APRILE
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Diario dal Consiglio del 15 aprile 2022

Il “servizio giustizia”: tra consapevolezza personale e cultura ordinamentale

Come avvenuto negli anni passati (a Roma in quello minorile di Casal del Marmo nel 2013, a Rebibbia nel 2015, in quello di massima sicurezza di Paliano (Frosinone) nel 2017, a Regina Coeli nel 2018 e a Velletri nel 2019) 12 detenuti, 6 donne e 6 uomini di diverse etnie, hanno ricevuto il gesto più simbolico nel Vangelo del rovesciamento della gerarchia delle relazioni, quello del “servizio”. 

Questo concetto è stato al centro, l’8 aprile scorso, del discorso che il Pontefice ha inteso rivolgerci come rappresentanti di tutta la magistratura e del “potere giurisdizionale”. Parole che ci invitavano a fare chiarezza sul senso del nostro lavoro, a chiarirea noi stessi “per chi, come, perché, fare giustizia”. Anche qui rovesciandoil rapporto di “potere” in rapporto di  “servizio”: una parola che usiamo spesso ma di cui a volte perdiamo il senso vero, che, pure, è scolpito anche nella Costituzione, tra il principio fondativo di dignità della personae quello dell’indipendenza e autonomia di una giurisdizione soggetta solo alla legge, esercitata senza paura e senza interesse, per servire, appunto, le persone e i loro diritti.

È necessario che lo ricordiamo noi magistrati, sempre. Ma è necessario che lo ricordi anche il legislatore, che, mettendo mano a riforme in una materia così delicata, ha la responsabilità di salvaguardare le radici di questo “servizio”: alimentandola cultura ordinamentale di cui esso si nutre e non contrastandola con interventi che favoriscono interessi carrieristici, derive burocratiche e insidiose  gerarchie nella giurisdizione, e,nel contempo, fornendo gli strumenti effettivamente necessari alla sua reale possibilità attuazione.

 

Plenum

1. La difficoltà della Quinta Commissione: le pratiche contrapposte tra fisiologia e disfunzione; il ritardo nelle nomine e nelle conferme. Pratiche di Quinta Commissione

Anche la scorsa settimana il Plenum ha dovuto affrontare ben 4 proposte contrapposte di delibera di nomina ad incarichi direttivi o semidirettivi.

La prima riguardava la nomina di un Presidente di sezione della Corte di Cassazione:le due proposte vedevano contrapposti (tra i molti aspiranti)  duegiudici di legittimità di sostanziale pari anzianità, il dott. Scarano e la dott.ssa Scrima, rispetto ai quali la commissione si è divisa nella valutazione comparativa della pregnanza dei quattro indicatori attitudinali specifici; a nostro parere la candidata che è risultata soccombente nella votazione plenaria aveva due indicatori specifici chiaramente prevalenti a fronte di un’equivalenza degli altri due.

La seconda riguardava la riedizione del potere con riguardo all’incarico semidirettivo di Presidente Aggiunto della Sezione GIP del Tribunale di Bari,conferito con delibera del 22.1.2020 annullata con sentenza del TAR - confermata dal C.d.S. - che aveva censurato la precedente decisione per l’incompletezza della ricostruzione del profilo della ricorrente (dott.ssa De Felice), proprio con riguardo ad aspetti che erano invece stati valorizzati con riguardo alla candidata nominata (dott.ssa Romita) , nonché per l’erroneità della valorizzazione quali indicatori specifici di esperienze che, stante il settore di riferimento, dovevano essere considerate solo indicatori generali di attitudine (l’esperienza nel settore civile) o che non potevano essere equiparate a quelle espressamente indicate come rilevanti agli effetti della specializzazione dell’incarico in questione (ovvero le funzioni di giudice del Tribunale delriesame e/o del Tribunale delle misure di prevenzionerispetto alle funzioni di GIP/GUP) bensì apprezzate solo a titolo, anch’esse, di indicatore generale.

All’esito della nuova comparazione compiuta alla luce dellaritenuta correttezza delle censure del giudice di legittimità la maggioranza della Commissione aveva formulato una proposta in favore della dott.ssa De Felice, mentre il presidente della V Commissione, Cons. D’Amato, aveva proposto di rinnovare, con diversa motivazione, la nomina della dott.ssa Romita. In Plenum è prevalsa con amplissima maggioranza la proposta in favore della dott.ssa De Felice.

 

La terza riguardava il conferimento dell'ufficio semidirettivo di Presidente della Sezione Lavoro della Corte di Appello di ANCONA e ha visto contrapposta da un lato la proposta in favore del dott. Santini sostenuta da 5 voti di commissione e dall’altro la proposta a favore del dott. Baldi sostenuta dal solo voto del presidente della quinta commissione. All’esito della esposizione delle motivazioni, in Plenum è prevalsa con ampiezza la proposta – da noi condivisa -  in favore del primoil cui profilo contemplava: un’esperienza molto più prolungata (9 anni e mezzo) nella trattazione in forma esclusiva della materia lavoristica in primo e secondo grado, ove ha svolto, peraltro, le funzioni d’appello per un tempo superiore di 3 anni rispetto al dott. Baldi; nonché esperienze di collaborazione (assegnate nelle tabelle) presso la Corte d’Appello ove il dott. Santini svolge le attuali funzioni, estremamente significative agli effetti dell’attitudine organizzativa; altre esperienze (Magrif  civile per 4 anni) rilevanti quale indicatore specifico per il posto da conferire; indicatori generali significativi di competenze ordinamentali quali l’aver composto il Consiglio Giudiziario, oltretutto  con funzioni di segretario; una maggiore anzianità di ruolo.

La quarta infine riguardava il conferimento dell'ufficio semidirettivo di Presidente di Sezione del Tribunale di Palermo, settore civile ove, a fronte di quella formulata da un solo componente, cons. Ardita, in favore del dott. Pitarresi, è prevalsa con amplissima maggioranza la  proposta (sostenuta da cinque componenti della quinta commissione) in favore della dott.ssa Terramagra, da noi condivisa in ragione della chiarissima prevalenza della medesima, che, oltre ad essere la più anziana, ha maturato proficuamente nel lavoro giudiziario nel settore civile  una ben più lunga esperienza (31 anni a fronte dei 5 del dott. Pitarresi risalenti al 1996), aspetto che, ai sensi dell’art. 27 del T.U., per il conferimento degli uffici semidirettivi giudicanti di primo grado ha speciale rilievo anche in sede comparativa, e, rispetto al quale, non valgono a sovvertire il giudizio di prevalenza le esperienze organizzative maturate in un settore, quello penale, del tutto diverso da quello cui attiene con il posto da conferire.

* * *

In questo ultimo anno di consiliatura è sempre più frequente che la Commissione competente per gli incarichi direttivi e semidirettivi formuli più proposte contrapposte, sovente anche più di due. Non era stato così nei due anni successivi alla crisi del giugno 2019, periodo nel quale la V Commissione era riuscita a trovare una condivisione di fondo sui criteri di valutazione dei profili professionali, tale da portare ad un numero elevato di proposte unanimi.

La contrapposizione di opinioni è fisiologica ed è un bene che, talvolta, la diversa interpretazione del profilo professionale più idoneo rispetto al posto da conferire, nella prospettiva del prevalente interesse dell’ufficio di destinazione, giunga al vaglio del Plenum e si avvalga della discussione e del confronto con un più ampio spettro di opinioni. Tuttavia la sistematica incapacità della Commissione di pervenire ad una sintesi condivisa è il segno di una difficoltà  che incide, a nostro parere,in maniera negativa sulla credibilità dell’organo, in quanto la reiterazione di proposte contrappostefinisce per restituire una immagine di “conflitto di potere”,  e sulla sua funzionalità in quanto la pluralità di proposte rallenta notevolmente sia i tempi di lavoro della Commissione (in ragione della pluralità delle proposte da redigere) che quelli del Plenum.

Questo intasamento dei lavori - reso tanto più serio dalla carenza delle risorse strutturali poiché i magistrati segretari assegnati alla Quinta sono impegnati nell’assistenzaallo studio e alla  stesuradelle pratiche di altre impegnative Commissioni – determina un rallentamento non solo delle pratiche di nomina, che intervengono ormai ben oltre l’anno dalla vacanza, ma anche delle importantissime pratiche di conferma, funzionali a rendere effettivo il controllo attitudinale all’esito del quadriennio e affidabile il rinnovo dell’incarico che i magistrati,ad esso destinati su una base predittiva spesso astratta, richiedono e che, ormai, registrano tempi medi di definizione vicini all’anno, con punte anche superiori ai due anni per le pratiche problematiche,  cioè proprio quelle che richiederebbero maggiore tempestività.

2. Una delibera complessa: quando le distorsioni nella gestione del governo autonomo sono esplorate e valutate solo in sede amministrativa

È stata discussa in Plenum la pratica di Prima Commissione relativa al dottor Massimo Forciniti, attualmente Presidente di sezione presso il Tribunale di Crotone, in precedenza (dal 25.9.2014 al 25.9.2018) fuori ruolo quale componente del Consiglio superiore della magistratura.

Si tratta di pratica che, come altre già esaminate dalla Commissione, origina dalla trasmissione al Consiglio, da parte della Procura di Perugia, degli atti relativi al procedimento penale pendente a carico del dott. Luca Palamara.

La Prima Commissione ha aperto, il 4.10.2021, la procedura di trasferimento di ufficio del dott. Forciniti, ai sensi dell’articolo 2 Legge guarentigie; ha poi svolto attività istruttoria ed ha disposto, come previsto dalla Circolare in materia, l’audizione del dott. Forciniti, il quale, però, vi ha rinunziato.

Rinviando alla lettura della delibera per ulteriori dettagli e per il contenuto di alcune interlocuzioni, si riassumono in sintesi i fatti che hanno portato all’apertura della procedura.

Sono state esaminate in primo luogo le interlocuzioni avvenute tra Palamara e Forciniti nel periodo in cui entrambi erano consiglieri CSM, che hanno evidenziato, come descritto nella proposta di apertura, come dal dott. Forciniti fossero state assunte decisioni: (a) “non già sulla base del merito delle singole questioni poste, bensì come reazione all’orientamento che, in altre procedure, altri consiglieri avevano assunto”; (b) “frutto di accordi di natura spartitoria tra consiglieri e gruppi associativi, trascurando anche in questi casi il merito dei singoli procedimenti e potenzialmente arrecando danno ai magistrati controinteressati”; (c) in “conseguenza dell’appartenenza associativa di questo o quel candidato ovvero delle dinamiche di natura associativa o elettorale; (d) nelle quali, con riferimento a vicende aventi ripercussione sul distretto di provenienza del dott. Forciniti, emergeva “l’interesse al raggiungimento di obiettivi finalizzati all’acquisizione o al rafforzamento del consenso elettorale”. Sono state esaminate inoltre le conversazioni relative “all’attivo e reiterato interessamento, dispiegatosi anche con plurime richieste di informazioni presso parlamentari, per la presentazione e l’approvazione, dell’emendamento 42-ter-1 alla legge di stabilità 2017, modificativo della norma, all’epoca vigente, che impediva ai consiglieri del CSM, al termine del mandato, di essere nominati ad incarico direttivo o semidirettivo prima di un anno dal rientro in ruolo”, così rivelandosi “contatti, diretti o indiretti, con il mondo della politica  e il diretto interessamento per le future nomine cui poteva aspirare dopo il termine del mandato consiliare”, concretizzatosi, poi, nelle domande, presentate dal dott. Forciniti dopo il rientro in ruolo, per gli incarichi direttivi di Presidente Tribunale Catanzaro e Presidente Tribunale Salerno.

Come già affermato dal Consiglio in altre occasioni, dette interlocuzioni, assunte da chi, nel ruolo di consigliere CSM all’epoca ricoperto, aveva titolo per discutere del merito delle pratiche consiliari, sono state prese in considerazione (nella piena consapevolezza che non spetta alla Prima Commissione valutare “come” è stato svolto il ruolo di consigliere), prevalentemente in quanto il loro contenuto spiegava anche il contenuto dei dialoghi avvenuti quando, invece, i due magistrati non erano più componenti del CSM, in quanto testimoniava una modalità di approccio all’attività consiliare che risultava essersi perpetuata anche successivamente al rientro in ruolo.

Infatti dalle conversazioni avvenute nel periodo successivo al termine del mandato consiliare (26.9.2018-29.5.2019), emerge che il dott. Forciniti ed il dott.Palamarahanno comunque proseguito non solo ad interessarsi delle dinamiche consiliari, ma ad ingerirsi nelle stesse, assumendo decisioni relative a specifici aspetti dell’assetto organizzativo del CSM (condivise in alcuni casi con altre persone estranee al Consiglio),  e mantenendo, per attuarle, un continuativo contatto con alcuni dei consiglieri in carica.

Risultano, invero, numerose interlocuzioni tra i dottori Forciniti e Palamara - ed alcune anche con il dottor Cosimo Ferri - aventi ad oggetto delicate decisioni che erano di spettanza unicamente dei consiglieri in carica, in quanto  relative sia alla composizione e funzionamento del Consiglio, sia alle procedure amministrative relative al conferimento di incarichi direttivi o semidirettivi.

Tali interlocuzioni appaiono essersi tradotte, poi, in esplicite direttive fornite ad alcuni dei consiglieri all’epoca in carica, tramite separate successive comunicazioni (poi condivise e di cui si discorre nei dialoghi acquisiti) alle quali si sono accompagnati periodici incontri che avvenivano presso l’abitazione del dott. Palamara, e che vedevano presenti, a volte, solo i dottori Palamara e Ferri, a volte, insieme a loro anche il dott. Forciniti, a volte anche alcuni dei consiglieri: il 2 ottobre 2018 risulta un incontro  tra Palamara e Ferri; il 10 ottobre 2018 tra Palamara, Ferri, Forciniti, Cartoni; il 17 ottobre 2018 tra Palamara, Ferri, Spina, Lepre, Criscuoli; il 7 novembre 2018 tra Palamara, Ferri, Forciniti, Spina, Lepre, Cartoni; 12 febbraio 2019 tra Palamara, Ferri, Morlini e un uomo denominato “il biondo”; il 12 marzo 2019 tra Palamara (il quale qualche ora prima si era incontrato con Forciniti), Criscuoli, Cartoni, Spina, Lepre e verosimilmente Ferri.

In particolare, le interlocuzioni erano relative: (a) alla scelta del Vice presidente del CSM; (b) alla scelta relativa alla composizione ed alle presidenze delle Commissioni consiliari (con particolare riferimento alla Quinta); (c) alla scelta del consulente giuridico del Vice presidente; (d) alle scelte ed alle “strategie” relative alle nomine ad incarichi direttivi e semidirettivi; con riguardo  a queste particolare rilievo assumono, da un lato, le interlocuzioni inerenti ai posti direttivi di interesse del dottor Forciniti (che si intrecciano, a loro volta, con le interlocuzioni relative ad altri incarichi direttivi da conferire da parte del Consiglio, nella ricerca di convergenze) e, dall’altro,  quelle inerenti alle decisioni per la nomina del Procuratore di Perugia e del Procuratore di Roma.

Con riguardo a queste ultime decisioni (di particolare rilievo in quanto le relative vicende sono culminate nel noto incontro all’hotel Champagne avvenuto nella notte tra l’8 ed il 9 maggio 2019, che ha portato a procedimenti disciplinari nei confronti dei magistrati Palamara, Ferri, Morlini, Cartoni, Criscuoli, Spina e Lepre), vi sono conversazioni che rivelano l’interessamento nella vicenda anche del dott. Forciniti: la conversazione Palamara/Forciniti del 3 marzo 2019 in cui si discorre dello stretto legame che intercorre tra le due nomine dei Procuratori di Perugia e di Roma “che andranno, necessariamente, una a vantaggio di Unicost e l’altra di MI” e del fatto che la scelta dipende anche dalla “affidabilità” dei magistrati che verranno ivi nominati (indicati nei magistrati Primicerio e Viola), intesa come “uno che va là e gli si può dire quello che interessa” … secondo me si può fare […] cioè proprio affidabile come uno che …è molto legato…cioè uno dei nostri ci vedo più Viola nel senso che faccio quello che dice Cosio (fonetico) però secondo me Leonida è uomo di mondo e se puntiamo su di lui, queste cose le capisce”…; lo scambio di messaggi Forciniti/Palamara la mattina del 9 maggio 2019, poche ore dopo la conclusione dell’incontro all’hotel Champagne, nei quali si fa riferimento alla “Ottima riunione ieri sera” ed al fatto che “Cosimo” è “Perfettamente allineato”; i messaggi tra i due del 14 maggio 2019 in cui si discute della necessità di convincere uno dei candidati (dott. Creazzo) a revocare la domanda; i messaggi del 21 maggio 2019 in cui si discute di quello che deve fare la Quinta commissione (se e quando fare le audizioni dei candidati; quando votare, etc).

Come osservato in delibera, dette interlocuzioni, che  hanno accompagnato tutto il periodo che parte dall’inizio della consiliatura e termina con l’emersione dei fatti relativi all’incontro dell’8-9 maggio 2019 all’Hotel Champagne e la contemporanea perquisizione nei confronti del dottor Palamara, non si riducono mai a meri ragionamenti o scambi di opinioni: si tratta di precise scelte e determinazioni, formulate sempre al plurale (chiudiamo, facciamo, dobbiamo pianificare, ecc), quasi che gli interlocutori fossero, essi stessi, ancora componenti del Consiglio, accompagnate dal riferimento a quanto si dirà o si è detto ai “propri” consiglieri di fare;  tanto che in un dialogo vi è una esortazione a “coinvolgerli (i consiglieri in carica), se no pare che li scavalchiamo”.

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Nella delibera si dava conto di come tali condotte fossero idonee ad incidere in maniera grave e significativa sui pre-requisiti di imparzialità ed indipendenza, oggetto di tutela dell’articolo 2 Legge guarentigie, indipendentemente dalla loro valutazione in sede disciplinare (che non risulta esservi stata, in quanto non risulta attivato alcun procedimento disciplinare nei confronti del dottor Forciniti  salvo che per l’episodio relativo al suo interessamento per l’emendamento relativo al rientro in ruolo dei consiglieri del CSM, relativamente al quale il procedimento si è concluso con non luogo a provvedere).

Tuttavia, anche alla luce dell’esito di altre pratiche trattate dal Plenum, che aveva assunto un atteggiamento particolarmente rigoroso sulla sussistenza dei  presupposti del trasferimento ex art. 2 l.g., la Commissione (a favore Chinaglia relatrice, Braggion, Cerabona, Celentano; astenuti Benedetti e Di Matteo) aveva proposto l’archiviazione della procedura di trasferimento di ufficio per incompatibilità territoriale e/o funzionale, ritenendoche difettassero i presupposti  in termini di lesione del bene dell’esercizio indipendente ed imparziale della giurisdizione, salva la valutazione deontologica dei fatti e, quella doverosa in altre sedi di competenza consiliare (quali il procedimento per conferimento o conferma di incarichi o quello di valutazione della professionalità). E ciò perché:

Il dibattito di Plenum è stato molto acceso. La gran parte dei consiglieri intervenuti ha fortemente stigmatizzato i fatti emersi, valutati come gravissimi. Alcuni hanno, però, sostenuto comunque l’insussistenza dei presupposti per il trasferimento, aderendo alle ragioni esposte in delibera; altri hanno, invece, osservato come la gravità dei fatti e la loro diretta incidenza sui pre-requisiti di indipendenza ed imparzialità fossero  tali da far ritenere–o comunque rendessero necessario approfondire– la sussistenza dei presupposti per dichiarare l’incompatibilità funzionale, indipendentemente dal prossimo spirare del termine dell’incarico semidirettivo.

In esito al lungo dibattito, la proposta di archiviazione è stata respinta con 9 voti contrari (Ardita, Cascini, Cavanna, Benedetti, Di Matteo, Donati, Gigliotti, Pepe, Zaccaro), 8 voti a favore (Balduini, Braggion, Celentano, Cerabona, Ciambellini, D’Amato, Lanzi, Miccichè) e 6 astenuti (Basile, Chinaglia, Curzio, Dal Moro, Marra, Suriano). La pratica è quindi tornata in Commissione per una nuova valutazione, alla luce del dibattito di plenum.

Il nostro voto è stato differenziato, trattandosi di una pratica, e quindi di una decisione, molto complessa ed anche diversa da tutti gli altri casi sinora trattati derivanti dagli atti del processo di Perugia:

In tale quadro, preso atto della complessità e particolarità della vicenda, dei profili di novità insiti nella decisione, nonché dell’orientamento, contrario all’archiviazione e richiedente un’ulteriore riflessione, manifestato da una parte consistente di consiglieri, alcuni di noi (cons. Cascini e  Zaccaro) hanno ritenuto di non poter condividere l’archiviazione ed hanno votato contro la proposta, mentre altri (cons. Chinaglia, Dal Moro, Suriano) hanno ritenuto, attraverso l’astensione, di non opporsi alla richiesta di un supplemento di riflessione da parte della Commissione in ordine al profilo, in particolare, della incompatibilità funzionale.

3. La crisi di funzionalità di alcune Corti di Appello e il ricorso all’istituto della applicazione

Nel plenum di mercoledì abbiamo anche trattato le questioni relative a due applicazioni infradistrettuali presso le sezioni della Corte di appello di Napoli.

Al di là della decisione assunta nel caso concreto, con la quale il Consiglio ha affermato che le applicazioni adottate non erano conformi alla normativa secondaria, ma le ha comunque approvate al solo scopo di garantire la continuità dei processi in corso di celebrazione da parte dei magistrati applicati, emergono alcuni aspettidi interesse generale:

  1. l’estrema difficoltà nella quale si trovano le Corti di appello, affette da gravi scoperture (in particolare quelle di Reggio Calabria, Napoli, Venezia, Bari) e dalla cronica mancanza di vocazione soprattutto per le sezioni penali; si tratta di un trend che abbiamo già evidenziato da tempo e che sarà aggravato dai maggiori oneri che ricadranno per gli uffici di secondo grado con la introduzione della improcedibilità del giudizio di Appello introdotta dalla recente riforma;
  2. le applicazioni su base volontaria (sia quelle infradistrettuali, che quelle extradistrettuali come si può leggere nell’ordine del giorno del prossimo plenum) non sono lo strumento migliore per fronteggiare queste criticità perché finiscono per spostare presso gli uffici in sofferenza magistrati che lavorano in uffici ancora più in sofferenza (e che pertanto sono disponibile a lasciare);
  3. in materia di applicazione infradistrettuale il “consenso” del magistrato da applicare non è decisivo (come invece a volte ritengono i Presidente di Corte) ma è uno degli elementi da tenere in considerazione per scegliere chi applicare, insieme alle scoperture degli uffici del distretto e ai flussi di lavoro; infatti, se bastasse acquisire il consenso del magistrato da applicare, finirebbero per essere applicati i magistrati che lavorano nelle sedi più gravate, dalle quali legittimamente vogliono allontanarsi, creando così un disservizio  peggiore di quello che si vuole risolvere con la applicazione.

Vi racconteremo...

Alessandra, Ciccio, Elisabetta, Giuseppe, Mario