Area democratica per la giustizia è un’associazione di magistrati che sono convinti che la giurisdizione, come gli altri poteri dello Stato, debbano attuare non solo le norme ma anche i valori espressi nella nostra Costituzione. Il sistema del governo autonomo della magistratura, tutelando la autonomia e l’indipendenza dei magistrati, serve proprio a garantire la funzione che la Carta assegna alla giurisdizione. La magistratura ed il suo governo autonomo vivono un periodo difficile, schiacciati fra il revanscismo della politica e la difficoltà di fare giustizia nell’epoca dei “poteri selvaggi” che sfuggono alla sovranità nazionale e rispondono solo all’interesse di chi li esercita. Conosciamo i limiti ed i difetti del potere giudiziario e di chi lo amministra ma siamo certi che, se non ne fosse garantita l’autonomia ed l’indipendenza, le prime vittime sarebbero i cittadini più indifesi. Per ragionare su questi temi, ed anche altro, ospitiamo sul sito di Area DG una nuova rubrica, che sarà poi meglio strutturata nelle prossime settimane.

Giovanni Ciccio Zaccaro

Una lettera ai colleghi in tirocinio che in questi giorni popolano le procure italiane, non scordando i mot che siamo stati affinché l’entusiasmo non sia mai sopraffatto dalle incombenze quotidiane e mai smorzato dalle delusioni.

Lettera ai mot

Una delle storie che non cancellerò dalla memoria è quella di quel testimone, un vigile del fuoco, che riferiva di ricordare perfettamente l’ora in cui aveva assistito ad una aggressione, le 12:30, perché a quell’ora preparava abitudinariamente il pranzo per sua figlia, una ragazza disabile che ama mangiare la pastina al formaggino. Erano dettagli irrilevanti per il processo, ma non erano irrilevanti per quell’uomo, quel padre, che ha voluto lasciarci un pezzo di sé.

Per questo amate il vostro lavoro, anche quando è faticoso, quando lascia l’amaro in bocca, quando non ripaga per gli sforzi fatti: perché ci rende parte della storia di tante persone. Sono le vittime, in primo luogo. Ma ci sono i testimoni, gli indagati, le forze dell’ordine, gli avvocati, i colleghi.

Il tempo mi ha dato modo di vivere tante situazioni che incroceranno anche il vostro cammino. Rammentatelo ogni volta che vi rapportate con una qualunque delle parti, soprattutto un attimo prima di perdere la pazienza. In udienza non potevo che osservare la dignità con la quale la giovane collega, colpita dalla tragedia della malattia del marito (prima) e della sua morte (poi), affrontava l’udienza: serena, professionale, anche ironica laddove c’era da smorzare la tensione.

O la calma di quell’avvocata a cui il destino aveva strappato una bambina: gli occhi spenti, ma l’ostinazione delle domande che, nel ruolo di difensore della parte civile, rivolgeva al teste.

Non è vero che il P.M. insegue i fatti da scoop, quelli che ne esaltano la figura sulla stampa, dandogli notorietà. Certamente qualcuno peccherà di vanità, sarà sedotto dall’idea di anteporre sé stesso e la propria immagine al caso. Figure così, sono effimere e scompaiono con la stessa velocità con cui sono nate. Ma chi resiste, sotto le carte, nelle attese in Tribunale, in mezzo alle scorte, è guidato solo dall’amore per ciò che fa.

Da qualche tempo, dopo gli anni dedicati al contrasto dei reati contro la pubblica amministrazione, il settore delle “fasce deboli” mi ha aperto una finestra su un mondo variegato, difficile, spesso disastrato. Col termine “fasce deboli” ci si riferisce al settore che si occupa del contrasto ai reati contro le vittime vulnerabili: maltrattamenti, stalking, violenza sessuale. Ingloba anche speciali competenze di diritto civile, potendo il P.M. esercitare facoltà che consentono l’apertura di istituti di sostegno nei confronti di persone incapaci di provvedere a se stesse.

Il settore delle fasce deboli, tradizionalmente, è la Cenerentola degli uffici di Procura e sarà, per restare in tema, la “favola” che vivrete, per i più, al vostro ingresso in magistratura.

Spesso vi si assegnano, infatti, i “mot” poiché diventa l’occasione per i Colleghi titolari di “scappare” verso settori considerati migliori. I Colleghi che, invece, vi approdano dopo, magari per la necessità determinata dalla decorrenza del termine decennale in altro settore, piuttosto che dopo il mandato in DDA, la vivono comune un Purgatorio necessario, ma transitorio (ma il più delle volte come una catastrofe nucleare).

Meno tecniche e più emotive. Monotone poiché ripetitive. Emergenziali. “Sempre le stesse cose” come se le cicliche recriminazioni degli avversari politici rendessero gli abusi d’ufficio questo Canevale di Rio.

Sono queste le “lamentele” più comuni che si sentono a proposito delle fasce deboli.

La verità è che quando ti occupi di fasce deboli scopri un mondo difficile da esplorare. Entri negli aspetti più intimi della vita delle persone e devi stare ben attento a non confondere i (pre)giudizi sugli stili di vita o sulle scelte altrui, con i canoni di valutazione della prova. La delibazione, più che mai difficile, passa sempre e solo per l’elaborazione del Codice, della giurisprudenza, dunque per l’uso dei classici standard probatori.

Le fasce deboli rappresentano un mondo che non vorresti conoscere o se lo hai conosciuto te lo vorresti lasciare alle spalle: la condizione di povertà di tante famiglie, dove un assegno di mantenimento di 200,00 euro fa la differenza, la sofferenza di madri i cui figli – tossici, malati di mente, alcolisti – le opprimono fisicamente e psicologicamente, ponendole dinanzi al bivio della denuncia della loro stessa carne o del silenzio che vuol dire quotidiano inferno.

Queste situazioni sono le più difficili da affrontare perché sei consapevole che sia la vittima che il carnefice hanno bisogno di aiuto. E tu puoi, vuoi e devi occuparti innanzitutto della vittima e sai che lo Stato non si è dotato di strumenti sufficienti per lavorare sul maltrattante patologico.

È una sconfitta dello Stato, che sentirai anche tua.

È spesso motivo di ripensamento per la vittima che si era decisa sì a rinunciare, ma non può sopportare un figlio, una madre, un marito in custodia cautelare in carcere.

Si tratta, infatti, di vittime, che non vogliono salvare solo se stesse, ma anche l’altro. Nel mondo dei fragili, devi essere veloce perché un secondo in più fa la differenza. Nel mondo dei fragili ti ricordi perché hai scelto questo mestiere: per aiutare i più deboli, per combattere le ingiustizie, per lottare contro i soprusi.

Più che mai, infatti, il settore delle fasce deboli ti consente di intervenire dove c’è bisogno e di vedere il risultato del tuo lavoro con tempestività. E quel giorno che sommerso dalle incombenze tornerai a casa stanco, pensando che domani sarà di nuovo lo stesso turbinio, ad un tratto, ripensando alla tua giornata, ti scapperà un sorriso.

Perché sei stato utile.

Graziella Viscomi
Procura Catanzaro

Area democratica per la giustizia è un’associazione di magistrati che sono convinti che la giurisdizione, come gli altri poteri dello Stato, debbano attuare non solo le norme ma anche i valori espressi nella nostra Costituzione. Il sistema del governo autonomo della magistratura, tutelando la autonomia e l’indipendenza dei magistrati, serve proprio a garantire la funzione che la Carta assegna alla giurisdizione. La magistratura ed il suo governo autonomo vivono un periodo difficile, schiacciati fra il revanscismo della politica e la difficoltà di fare giustizia nell’epoca dei “poteri selvaggi” che sfuggono alla sovranità nazionale e rispondono solo all’interesse di chi li esercita. Conosciamo i limiti ed i difetti del potere giudiziario e di chi lo amministra ma siamo certi che, se non ne fosse garantita l’autonomia ed l’indipendenza, le prime vittime sarebbero i cittadini più indifesi. Per ragionare su questi temi, ed anche altro, ospitiamo sul sito di Area DG una nuova rubrica, che sarà poi meglio strutturata nelle prossime settimane.

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