“Nessuno mette i suoi figli su una barca a meno che l’acqua non sia più sicura della terra” (Warsan Shire).
Nella notte fra il 25 ed il 26 febbraio 2023 un peschereccio carico di migranti naufragava al largo delle coste di Steccato di Cutro.
La bellezza selvaggia delle spiagge calabresi si scontrava duramente con le immagini devastanti dei tanti cadaveri distesi sulla costa: provenivano dal Pakistan, Afghanistan, Sri Lanka, Siria, Tunisia. Per giorni il mare continuò a restituire corpi di donne, bambini, giovani uomini. E non c’è modo di sapere se la conta è finita.
Circa centottanta i passeggeri e novantaquattro le vittime accertate; di qualcuna ancora non si conosce l’identità.
All’inizio furono catalogati con i numeri: salma 1, salma, 2, salma 3…
Ma questa è una storia di uomini e non di numeri. Di Sajad, Mina, Fereshthe…
Ognuna delle persone a bordo di quel caicco era una storia diversa, ma tutte accomunate dalla disperazione e dalla speranza al tempo stesso: la disperazione delle guerre, della povertà, delle discriminazioni da cui quegli esseri umani scappavano, da un lato, la speranza di una vita diversa, dall’altro. Una vita nuova per sé, per i propri figli, quei bambini, fra loro anche un neonato, che avevano diritto al sogno semplice, ma immenso, di una vita normale.
Il naufragio di Cutro è anche la storia dei tanti pescatori che accorsero sulla spiaggia nel tentativo di salvare più vite umane possibile, la storia del Palamilone, un palazzetto dello sport adibito a grande camera ardente ed obitorio nella caotica direzione di una tragedia così grande in cui tutti erano impreparati, la storia di familiari giunti da ogni parte del mondo a riconoscere i propri cari, spesso aiutati da volontari del posto ed organizzazioni internazionali nell’incredibile e doloroso disagio della gestione, anche burocratica della morte.
Il nostro pensiero va oggi a tutti i naufraghi ed alle vittime delle carrette del mare.
E va soprattutto a KR16M0 (Crotone, sedicesima vittima recuperata, maschio, 0 anni), il neonato senza nome, sepolto a Crotone poiché non reclamato, simbolo della solitudine della più grande disperazione.
Graziella Viscomi
Il Passato talvolta ritorna.
Se non ritorna, forse non è passato.
Occuparsi di giustizia comporta anche conoscere il tempo e la storia, luoghi dove sono sorti i diritti, ma anche i bisogni e il sentire degli individui e delle collettività. Con “Ieri e oggi” facciamo un salto settimanale nel passato, un modo diverso per interrogarci sull’attualità.
Attendiamo i contributi di tutti.
(giornata internazionale contro il lavoro minorile)