Un tentativo di dolorosa rinascita

Il 17 febbraio 2011 il movimento di sollevazione popolare che aveva investito poco tempo prima Egitto e Tunisia sfocia in rivolta anche in Libia, contro ogni pronostico degli esperti di diritto internazionale, certi del fatto che la storica forza repressiva di Gheddafi avrebbe continuato ad intimidire la popolazione libica, stanca, affamata, privata di democrazia e, dal canto suo, sempre divisa dai conflitti interni fra tribù.

La primavera araba per la Libia si diffonde in poco tempo, l'escalation di avvenimenti si snoda infatti in un mese e mezzo appena, quando dal semplice malcontento del mese di gennaio, si giunge alla vera e propria rivolta popolare di metà febbraio, quella che nei libri di storia viene indicata come prima guerra civile libica.

Il 17 febbraio viene individuato dagli insorti come “il giorno della rabbia”[1], ma sin da subito la Comunità internazionale ha modo di constatare che la rivolta in Libia, originatasi dapprima nelle zone orientali, sta dilagando in tutta la nazione e sta prendendo una forma differente dalla semplice protesta trasformandosi in pochi giorni in una vera e propria guerra civile: la prima città a cadere per mano degli insorti è Beida[2], a Bengasi si verificano insurrezioni ed evasioni dalle carceri, mentre il 21 febbraio il conflitto interessa Tripoli dove in pronta risposta le truppe governative ricorrono all'artiglieria pesante e ai bombardamenti aerei.

Grazie il ricorso ad armi letali, l'esercito di Gheddafi, forte anche dell'aiuto proveniente da miliziani stranieri, già nel mese di marzo riconquista quasi tutte le zone in precedenza sottratte al controllo governativo, giungendo il 7 aprile sino alla città petrolifera di Misurata, crivellata da colpi di mortaio ed invasa da carri armati.

Proprio la crudeltà di quest'ultimo scontro induce la Nato da intervenire in modo più significativo, dopo essere stata accusata dagli insorti di lasciare morire indifferente la popolazione locale[3]; nonostante i propositi di un intervento programmato “chirurgicamente”[4], così da salvaguardare i civili, anche la Nato farà ricorso alla potenza aereonautica per sabotare e distruggere i mezzi armati governativi.

Il primo conflitto libico termina formalmente il 21 ottobre 2011 quando, dopo la caduta della città di Sirte, roccaforte della famiglia del Rais, Gheddafi viene catturato ed ucciso, ma l'esecuzione del leader libico non è sufficiente a sedare il malcontento popolare, radicato ormai nel profondo e protratto per decenni, tanto che nel 2014 ha inizio la seconda guerra civile libica che si protrarrà fino al 23 ottobre 2020 data di creazione di un governo di compromesso fra le fazioni contrapposte sulla base dell'accordo di cessare immediatamente il fuoco su tutte le aree della Libia.

Dieci anni di conflitto non sono valsi a ridonare pace al Paese dell’oro e dell'argento, del petrolio, della ceramica lavorata, delle tuniche e della gellaba, infatti, ancora oggi si combatte per la democrazia e per una crescita economica condivisa di tutto il Paese.

Un ricordo è però doveroso per coloro che, alla sprovvista, senza risorse, privi di mezzi, mossi solo dalla voglia di democrazia e di riconoscimento della propria identità, hanno perso la vita per provare a dare un nuovo volto ad un paese dalla storia millenaria.

Chiara Semenza

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