DICEMBRE
13

Diario dal Consiglio del 13 dicembre 2019

“La strage di piazza Fontana è un romanzone angosciante, fitto di morti, di personaggi sul filo dell’invenzione settaria, di povere vittime incolpevoli e anche di uomini e di donne che, come succede nei grandi casi della vita, in quell’occasione scoprirono se stessi e lottarono in nome della verità e della giustizia.

Quello fu anche il romanzo non scritto di una società divisa in due, gonfia di fervori, di furori, vitale e faziosa – gli innocentisti, i colpevolisti – una piccola Parigi dei tempi del caso Dreyfus, così come lo raccontò Zola e, tra gli altri, Marcel Proust.

Fu per molti una rivelazione, quella dello Stato e di certi suoi apparati che avrebbero dovuto tutelare istituzionalmente la Repubblica e invece complottavano contro la Repubblica, depistavano le indagini, proteggevano esecutori e mandanti di una strage chiaramente fascista.

Si rompevano vecchi cliché. Le autorità erano scandalizzate nel vedere, per esempio, che molti giornalisti – scrivevano sui giornali della borghesia tradizionale, appartenevano ai ceti privilegiati – mettessero in dubbio le verità questurine e facessero quel che dovevano, cercare le notizie.

Si sentì allora, acutamente, che non esisteva soltanto il conflitto di classe, ma anche il conflitto tra le due facce della borghesia, mai sanato: la borghesia fedele alla Costituzione e la borghesia infedele anche ai propri principi, disponibile all’illegalità in nome dell' interesse privato”.

Corrado Stajano
dall’intervento al convegno
“Strage di piazza Fontana. Indagini e processi”
Milano 11 dicembre 2019

 

Dedichiamo il nostro Diario alla Strage di Piazza Fontana di cui ricorre il 50˚ dolente anniversario. Fu uno dei più gravi tra i tanti eventi drammatici che hanno colpito il nostro paese.

 

Il Plenum

Segnaliamo, tra le tante, le seguenti delibere assunte nel corso del Plenum di mercoledì 4 novembre

1. Su proposta della VI commissione,all’esito di istruttoria congiunta con la VII Commissione, è stato approvato il parere sul disegno di legge n. 1586 (legge di stabilità), che modifica il capo II della legge 48 del 2001, dedicato al magistrato distrettuale.

Con tale intervento il legislatore intende rilanciare la funzionalità dell’istituto del magistrato distrettuale, estendendone il perimetro di applicazione mediante:

  1. l’istituzione di un “contingente complessivo nazionale delle piante organiche flessibili distrettuali di magistrati” e la determinazione della consistenza numerica di tali c.d. piante organiche flessibili per ciascun distretto (in funzione dell’annunciato aumento, rispetto alle attuali 54 unità, del numero dei magistrati destinati a far parte delle piante organiche flessibili distrettuali, collegato all’incremento del ruolo organico della magistratura ordinaria di 600 unità nel triennio 2020-2022 disposto dall’articolo 1, comma 379, della legge 30 dicembre 2018, n. 145 (legge di bilancio 2019);
  2. l’ampliamento dei casi che consentono il ricorso al magistrato distrettuale, destinato non solo alla sostituzione di magistrati assenti dal servizio, ma anche a fronteggiare “situazioni critiche di rendimento” in cui uno o più uffici giudiziari del distretto, indipendentemente dalle assenze dei magistrati in organico, possa versare;
  3. l’introduzione, per i magistrati compresi nella pianta organica flessibile distrettuale, di meccanismi incentivanti volti ad evitare che si ripetano le condizioni di endemica scopertura dei posti, consistenti in benefici non patrimoniali ai fini dei successivi tramutamenti (anzianità di servizio calcolata, ai soli fini del primo tramutamento successivo, in misura doppia per ogni anno e mese di effettivo servizio prestato e, nei trasferimenti a domanda, preferenza assoluta rispetto a tutti gli altri aspiranti quando la permanenza in servizio presso la pianta organica flessibile distrettuale superi i sei anni).

La determinazione del contingente nazionale e distrettuale delle piante flessibili, che sono soggette a revisione almeno biennale, avviene con decreto del Ministro della giustizia, sentito il Consiglio superiore.

Rimangono immutati i casi in cui i magistrati della pianta distrettuale possono essere destinati in sostituzione di magistrati assenti (es. per malattia o congedo parentale); costituisce, invece, un nuovo strumento di organizzazione degli uffici giudiziari quello della loro assegnazione ad uffici che, pur se a pieno organico, versino in condizioni critiche di rendimento (che il testo normativo non enuncia rimettendo la loro individuazione al Ministro, previa interlocuzione con il Consiglio).

L’individuazione degli uffici che presentino in concreto condizioni critiche di rendimento e la concreta assegnazione dei magistrati agli stessi compete al Consiglio Superiore con il parere favorevole del Ministro, mentre ai capi di Corte è riservato un potere di mera proposta (onde garantire omogeneità di indirizzi sul territorio nazionale) che è obbligatoria per la sostituzione e solo facoltativa per l’assegnazione, la quale ultima, quindi, può essere disposta anche d’ufficio dal Consiglio.

Quando, a seguito della revisione della pianta distrettuale, risultino magistrati in sovrannumero, essi sono destinati, su loro richiesta, alle vacanze disponibili negli uffici del distretto.

 

Il parere del Consiglio, pur esprimendo apprezzamento per l’introduzione di uno strumento organizzativo duttile di supporto agli uffici giudiziari in difficoltà, evidenzia alcune criticità, tra cui:

2. Su proposta della VII commissione, in risposta ad un quesito, è stato affermato che, ai sensi dell’art. 102 della circolare sulle applicazioni e supplenze, solo i magistrati interessati possono presentare osservazioni avverso lo schema di decreto del Presidente della Corte o del PG; nel caso in cui le osservazioni siano comunque presentate da altri soggetti (quali ad esempio il dirigente dell’ufficio di provenienza del magistrato applicato o quello dell’ufficio c.d. ricevente), il Consiglio Giudiziario (così come il CSM) ha certamente facoltà di esaminarle e valutarle ma non è tenuto ad instaurare un contraddittorio tra soggetti controinteressati. È stato inoltre precisato che il divieto di cui all’art. 105 della circolare (di rinnovare l’applicazione dello stesso magistrato se non sono decorsi due anni) non è derogabile neppure in presenza del consenso eventualmente manifestato dal magistrato interessato, sia perché, sul piano letterale, il divieto è strutturato in forma assoluta e non pone eccezioni di sorta; sia perché, sul piano teleologico, la norma non è posta tanto (o soltanto) a tutela delle esigenze personali del singolo magistrato interessato quanto dell’ufficio cui lo stesso appartiene, e della sua funzionalità, su cui fortemente incide la stabilità della organizzazione.

3. Sempre su proposta della VII commissione, ed in risposta ad un quesito, è stato affermato che i giudici onorari di pace (GOP), nel periodo transitorio previsto dall’art. 30 d.lgs. 116/2017, anche se non inseriti nell’ufficio per il processo, possono far parte dei collegi che trattano la materia della famiglia (poiché dette sezioni non rientrano tra quelle specializzate alle quali si applica il divieto di cui all’art. 12 del medesimo decreto legislativo) ma, ai sensi degli artt. 10 e 11 del d.lgs. citato, pur potendo integrare i collegi, non possono essere relatori o estensori dei relativi provvedimenti.

4. Molto dibattuta è stata la discussione su una pratica relativa ad alcuni partecipanti al concorso in magistratura che erano stati espulsi dalla prova perché sorpresi a consultare materiale non consentito (appunti o biglietti) ovvero perché avevano tentato di introdurre fraudolentemente (es. tramite alterazioni di dizionari, codici, o pc per i soggetti autorizzati ad utilizzare detto strumento) materiale tecnico giuridico non consentito.

Si trattava di decidere se confermare l’espulsione disposta dalla Commissione di concorso e se applicare la ‘sanzione’ dell’esclusione da uno o più concorsi successivi prevista dall’art.7 co.4 del d.lgs. 160/2006.

In Commissione era emersa una sottile questione giuridica ovvero se la richiamata disposizione –che prevede l’esclusione da uno o più concorsi successivi del candidato che durante lo svolgimento della prova scritta  abbia realizzato una condotta fraudolenta diretta ad alterare il risultato della prova – sia applicabile anche ai casi in cui il tentativo di introduzione di materiale non consentito venga scoperto durante la fase preliminare di controllo dei codici. Si trattava, in particolare, di due candidati autorizzati per motivi di salute ad utilizzare un personal computer, all’interno del quale, nel cestino in un caso e in una cartella criptata in un altro, erano stati rinvenuti temi svolti e appunti vari, e di una candidata che aveva alterato un dizionario della lingua italiana incollando sulle sue pagine intere colonne con temi e appunti giuridici. Secondo Giuseppe, relatore di una proposta di minoranza insieme al cons. Cavanna, la norma andava intesa nel senso di ricomprendere la fase del controllo dei codici nella fase di svolgimento delle prove scritte,in quanto collocata temporalmente prima solo per ragioni organizzative. All’esito di una lunga discussione la maggioranza della Commissione, con l’eccezione della Cons. Pepe, aveva aderito alla tesi di Giuseppe, ma poi i dubbi sulla questione giuridica avevano finito per intersecarsi con il giudizio sulla gravità delle condotte, anche di quelle accertate pacificamente durante la prova scritta, per cui alla fine la maggioranza aveva proposto l’esclusione solo per alcuni dal concorso successivo e solo in un caso (si trattava di un caso di ‘recidiva’) da due concorsi, mentre negli altri casi si è limitata a proporre la conferma dell’espulsione. Nelle proposte di Giuseppe e del Cons. Cavanna, invece, si prevedeva, nella gran parte dei casi, l’esclusione da due concorsi successivi.

La sovrapposizione tra le due questioni si è poi riproposta nel corso del plenum, che alla fine ha approvato, di stretta misura e con molte astensioni, la proposta di Giuseppe. Decisivi i voti dei componenti laici, la gran parte dei quali ha votato a favore. Si trattava di una questione, a nostro avviso, molto importante, in quanto attiene alla serietà della selezione per l’accesso in magistratura e alla credibilità del concorso. L’onestà e il rispetto delle regole, infatti, dovrebbero essere precondizioni indispensabili per gli aspiranti magistrati e la sola idea che si possa diventare magistrati imbrogliando è talmente stridente con il senso della nostra funzione, da imporre una risposta ferma e rigorosa. Per questo ci ha stupito l’atteggiamento indulgente  di molti dei colleghi togati nel corso del dibattito.

* * *

I lavori di Commissione

In Quinta Commissione sono state adottate all’unanimità le seguenti delibere:

  1. per la presidenza della sezione GIP del Tribunale di Roma è stato proposto Bruno Azzolini;
  2. per la presidenza di sezione penale della Corte d’Appello di Roma è stato proposto Vincenzo Gaetano Capozza;
  3. per la presidenza di sezione civile della Corte d’Appello di Milano è stato proposto Alberto Massimo Vigorelli;
  4. per la presidenza di sezione penale della Corte d’Appello di Napoli è stata proposta Domenica Miele;
  5. per la presidenza di sezione civile della Corte d’Appello di Venezia è stata proposta Rita Rigoni;
  6. per la presidenza di sezione civile del Tribunale di Treviso è stato proposto Bruno Casciarri.

Per altri incarichi semidirettivi, la V commissione ha formulato proposte contrapposte.

Infatti, per l’incarico di Presidente di sezione civile della Corte d’Appello di Napoli sono stati proposti Fulvio Dacomo (Suriano, Davigo, Benedetti) e Aurelia D’Ambrosio (Cerabona, Mancinetti, Micciché); per l’incarico di Presidente di sezione civile della Corte d’Appello di Venezia (vacanza Laganà) sono stati proposti Guido Santoro (Cerabona, Suriano, Davigo, Mancinetti, Benedetti) e Cinzia Balletti (Micciché).

Ancora, per l’incarico di Procuratore della Repubblica di Salerno, dopo l’audizione di Giuseppe Borrelli, la commissione, con la sola astensione di Loredana Micciché, ha deliberato di proporre nuovamente il predetto magistrato dopo il “ritorno” della pratica dal plenum.

Infine, in relazione ad un’istanza formulata da una collega già proposta all’unanimità per un incarico semidirettivo, la V commissione ha ribadito il principio dettato dall’articolo 49 del Testo Unico della dirigenza giudiziaria per cui le eventuali preferenze espresse in caso di presentazione di una pluralità di domande per diversi concorsi non sono in alcun modo prese in considerazione dal Consiglio. Come più volte ricordato, nell’esame delle pratiche, la V commissione segue l’ordine cronologico delle vacanze; sulla base di tale criterio le singole domande presentate dai magistrati vengono esaminate e deliberate; l’accoglimento, pertanto, di una domanda in luogo delle altre preclude l’esame delle stesse per i successivi concorsi.

* * *

Vi salutiamo con il pensiero rivolto all’ultima settimana di lavori del Consiglio di quest’anno difficile, che si annuncia impegnativa e densa di impegni, ma che sarà quella in cui si ripristinerà, dopo i gravi fatti di maggio, due subentri e ben due elezioni suppletive, la regolare composizione dell’organo di governo autonomo. Nel corso del Plenum di martedì si insedierà, infatti, Elisabetta Chinaglia, cui diamo un calorosissimo benvenuto.

 

Buon lavoro e buona settimana... Vi racconteremo…!

Ale, Ciccio, Giuseppe, Mario