Presentiamo in queste pagine il nostro terzo congresso nazionale nel quale cercheremo di far uso del pensiero critico per ragionare sulla crisi della magistratura e della sua immagine, sulla rappresentazione che ne viene data e sulle azioni che devono essere realizzate per porvi rimedio.

Prima del congresso, presso il Palazzo di Giustizia di Cagliari, si terrà un convegno sul tema dei “crimini d’odio”.

Al congresso seguirà la assemblea generale degli iscritti.

Accompagnerà il congresso la mostra “Donne della Resistenza, madri della Costituzione - Itinerari di democrazia”.

Nella serata di venerdì 24 settembre, al termine dei lavori, i congressisti potranno partecipare ad una visita guidata del Museo Archeologico di Cagliari.

Siamo certi che il congresso potrà svolgersi in sicurezza e sarà per tutti i partecipanti, che speriamo numerosi, un momento di riflessione e crescita collettiva.

 

 

Da due anni a questa parte, a partire dai fatti dell’Hotel Champagne, il mondo giudiziario è stato travolto da una sequela di fatti gravi, alcuni gravissimi, che hanno coinvolto la magistratura. Fatti i quali, oltre ad averne leso profondamente l’immagine, hanno creato delusione e sconforto nei magistrati, arrivando a intaccare la fiducia che gli stessi hanno sempre riposto nell’esercizio della funzione, nell’autogoverno e nell’associazionismo.

A questi gravissimi fatti si sono accompagnate e sono seguite dichiarazioni pubbliche rese da magistrati dai contenuti e toni talvolta inappropriati, come peraltro era accaduto anche in passato, soprattutto se riferite a procedimenti in corso di grande risalto mediatico. Da ultimo, le note vicende scaturite da conflittualità interne che hanno interessato la Procura di Milano, hanno visto una sconcertante quanto inedita diffusione di documentazione riservata.

Due anni che sono stati per la magistratura italiana un vero e proprio terremoto, nel quale alla gravità dei fatti si è aggiunta la loro narrazione pubblica da parte di alcuni degli stessi magistrati protagonisti, talvolta mossa dall’interesse di discolparsi, in altri casi dal chiamare in causa altri, a volte ancora dal perseguire finalità ritorsive.

La narrazione mediatica ha faticato a restituire all’opinione pubblica la complessità di questi eventi, la loro portata e il loro significato, e la rappresentazione mediatica è stata a tratti manichea, finalizzata non tanto a raccontare i fatti quanto a darne una lettura funzionale alle proprie strategie comunicative.

In altri casi, non si è inteso volutamente farlo, diffondendo invece narrazioni strumentali, quando non false, volte ad alimentare il discredito verso la magistratura e l’associazionismo per opportunismi politici.

In questa fase, anche parti dell’avvocatura hanno, in alcuni passaggi importanti, perseguito la strada della contrapposizione professionale più che quella della reale comprensione delle vicende e della ricerca della soluzione più consona a preservare la funzionalità complessiva del sistema.

E infine, certa politica ne ha tratto occasione per tentare, ancora una volta, di riaccendere una conflittualità che ha radici lontane e che si vuole definitivamente risolvere sempre allo stesso modo: limitando il potere della giurisdizione nell’attività di controllo della legalità.

Una babele di voci che rende la confusione assordante e rischia di indurre la stessa magistratura ad assumere il punto di vista dell’uno o dell’altro interlocutore esterno, abdicando al necessario lavoro di disamina delle cause reali di questa situazione, per poter poi offrire le proprie proposte, finalizzate ad intraprendere quanto prima l’opera di necessario recupero della propria credibilità professionale.

Per interrompere questa spirale distruttiva è necessario avviare un percorso che, attraverso l’esercizio del pensiero critico, metta in primo luogo al centro dell’analisi, senza sconti e con piena consapevolezza degli errori commessi, i fatti e le origini di essi, per sciogliere il nodo che oggi li legga strettamente ad una loro rappresentazione strumentale ed in parte falsificata.

E infatti, solo dopo aver individuato le dinamiche che hanno condizionato negativamente e gravemente la vita giudiziaria, sarà possibile individuare le iniziative utili ed efficaci che possano contrastarle per il futuro, confrontarsi con le proposte di riforma in atto ed avanzarne di nuove, anche per recuperare il senso della nostra funzione e dell’etica che deve necessariamente sostenerla.