“Me lo aspettavo”

Togli l’amore e avrai l’inferno, mi dicevi, don Pino. Metti l’amore e avrai ciò che inferno non è” (Alessandro D’Avenia).

La storia di padre Pino Puglisi è esempio della semplicità dei passi che possono muoversi per contrastare i fenomeni criminali. La lotta alla mafia e alla criminalità, in generale, non è fatto che riguarda solo magistrati e forze dell’ordine, ma riguarda tutti.

Don Pino se n’è fatto carico occupandosi degli ultimi, cercando di togliere dalla strada bambini e ragazzi e accogliendoli nella sua parrocchia di Brancaccio, quartiere popolare di Palermo, all’epoca territorio dei fratelli Graviano, legati alla famiglia Bagarella. Voleva sottrarli alla malavita, giocando d’anticipo, prima che lusinghe e falsi miti ne corrompessero il cuore, educandoli alla legalità, alla bellezza, alla condivisione.

L’opera di don Pino, infatti, era tesa a promuovere l’alfabetizzazione, ad aggregare i giovani nei campi da gioco ed altri luoghi di incontro, a creare alternative alla strada lottando per la riqualificazione del quartiere (sua l’idea del Centro Padre Nostro, per la cui realizzazione lottò strenuamente contro quella che non era solo burocrazia). Don Pino si distinse, inoltre, per l’aperta denuncia alla mafia, anche nelle omelie, rifiutando donazioni private per le feste padronali e chiudendo le porte ai cosiddetti “uomini d’onore” quali padrini di battesimo.

Venne ucciso il 15 settembre 1993 nel giorno del suo compleanno, dopo aver subito una serie di intimidazioni di cui non aveva fatto parola con nessuno. Agli uomini armati che tentarono, vilmente, anche di inscenare una rapina, rispose con un sorriso e semplici parole: “me lo aspettavo”.

Già, se lo aspettava, sapeva che lo avrebbero ucciso, ma non ha mai abdicato ai suoi valori ed all’amore per i ragazzi. Don Pino è nato, morto e risorto il 15 settembre. Si, risorto, poiché il suo sacrificio (letteralmente: rendere sacro) ne ha reso lo spirito immortale.

A don Pino, il nostro ricordo.

Graziella Viscomi

Il Passato talvolta ritorna.
Se non ritorna, forse non è passato.

Occuparsi di giustizia comporta anche conoscere il tempo e la storia, luoghi dove sono sorti i diritti, ma anche i bisogni e il sentire degli individui e delle collettività. Con “Ieri e oggi” facciamo un salto settimanale nel passato, un modo diverso per interrogarci sull’attualità.
Attendiamo i contributi di tutti.

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