NOVEMBRE
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Diario dal Consiglio del 23 novembre 2018

Il diritto non deve mai adeguarsi alla politica, ma è la politica che in ogni tempo deve adeguarsi al diritto

Immanuel Kant

 

Pioggia battente. Arriviamo in Consiglio per la consueta riunione prima di affrontare l’attività nelle rispettive Commissioni. Un pranzo veloce a base di lavoro. La settimana si preannuncia densa perché i temi sul tappeto sono tanti e alcuni molto delicati, come quello del parere, destinato al Ministro della Giustizia, sul decreto legge 113 del 4 ottobre 2018 recante "Disposizioni urgenti in materia di protezione internazionale e immigrazione, pubblica sicurezza, nonché misure per la funzionalità del Ministero dell'Interno e l'organizzazione e il funzionamento dell'Agenzia nazionale per l'amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata", approvato all’unanimità dalla Sesta Commissione, presieduta da Giuseppe Cascini, relatori: Consigliere Benedetti, Consigliere Criscuoli.
Si sente tensione tra i laici per questa pratica.

Nel Plenum di mercoledì la delibera è oggetto di un ampio dibattito, ricco di interventi, alcuni dei quali chiaramente ispirati da un modo di intendere il ruolo del Consiglio Superiore molto diverso dal nostro, improntato, ci pare, sulla neutralità del tecnicismo quale condizione quasi “essenziale” di quell’indipendenza ed imparzialità che costituiscono i prerequisiti della funzione giurisdizionale che il Governo Autonomo è chiamato a salvaguardare.
In particolare il Consigliere Lanzi ha votato contro l’approvazione del parere, insieme ai Consiglieri Cavanna Basile e Donati; astenuti, invece, i Consiglieri Gigliotti e Benedetti (che pure del parere era relatore e che l’aveva approvato in Commissione).
Il consigliere Cerabona ha invece votato convitamente il parere alla cui redazione aveva partecipato in Sesta Commissione.
Con un intervento articolato, al termine del quale ha auspicato che si potesse ritornare sul tema in futuro, il Consigliere Lanzi ha sostenuto che “in questo parere vi sono in larga parte opinioni di politica legislativa”, ha espresso preoccupazione per il “ruolo del CSM e indirettamente della stessa magistratura”, sottolineando che “da una delle correnti qui rappresentate è stato detto espressamente che si ritiene che il Consiglio Superiore debba avere un ruolo politico istituzionale sui temi della giustizia”.
Invocando il significato etimologico di “politica” quale arte e tecnica del governo dello Stato, ha affermato di essere “fermamente contrario (...) a questa visione del Consiglio superiore della magistratura e della stessa magistratura perché, in una democrazia liberale di derivazione illuministica, il fondamento è quello della divisione dei poteri: legislativo, esecutivo, giudiziario” e ribadito che "almeno noi dovremmo cercare di tornare ai principi, alla Costituzione" (riferendosi all’art. 101 e soggezione del giudice alla legge) "ad uno Stato di diritto occidentale e post illuminista”; donde il voto negativo “a questo parere nella misura in cui almeno in parte, ma in parte qualificante, esprime concetti di politica legislativa che non sono di nostra pertinenza”.

All’intervento del Consigliere Lanzi, e a quelli di analogo tenore di altri componenti laici, ha risposto Giuseppe Cascini, il quale ha osservato che la discussione sui temi di grande spessore evocati nel dibattito, quali il ruolo della giurisdizione, il rapporto fra la giurisdizione e la politica, il ruolo del Consiglio Superiore, il rapporto fra il Consiglio Superiore e la politica, non può non tener conto del fatto che al secolo dei lumi, al quale tutti siamo debitori sul piano culturale, è seguito “un altro secolo:…il secolo del riconoscimento dei diritti universali, della positivizzazione dei diritti inderogabili dell’uomo, della costruzione dell’apparato normativo sovranazionale inderogabile”, un apparato normativo che rappresenta un vincolo giuridico al potere del legislatore.
Questi approdi storici, culturali e normativi, imposti dalla storia tragica del ‘900, hanno individuato nuovi “fini” nelle organizzazioni dello Stato democratico, e plasmato anche il concetto di “politica”, rendendo inevitabilmente “politico” anche il ruolo della giurisdizione: giammai nel senso riduttivo che spesso passa attraverso la vulgata giornalistica (“fare politica” tramite scelte orientate a contrastare o sostenere un’opzione politica di parte) bensì nel senso che l’attività di interpretazione del diritto, in una cornice plurima e complessa di sistemi normativi che, quali fonti primarie, contengono principi vincolanti, ha una ineliminabile connotazione “politica”, intesa quale verifica della conformità ai “fini” che la Comunità ha scelto, e che non ha niente a che vedere con l’indirizzo politico di governo, con gli schieramenti partitici e con l’attività dell’esecutivo.
Per questo continuare a cullarsi nell’illusione del mito del “giudice bocca della legge” significa negare il senso della giurisdizione, e rischia, talvolta, di essere persino inconsapevole strumento del fare, così, davvero quella “attività politica” che non appartiene né alla giurisdizione né al Consiglio superiore.
Infine Giuseppe ha richiamato tutti a non dimenticare che dietro le questioni tecniche di cui si stava discutendo ci sono esseri umani: “quando parliamo di questa legislazione, parliamo di una legislazione che si occupa di diritti fondamentali di persone che nel loro Paese sono esposte al rischio della vita, di tortura, di persecuzioni” e che non si può considerare “intromissione nella politica legislativa del Governo” ricordare che esiste la Costituzione e “Convenzioni Internazionali, alle quali l’Italia ha aderito, forse in epoca in cui la coscienza del valore dei diritti umani era maggiore di quella di oggi, che dicono che una persona che nel suo Paese può subire limitazioni alle sue libertà democratiche, può essere sottoposto a torture o persecuzione, non può essere espulso dallo Stato, salvo il caso in cui non rappresenti un pericolo per la comunità dello Stato”.

All’esito del dibattito il parere è stato approvato con 19 voti a favore (tutti i componenti togati, i due membri di diritto e il Cons. Cerabona), 4 voti contrari (i Cons. Lanzi, Donati, Basile e Cavanna) e due astensioni (i Cons. Gigliotti e Benedetti). Un risultato importante, in quanto costituisce anche una decisa e convinta rivendicazione del ruolo del Consiglio Superiore della Magistratura.

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Come vi abbiamo già raccontato nel plenum della scorsa settimana abbiamo deliberato il rientro in ruolo di tutti gli ex componenti del CSM le cui posizioni non ponevano problemi.
Questo mercoledì abbiamo provveduto, all’unanimità, a ricollocare in ruolo, tramite concorso virtuale di secondo grado, il collega Fabio Napoleone, già titolare di un ufficio direttivo, occupato nel corso del quadriennio e dunque “perdente posto”. Si tratta della medesima soluzione che proponiamo anche per gli altri ex componenti la cui pratica è ancora aperta, i quali ricoprivano un incarico semidirettivo oggi occupato. E che riteniamo preferibile rispetto a quella del rientro in soprannumero, con funzioni semidirettive, nell’ufficio di provenienza.

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In Quinta Commissione ci siamo trovati ad affrontare, in due pratiche, il tema dei giudicati amministrativi di annullamento delle nomine consiliari, un tema che in campagna elettorale tutti i gruppi si erano impegnati ad affrontare con serietà.
La nostra posizione sul punto è molto chiara: ottemperare al giudicato non significa che colui che ha conseguito l’annullamento debba – sempre e necessariamente – prevalere su colui che ha subito l’annullamento, ma impone al CSM di rinnovare l’attività valutativa alla luce delle motivazioni espresse dal GA.
La prima pratica riguardava la Presidenza del Tribunale di Venezia. In questo caso la Commissione, all’unanimità, ha ritenuto, alla luce delle argomentazioni svolte dal giudice amministrativo, di rivalutare la precedente decisione e di proporre per la nomina il collega Laganà.
La seconda pratica riguardava il Procuratore della Repubblica di Trani, incarico per il quale lo scorso CSM aveva nominato a maggioranza il dott. Di Maio preferendolo al dott. Nitti, nomina annullata dal Consiglio di Stato con sentenza del 3.10.2018.
Nella motivazione della sentenza di annullamento del Consiglio di Stato si legge che le esperienze di collaborazione nella gestione degli uffici del dott. Nitti erano state sottovalutate ed erano, invece, stati sopravvalutati i titoli del dott. Di Maio.
La lettura dei fascicoli personali dei due candidati ci ha convinto che gli argomenti del giudice amministrativo erano fondati e, a nostro giudizio, insuperabili. il dott. Nitti vanta plurime esperienze di collaborazione nella gestione degli uffici e di organizzazione di settori della Procura, un’importante esperienza ordinamentale quale segretario del Consiglio giudiziario, una notevole capacità di smaltimento degli affari, una robusta conoscenza informatica, una lunga attività di formatore e la conoscenza della realtà criminale del territorio tranese, frutto del servizio prestato presso la direzione distrettuale antimafia. Tutti titoli che mancano al dott. Di Maio, che invece vanta una esperienza fuori ruolo presso il DAP (i cui risultati operativi non risultano nel fascicolo) e presso un ente previdenziale, soppresso.
Per queste ragioni Mario Suriano, componente della V Commissione, ha proposto la nomina del dott. Nitti.
Gli altri componenti della Commissione (Lepre, Davigo, Morlini, Gigliotti), invece, hanno deciso di proporre nuovamente la nomina del collega Di Maio.
Leggeremo con interesse le motivazioni della proposta a favore del dott. Di Maio e verificheremo sulla base di quali argomenti la maggioranza della Commissione ha ritenuto di poter superare i pesanti rilievi del Consiglio di Stato. Mentre lasciamo a voi ogni giudizio sulla coerenza tra le promesse elettorali e le scelte concrete.
Vedremo (e vi racconteremo) come andrà al Plenum.

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In Prima Commissione stiamo cercando di studiare con grande scrupolo le delicate partiche che riguardano i trasferimenti d’ufficio per incompatibilità ambientale o funzionale ex art.2 L.G., per lo più segretate per la loro delicatezza, e di porre altrettanta attenzione nella valutazione degli incarichi extragiudiziari e nella valutazione della sussistenza di ragioni di incompatibilità ex art.18 e 19 O.G.
Segnaliamo, a quest’ultimo proposito, perché ci pare importante ricaduta pratica nell’organizzazione degli uffici, che il Plenum di mercoledì ha approvato una risposta a quesito elaborata in Settima Commissione (relatore Alessandra Dal Moro) con cui una giudice del Tribunale di Bologna, rispetto alla quale il Consiglio aveva già ritenuto sussistente la situazione di incompatibilità ed invitato il Dirigente ad “addivenire in tempi brevi ad una soluzione, trasfusa in documenti organizzativi e tabellari, che escluda in radice la possibilità di interferenza, chiedeva “se la circolare oggi vigente sulla formazione delle tabelle degli uffici giudicanti (n. 1318 del 26.01.2017) … consenta il bando di un concorso interno e, in caso positivo, se configuri un diritto di prescelta in capo a chi versi in situazione di potenziale incompatibilità ex art. 18 O.G.”. Ciò poiché il Presidente aveva “ bandito un concorso interno per l’assegnazione di un posto alla Seconda sezione civile, espressamente indicato come l’unico attualmente vacante presso le Sezioni civili del Tribunale” aperto alla partecipazione di tutti i magistrati già in servizio al Tribunale e ad un ulteriore giudice, prossimo a prendervi servizio.
In precedenti occasioni il Consiglio superiore aveva affermato che i trasferimenti per rimuovere una causa di incompatibilità devono essere disposti d’ufficio e senza previo ricorso ad alcun concorso interno, che determina “l’apertura di una procedura comparativa dagli esiti incerti” e che “ad identiche conclusioni conduce anche la circolare oggi vigente sulla formazione delle tabelle degli uffici giudicanti per il triennio 2017/2019”.
La settima commissione, ed il Plenum all’unanimità hanno, invece, ritenuto che, poiché alla fattispecie - regolata dall’art. 116, commi 2 e 3, della Circolare sulle tabelle - “Si applica in quanto compatibile il procedimento previsto dagli articoli 154, 155 e 156”, il dirigente dell’ufficio ha facoltà di far precedere da un concorso interno il trasferimento del magistrato che si trovi in posizione di incompatibilità, anche allo scopo di tutelare le aspettative di tutti i magistrati dell’ufficio ad una diversa collocazione (concorso interno che deve essere preceduto da un’assegnazione provvisoria del magistrato che si trovi in situazione di incompatibilità quando questa sia stata definitivamente accertata dall’assemblea plenaria del Consiglio con apposita delibera). Ma il concorso interno va bandito riservandolo ai soli magistrati in servizio nelle sezioni del settore del Tribunale in cui il magistrato incompatibile va collocato, in modo tale che un’eventuale prevalenza di questo o quel magistrato rispetto a quest’ultimo, consenta al Dirigente di collocarlo sulla posizione di risulta.

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Abbiamo, infine, riproposto il tema della opportunità di una comunicazione unitaria sull’esito dei lavori delle commissioni e del plenum tramite un account riferibile a tutti i togati, che eviti la pluralità di comunicazioni dei gruppi, ai quali invece dovrebbe essere riservata una comunicazione ragionata sul merito delle questioni. Abbiamo, ancora una volta, registrato la disponibilità degli altri Consiglieri e confidiamo che la pausa della settimana entrante favorirà l’avvio della iniziativa. Noi continueremo ad insistere.

Vi salutiamo come sempre con qualche nota di leggerezza: venerdì abbiamo incontrato il Coordinamento e pranzato tutti insieme prima di recarci all’Assemblea Nazionale di AreaDG, molto partecipata, che ha proposto una riflessione molto ricca su tanti temi rilevanti per la giurisdizione e l’autogoverno, aperta al confronto con l’avvocatura (presente e relatore ad uno dei tavoli l’avv. Andrea Mascherin) e con i giuristi impegnati sul fronte della difesa della giurisdizione in ambito europeo (Felipe Marques, Presidente di Medel e Barbara Spinelli, osservatore ELDH diritti umani per la Turchia).
L’aperitivo “rinforzato” seguito ai lavori è stato allietato dalla presenza di tanti giovani colleghi ed ha visto la partecipazione onoraria e molto gradita del nostro tenebroso (bravissimo) webmaster.
Sabato abbiamo impostato il “Diario” seduti sui divanetti dell’Hotel Mediterraneo, mentre Donatella Salari ci magnificava la sala del bar, scelto come set scenografico di molti film degli anni ’50.
Dopo l’Assemblea, e l’esperienza “mistica” della votazione degli emendamenti al documento finale (la definizione di Marta Agostini merita una citazione) tutti a casa o in treno …

Buon week end. Vi racconteremo … Buon lavoro a tutti!

Ale, Ciccio, Giuseppe, Mario