unico. Peraltro proprio su questo punto era intervenuto l’annullamento del giudice amministrativo, il quale aveva considerato un elemento sintomatico di eccesso di potere l’avere diversamente valutato in due precedenti decisioni la stessa situazione. La proposta di maggioranza ribadisce la sussistenza dell’indicatore senza spiegare le ragioni della diversa decisione nelle due occasioni precedenti. Esattamente il contrario di quello che abbiamo sempre detto essere doveroso fare nei confronti delle decisioni del giudice amministrativo: confrontarsi con le ragioni della decisione di annullamento e farsene carico nella nuova delibera.

La discussione tuttavia non ha spostato minimamente il risultato di commissione, invero anche l’astensione dei due consiglieri di A&I è stata argomentata alla luce del rifiuto del ritorno in commissione della pratica richiesto sulla base di una notizia di stampa di 2 anni fa ... che è apparso a tutti – con il massimo rispetto, ma obiettivamente – una richiesta del tutto immotivata.

Meglio sarebbe – in assemblea plenaria specialmente, laddove si forma la volontà dell’Organo – cercare di ascoltarsi con maggiore disponibilità a cambiare opinione; e crediamo che la lunga discussione, anche nei suoi risvolti meno riusciti e meno pertinenti (anche da parte nostra), e una certa tendenza (naturale ma non necessaria) a difendere la propria decisione, abbiano insegnato qualcosa a tutti noi in proposito.

***

Sempre in Plenum si è provveduto alla nomina dei componenti della Commissione Tecnica per il conferimento delle funzioni di legittimità. Sono stati nominati: Carla Menichetti, Antonello Cosentino, consiglieri della Corte di cassazione e Pasquale Fimiani, attualmente sostituto procuratore generale della cassazione (oltre ad Andrea Morrone, professore ordinario di diritto costituzionale nell'Università di Bologna, e all’avvocato Carlo Allorio, dell’Ordine avvocati di Milano).

Rispetto a questa nomina avevamo chiesto con insistenza che, stante la delicatezza della funzione che i componenti della Commissione Tecnica sono chiamati a svolgere, fosse seguito un metodo di selezione dei 20 magistrati che avevano dato la disponibilità che permettesse di valorizzare – anche all’esterno – la trasparenza di una decisione concentrata esclusivamente sul merito e sulla competenza.

In mancanza di elementi di giudizio acquisiti attraverso lo specifico interpello – che si era limitato a riflettere il disposto normativo a proposito dei requisiti di legittimazione (tre anni di servizio minimo preso la Corte di cassazione o la procura generale e/o una quiescenza rispetto a dette funzioni non superiore a 6 mesi) – avevamo chiesto che la Terza Commissione – libera di autodisciplinare e limitare la sua discrezionalità tecnica – acquisisse le autorelazioni (che, peraltro, solo alcuni avevano spontaneamente prodotto) ed un numero (contenuto) di recenti provvedimenti. Anche perché stanti le diverse anzianità di servizio presso la corte degli aspiranti non tutte le valutazioni di professionalità di cui il Consiglio disponeva erano pertinenti rispetto, per esempio, alla valutazione dell’idoneo esercizio delle funzioni di legittimità.

La nostra richiesta in Commissione è stata respinta, in quanto si è ritenuto che non si potessero integrare ex post le regole dell’interpello.

In Plenum – stante le obiezioni di metodo sollevate da Alessandra che, in ragione delle stesse, ha motivato la sua astensione – si è sviluppata una discussione che ci auguriamo possa tornare utile in futuro. Poiché i profili dei nominati erano certamente adeguati e la scelta discrezionale è apparsa congruamente motivata, abbiamo aderito alla proposta di Commissione (con la sola astensione di Alessandra).

In questa sede abbiamo ribadito la nostra richiesta, già più volte sollecitata in commissione, di avviare la discussione sulla nostra proposta, presentata all’inizio della consiliatura, di rivedere i criteri per l’accesso agli uffici di legittimità con l’obiettivo di rendere più trasparenti e leggibili queste nomine. Se la nostra proposta di valorizzazione delle esperienze di merito, soprattutto nei giudizi di impugnazione, non sarà approvata dal consiglio, ne prenderemo atto, ma chiediamo che venga discussa e votata. E per questo ci opporremo alla pubblicazione di bandi in Cassazione prima che venga discussa la nostra proposta.

***

In Prima Commissione prosegue l’istruttoria sull'ipotesi di modifica alla circolare sugli incarichi. Giovedì si è svolta, infatti, l’audizione del Presidente del CONI Malagò. L’ipotesi su cui si sta lavorando, anche se ancora in fase embrionale, è quella di rivedere il divieto per i magistrati ordinari di accedere ad incarichi sportivi, prevedendo che per alcuni incarichi, predeterminati in accordo con il CONI, sia possibile l’utilizzazione di magistrati da scegliere non per chiamata diretta, ma sulla base di un albo predisposto dal CSM.

***

In Seconda commissione è stata avviata la discussione per inserire nel regolamento interno una disciplina specifica per la nomina dei collaboratori esterni, mediante la previsione di un interpello aperto a tutti i magistrati con l'indicazione dei requisiti richiesti e dei criteri di selezione e la formazione di un albo al quale le commissioni del Consiglio potranno accedere in caso di necessità. Un modo, a nostro avviso, per rendere più trasparente e partecipata la collaborazione dei magistrati all’organo di governo autonomo.

***

In Sesta Commissione abbiamo deliberato la ricostituzione del Comitato Pari Opportunità, che sarà presieduto da Giuseppe, in quanto presidente della Sesta, con la partecipazione di Paola Braggion e Cochita Grillo.

***

In Settima commissione prosegue il lavoro di esame del progetto tabellare della Corte di cassazione, alquanto complesso, ed ancora è stato necessario concentrarsi sull’esame tempestivo delle continue richieste di applicazione extradistrettuale, che, come abbiamo già detto, mettono in evidenza le difficoltà organizzative in cui si dibattono gli uffici. Abbiamo inoltre avviato l’esame dei progetti organizzativi degli uffici di procura, individuando – con i magistrati chiamati a collaborare ex art. 28 – un metodo di lavoro che contempla all’inizio una valutazione congiunta da parte dei tre collaboratori di un certo numero di grandi uffici, onde far si che si individuino, e possano essere sottoposti ai membri della settima commissione, criteri di analisi e finalità della valutazione condivisi, da adeguare di volta in volta alla complessità e dimensione del singolo ufficio.

***

Chiudiamo il nostro diario, ricordando con amarezza e dolore il grave incidente occorso ad un giovane avvocato milanese, precipitato sulle scale del Palazzo di Giustizia, corredate di parapetti la cui altezza notoriamente inadeguata era stata segnalata come questione di sicurezza di urgenza improrogabile da tempo, come abbiamo letto sugli organi di stampa.

Confidiamo che questa tragedia riproponga all’attenzione il tema della sicurezza nei palazzi di giustizia e dell’irrazionalità del sistema determinatosi dopo il passaggio di competenze dai Comuni al Ministero della giustizia. Tali compiti, in assenza di strutture, si sono riversati sui dirigenti degli uffici giudiziari, peraltro privi di capacità di spesa e senza la possibilità di avvalersi di personale tecnico specializzato per far fronte a responsabilità che nulla hanno a che vedere con i compiti di organizzazione della funzione giurisdizionale che sarebbero loro propri e tanto più urgenti in un contesto di assoluta penuria di risorse umane con cui far fronte alla domanda di giustizia.

 

Buon lavoro e buona settimana ... Vi racconteremo … ! 

Ale, Ciccio, Giuseppe, Mario