Calvino, Ringo Starr e un polpo

Capita in questi tempi opachi, densi di notizie allarmanti ed eventi incerti, di perdere lo slancio, l’agilità di pensiero.

Restiamo fermi, come bloccati, capaci solo di avvertire l’inerzia e la pesantezza del mondo.

Ritorna alla mente la lezione americana di Italo Calvino sulla leggerezza: intesa come essenzialità, rinuncia al superfluo, reazione al peso del vivere.

La leggerezza di Calvino è gravità senza peso. Ed è anche (con l’aiuto di Kundera) il valore per combattere ogni forma di costrizione pubblica o privata.

Il 7 luglio è il compleanno di Ringo Starr, il quarto Beatle (nato nel 1940 in una Liverpool operaia).

Di lui è stato già fatto l’elogio della normalità (ultimamente ricordato dai Pinguini Tattici Nucleari “In un mondo di John e di Paul …”) e della scarsa popolarità (nel film “500 giorni insieme” di Marc Webb è memorabile lo scambio di battute tra i due amanti: “Adoro Ringo Starr” - “A nessuno piace Ringo Starr” - “È per questo che lo adoro”).

Ma nella storia discografica di Ringo Starr c’è anche un piccolo squarcio di leggerezza.

Si trova in Octopus’s Garden, una delle pochissime canzoni scritte da Ringo per i Fab Four.

Octopus’s Garden inizia con un febbrile riff di chitarra per lasciare poi spazio ad una melodia ritmata e orecchiabile.

Il testo, dedicato all’immaginario habitat botanico di un polpo, è gioioso, di facile meraviglia, a tratti infantile (“Vorrei stare in fondo al mare nel giardino di un polpo all’ombra …”).

Si parla di un giardino magico dove si fa professione di libero nuoto e dove tutti possono sentirsi felici e al sicuro.

Eppure, questo brano dalla struttura così semplice, quasi banale, è stato inserito in Abbey Road (sì, quello della copertina con i quattro che attraversano le strisce pedonali, senza titolo né nome del gruppo), che è considerato uno dei più grandi album di tutti i tempi.

Più precisamente, Octopus’s Garden è la quinta traccia dell’album, posizionata dopo la struggente Oh! Darling e prima del blues a lenta combustione di I Want You (She’s So Heavy): tra due canzoni di forte impegno sentimentale, una parentesi acquatica dai suoni dolci e confortanti.

Sembra quasi che i Beatles ci suggeriscano che ogni tanto, travolti dagli affanni della vita quotidiana, dovremmo passare del tempo sott’acqua (“under the sea”), insieme agli amici più cari (“I’d ask my friends to come and see”), lontani dalla tempesta e dalle onde (“below the storm … beneath the waves”).

Per ritrovare la leggerezza, per sottrarre peso alle occupazioni superflue.

E, riprendendo la lezione di Calvino, aspirando a “quella speciale modulazione lirica ed esistenziale che permette di contemplare il proprio dramma come dal di fuori e dissolverlo in malinconia e ironia[1] .

Auguri Ringo, a te e al tuo polpo.

Franco Caroleo

[1]  I. Calvino, Lezioni Americane. Sei proposte per il nuovo millennio. Garzanti, Milano, 1993.

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