Candidato

Claudio Castelli

Corte d’Appello di Brescia

Tempi difficili

Viviamo tempi difficili e la sensazione che avverto è che un’epoca storica (quella della democrazia e dell'assenza di guerre, per lo meno in Occidente) sia finita e che nuvole tempestose ed imprevedibili si approssimino. Viviamo tempi difficili anche per una magistratura sempre più autoreferenziale che sembra disinteressarsi di quanto avviene nella società, prigioniera di un’immagine salvifica fuori dal tempo. Tempi ancora più difficili per quella parte della magistratura che si vive come costituzionale e che mette al primo posto il servizio e la giustizia resa e non se stessa. Come AreaDG da tempo siamo in difficoltà, costantemente sulla difensiva, pressati da una magistratura che con diversi toni e diversi accenni pensa solo a difendere tutto e tutti, guarda alla tutela del proprio piccolo privilegio, vivendo in un proprio cosmo. Ciononostante abbiamo fatto molto, e dobbiamo essere grati per questo al coordinamento uscente, ma la sensazione è di essere su di un piano inclinato in cui il problema è contenere le sconfitte.

 

Le elezioni del nuovo coordinamento: uscire dalla difensiva

Ecco: le elezioni del nuovo coordinamento, come è stato il primo congresso di AreaDG, devono rappresentare un salto di qualità, uscire dalla difensiva e proporre a tutta la magistratura e alla società una magistratura che ha lo sguardo lungo, che non ragiona in termini di propri piccoli interessi immediati, ma che cerca di dare e che si batte per avere le risorse ed i mezzi per dare una giustizia reale, per assicurare i diritti. Anche perché la fase che ci aspetta è difficile ed inquietante, in cui con alta probabilità verranno messi radicalmente in discussione principi di indipendenza, di autonomia e di governo autonomo che pensavamo ormai intangibili. Uscire dalla difensiva significa contrastare con chiarezza, pazienza e umiltà il populismo giudiziario che ormai dilaga anche in una magistratura, preda di una campagna elettorale permanente, in cui fanno aggio il parlare alla pancia, le semplificazioni, il dare le soluzioni più facili e immediate, anche quando in prospettiva risulteranno devastanti, in primis per la categoria. Vuol dire lottare contro un carrierismo che alligna anche tra di noi e che porta all' individualismo esasperato (tutti pensano di essere i migliori), e alla concezione della propria vita professionale in magistratura come una carriera per successivi gradini di ascesa ad incarichi sempre più prestigiosi, dimenticando il bellissimo principio costituzionale secondo cui i magistrati si distinguono tra di loro solo per le funzioni svolte.

Magistrati, non impiegati

Dobbiamo riaffermare l'orgoglio di essere magistrati della repubblica, del nostro ruolo sociale e della sua importanza. Orgoglio della nostra Costituzione. Siamo magistrati e non impiegati. E chi pensa che disegnarci come impiegati, in qualche modo subordinati al CSM, al Ministero, ai dirigenti degli uffici, ci mette in una posizione di tranquillità, togliendoci responsabilità e consentendoci un approccio meramente sindacale, nega in questo modo il ruolo del magistrato, condannandoci alla perdita di status anche economico (chi pagherebbe i nostri stipendi e riconoscerebbe un'ampia indipendenza a semplici impiegati, anche di alta fascia?). Questo non significa che non ci siano anche battaglie sindacali da fare in cui dobbiamo essere protagonisti (come quella per la previdenza integrativa per i giovani e contro le decurtazioni di stipendio per malattie e gravidanza), ma che queste vanno fatte da magistrati, rivendicando di essere magistrati e la necessità della tranquillità di status ed economica come prerequisito per l'indipendenza.

Difendere il CSM anche da se stesso

Dobbiamo difendere il sistema di autogoverno, emblema di partecipazione e democrazia. Non dobbiamo nasconderci la dilagante sfiducia che oggi investe il CSM, sfiducia che trova alimento e ragione dall'immagine che il consiglio dà come mero luogo di mediazione e accordi, più che di regole. Non possiamo perdere l'istituzione CSM, e dobbiamo controllare la tentazione di cominciare a sparare anche noi sul quartiere generale, cominciando dai nostri rappresentanti: dobbiamo difendere il CSM, anche da se stesso e da decisioni spesso incomprensibili e a volte impresentabili, logica che però impone un cambiamento di rotta anche di chi ci rappresenta, cominciando con la trasparenza, con il dialogo e il rendiconto costante di quanto viene fatto in consiglio. Salvare l'istituzione consiglio vuol dire criticarlo anche aspramente, ma senza mai avere la tentazione di affossarlo e senza trascurare le molte cose positive che sono state fatte (penso al nuovo portale che ha potenzialità di trasparenza, informazione e partecipazione immense) e che nel clima anti elite che viviamo non vengono né conosciuti, nè valorizzati. Manca un anno, ma almeno poche cose significative possono essere fatte a partire da una grande campagna e sforzo sulle tabelle e sui criteri organizzativi degli uffici e da una serietà e rigore nelle procedure di conferma.

Una politica per la comunicazione e organizzare Area

Manca del tutto una nostra politica della comunicazione. Anche a livello generale in magistratura ormai la comunicazione è prevalentemente diretta verso l'interno: i vari comunicati sono tutti verso i magistrati con un'ottica autoreferenziale nell'ambito di una campagna elettorale permanente che stravolge modalità e contenuti dell'informazione. Occorre invece un doppio livello di comunicazione, verso l'interno che possa dare informazioni, idee, prese di posizione e verso l'esterno che dialoghi costantemente con la società, i mass media, i social, affermando una nostra presenza.

Area deve poi organizzarsi creando un reticolo che copra con la nostra presenza e vivacità tutti gli uffici. Non ci sono sedi non importanti e deve farci pensare l'assoluta mancanza di iniziative associative in moltissime sedi. Si può riprendere l'iniziativa politica, con eventi organizzati anche tra più sedi, si possono strutturare campagne nazionali, rifuggendo dalla logica di limitarci alle sole grandi città. Questo deve essere l'obiettivo in tempi brevi, che ci permetterà di valorizzare le decine e forse centinaia di colleghi eccellenti e capaci che sono la nostra vera spina dorsale e la nostra prima ricchezza.

Perché candidarsi

Ho deciso di dare la mia disponibilità a candidarmi per il coordinamento proprio perché il momento è difficile e mi appare doveroso mettere a disposizione la mia esperienza. La magistratura che rischiamo di avere è una magistratura burocratizzata tutta ripiegata su se stessa, indifferente all'umanità e alle sue sofferenze, che non guarda al servizio, ma a preservare diritti e privilegi, spesso senza distinguere gli uni dagli altri. AreaDG vuole e può essere la risposta a questo declino, ma se lo vogliamo occorre metterci la faccia e gettare il cuore oltre l'ostacolo. È questo non possiamo chiederlo agli altri, ma in primis a noi stessi. Ma vi è un'altra ragione che mi porta a questa scelta in un momento in cui non senza ragioni la sfiducia verso la politica e l'associazionismo è al culmine. È la bellezza e la passione della politica con la P maiuscola, intesa come ricerca del bene comune, come mettersi a disposizione degli altri, come capacità di ascolto e di prendere responsabilità. La vera politica, il vero associazionismo è questo, non la ricerca spasmodica del potere o lo squallido teatrino cui quotidianamente assistiamo. Una politica, un impegno culturale, un associazionismo per cui vale la pena spendere il proprio poco tempo libero, condividendo con altri identici ideali e passione. È questa politica alta che dobbiamo cercare e perseguire in un gruppo come il nostro, AreaDG, che deve essere condivisione, elaborazione collettiva, affetto reciproco.