Non licenziare in guerra
e dare garanzie in pace

“La disposizione dell'art. 2 del decreto legislativo luogotenenziale 8 febbraio 1946, n. 50, contenente norme per i lavoratori dell’industria dell’Alta Italia, modificato con regio decreto 20 maggio 1946, n. 371, continua ad avere effetto fino al 30 settembre 1946”. Così il capo provvisorio dello Stato Enrico De Nicola sanciva nel decreto legislativo 152 del 1946 la fine, a partire dal 30 settembre 1946, del blocco dei licenziamenti in vigore dall’agosto ’45 e adottato per fronteggiare l’emergenza della riconversione industriale dall’economia bellica. Soltanto in parte il blocco sarebbe proseguito sino al 7 agosto 1947.

Quando per il covid-19 si è disposta una misura identica (col decreto “cura Italia” n. 18/2020, art. 46) è venuto spontanea l’analogia col tempo di guerra. Allora, più ancora che nei due anni scorsi, il blocco dei licenziamenti era stato avversato con veemenza dagli industriali, che ne vedevano un ostacolo alla ripresa economica e alla necessità di dotarsi di manodopera qualificata . D’altronde, durante la moratoria del dopoguerra, gli imprenditori dovettero darsi carico, anche in assenza di prestazione di lavoro, del sostentamento di migliaia di lavoratori, soprattutto impiegati privi allora di ammortizzatori sociali.

L’eccezionalità del momento giustificò e ha giustificato nel 2020 una misura straordinaria e necessariamente di breve durata, poiché lo Stato e l’economia non possono sopportarne i costi diretti e indiretti, neppure quando questi vengano in parte sostenuti, così com’è avvenuto con la pandemia, dagli aiuti europei.

L’emergenza covid ha rinvigorito il ricorso alla cassa integrazione, dopo gli annunci del passato recente di volerla relegata nel ripostiglio dello strumentario delle politiche del lavoro. Cassa integrazione e licenziamenti sono tornati a essere argomenti centrali del dibattito pubblico, confinato dalla politica all’attualità immediata e privo di una visione minimamente prospettica. Nel frattempo la precarietà avanza in ogni settore, rimpinguando le statistiche di un’occupazione apparente e dell’insicurezza reale nei cantieri.

Delle politiche attive per promuovere l’inserimento dei giovani nel mondo del lavoro e garantire una riqualificazione efficace a chi perda l’occupazione non si parla quasi più. Dovevano essere la seconda gamba per permettere di camminare nel nuovo millennio; ci ritroviamo con riforme azzoppate in partenza da promesse tradite.

Siamo fermi, quindi, agli anniversari: quelli di riforme (lo Statuto; il processo del lavoro) che garantivano non precarietà, ma sicurezza, che guardavano non all’oggi, ma al futuro, senza costringere chi andasse cercando esempi soluzioni di ampio respiro a tenere il collo sempre ruotato all’indietro.

Marcello Basilico

Il Passato talvolta ritorna.
Se non ritorna, forse non è passato.

Occuparsi di giustizia comporta anche conoscere il tempo e la storia, luoghi dove sono sorti i diritti, ma anche i bisogni e il sentire degli individui e delle collettività. Con “Ieri e oggi” facciamo un salto settimanale nel passato, un modo diverso per interrogarci sull’attualità.
Attendiamo i contributi di tutti.

2 novembre 1964
Ogn’anno il due novembre...
25 settembre 2005
Il diritto, la forza, la speranza
17 settembre 1978
Il varco delle coscienze: da Camp David alla Global Sumud Flotillia
2 luglio 1994
Paolo Adinolfi, la memoria necessaria dell’unico giudice scomparso della storia repubblicana
20 giugno 2001
Il diritto di avere diritti
12 giugno 2002
Il ladro di bambini
(giornata internazionale contro il lavoro minorile)
23 maggio 1992
Faceva un caldo che si bruciava
30 aprile 1977
La giustizia che ripara (dalle madri di Plaza de Mayo ai giudici poeti di Papa Francesco)
12 aprile 1943
Se tu vieni tutti i pomeriggi alle quattro