La notte della Repubblica: stagione finita?
Il 15 dicembre 1969 “precipitava” dal quarto piano della Questura di Milano Giuseppe Pinelli, ferroviere anarchico fermato dalla polizia (da oltre 48 ore) perché sospettato di essere tra gli autori della strage di Piazza Fontana. La dinamica dell’accaduto non fu mai chiarita (incidente? suicidio? omicidio?), come non furono mai individuati gli autori delle bombe nella Banca dell’Agricoltura; eppure la sinistra extra-parlamentare cominciò da subito una violenta campagna stampa contro il commissario di polizia Luigi Calabresi, culminata nella sua uccisione, nel 1972.
Piazza Fontana, Pinelli, Calabresi: circostanze mai accertate del tutto dalla giustizia penale e che avviarono una concatenazione di eventi, antefatti della tremenda stagione del terrorismo. Era calata la “notte della Repubblica”, come gli anni Settanta furono definiti da Sergio Zavoli. Piazza Fontana, Pinelli, Calabresi: fatti sfumati, rimasti nell’ombra, maturati in un contesto di nette spaccature sociali: si respirava l’avversione nei confronti degli anarchici (Pinelli), l’odio nei confronti della polizia (Calabresi), l’intenzione di sovvertire lo Stato e l’abiura delle forme democratiche (Piazza Fontana). Era un’epoca in cui ci si calava in pregiudizi irragionevoli, ma insuperabili, ci si schierava perché non era tempo di moderazioni: il bianco e il nero, poco altro.
Quindi?
Quindi si è creduto che quella stagione di odio diffuso, di insanabili contrapposizioni, di acritica presa di posizione ideologica, di rifiuto del dialogo con l’altro, fosse stata del tutto superata con la sconfitta del terrorismo e l’avvento dei ruggenti anni Ottanta. Il corpo sociale si era ricompattato attorno a posizioni più sfumate, ragionate e moderate, e con l’isolamento degli estremismi. Salvo poche eccezioni, si erano perse le tracce dei “buoni” e dei “cattivi”: il vicino di casa, il collega di lavoro, non ti scrutava con più sospetto, perché sapeva come la pensavi.
Poi è arrivata la pandemia.
Andrea Apollonio
Il Passato talvolta ritorna.
Se non ritorna, forse non è passato.
Occuparsi di giustizia comporta anche conoscere il tempo e la storia, luoghi dove sono sorti i diritti, ma anche i bisogni e il sentire degli individui e delle collettività. Con “Ieri e oggi” facciamo un salto settimanale nel passato, un modo diverso per interrogarci sull’attualità.
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