Mozione finale

Approvata all’unanimità

Viviamo uno dei momenti più drammatici della magistratura italiana. Ogni giorno si manifestano  eventi di sempre maggiore gravità  che pongono al centro della discussione la questione morale all'interno della Magistratura e si palesano come grave attentato al corretto funzionamento del nostro sistema di governo autonomo  come delineato dalla Costituzione, perpetrato da una lobby trasversale con il coinvolgimento di persone, anche con incarichi istituzionali, che hanno strumentalizzato le istituzioni e l'Associazione  nel nome di interessi personali.

Se ciò è accaduto è anche perché il sistema attuale presenta punti di fragilità e debolezza che necessitano di essere cambiati.

Come magistrati e come cittadini si impone per noi, oggi, subito, la necessità di reagire con fermezza e con scelte comprensibili a tutti, cominciando dal mettere in chiaro, per farne oggetto di una riflessione critica ed autocritica, il  significato e lo scopo dell'attività associativa e delle correnti.

 

Compito dei gruppi associativi deve essere infatti quello di incoraggiare il positivo impegno in Associazione, secondo un modello di partecipazione in cui la legittimazione alla rappresentanza proviene dai colleghi e dagli uffici giudiziari e trova la propria forza nelle idee e nei valori condivisi, nell'elaborazione culturale, rifiutando logiche di appartenenza intese come mera gestione di potere. Logiche come vediamo, che conducono a inaccettabili prassi lobbistiche, ingerenze esterne, opacità.

Per questo noi magistrati di AreaDG rivendichiamo il diritto ed il dovere di partecipare al dibattito pubblico sui temi della giustizia e dei diritti, contrastando ogni tentativo, da chiunque provenga, di intimidire i magistrati e limitare la loro libertà di manifestazione del pensiero.

 

È nostro dovere, come gruppo associato, salvaguardare  l'Istituzione dal tentativo di modificare, grazie a questo contesto, assetti costituzionali che rappresentano per ogni cittadino garanzia di autonomia e indipendenza della Magistratura e dunque garanzia del corretto esercizio della giurisdizione.

 

Per fare questo occorre innanzitutto essere credibili, fare concretamente della questione morale una questione di comportamenti.

Raccogliamo e facciamo nostre le indicazioni delle numerose assemblee che si sono tenute in tante sedi giudiziarie in questi giorni e ci riconosciamo pienamente nel deliberato del CDC dell'ANM del 5 giugno scorso.

I consiglieri "autosospesi" si devono dimettere per consentire una ripresa dell'attività del CSM  a pieno regime, evitandone lo scioglimento, anticamera di una modifica della legge elettorale del Consiglio e degli stessi poteri consiliari.

Ma questo, al punto in cui siamo arrivati, non basta.

Dobbiamo rigenerare l’autogoverno, recuperando anzitutto il senso e l’orgoglio della nostra  funzione, di qualunque funzione giudiziaria, che deriva, come stabilisce l’art. 107 comma 3 della Costituzione, dal nostro essere un potere diffuso ed orizzontale, liberandoci dall’ansia della rincorsa al direttivo o semidirettivo e agli  incarichi che ne facilitano l’accesso.

Dobbiamo rivedere  il testo unico sulla dirigenza valorizzando fasce di anzianità; assegnare le nomine di direttivi e semidirettivi a  due diverse commissioni consiliari; calendarizzare con un rigoroso rispetto cronologico le pratiche; dare totale trasparenza alle domande e all’iter delle proposte relative agli aspiranti dirigenti, registrando, senza interruzioni, le sedute plenarie; rendere le loro  audizioni la regola e non più l'eccezione; sentire i magistrati dell’ufficio nelle procedure di conferma; premiare una direzione condivisa degli uffici.

Anche attraverso le regole occorre dare trasparenza e disciplinare la discrezionalità del Consiglio sottraendola a pratiche spartitorie.

 

È evidente che  la legge elettorale del Consiglio e l’ordinamento giudiziario necessitano di modifiche  che tuttavia devono indirizzarsi ai principi costituzionali piuttosto che negarli. È opportuno ricordare che la pessima legge elettorale e l’attuale ordinamento sono frutto delle controriforme degli anni 2002 e 2006 nate per controllare e ridimensionare i magistrati. Sono riforme che hanno contribuito in maniera determinante alle degenerazioni oggi sotto gli occhi di tutti: personalizzazione e carrierismo.

Le proposte  di modifiche normative oggi avanzate, ad iniziare dal sorteggio, sarebbero un rimedio peggiore del male.  Esse infatti  aumentano la presenza della politica nel governo autonomo della magistratura, annullano la rappresentanza, gerarchizzano gli uffici: vanno in direzione opposta al sistema costituzionale e rischiano di incrementare, invece che eliminare, pratiche clientelari che nulla hanno a che fare con il governo della magistratura.

Non si parla invece dell’unica normativa che sarebbe  urgente approvare: quella che impedisca le porte girevoli tra magistratura e politica.

A rischio oggi non é solo l’autogoverno della magistratura, ma la stessa giurisdizione, la sua autonomia, la sua indipendenza.