Elisabetta Chinaglia si presenta

Care/cari colleghe/i

Ho presentato la mia candidatura alle elezioni suppletive al CSM perché me lo hanno proposto i colleghi, appena due settimane fa (l’11.10.2019), nell’assemblea distrettuale di AreaDG.

È stata una proposta inaspettata, che ho accettato ponderandone attentamente le conseguenze, da un lato l’abbandono temporaneo dell’attività giurisdizionale, che amo e a cui mi sono dedicata ininterrottamente per quasi trent’anni, e dall’altro la grande responsabilità da assumere.

È’ una responsabilità grande, perché la sfida del CSM di oggi è ridare credibilità all’autogoverno, e con esso all’intera magistratura.

 

La questione morale è il primo punto su cui dobbiamo essere fermi.

I fatti che sono emersi la scorsa primavera, accordi tra autorevoli esponenti di alcune correnti e politica, sono gravissimi e costituiscono pericolosi attentati all’indipendenza della magistratura intera; quei fatti vanno stigmatizzati con forza e senza alcun tentennamento.

Ridare credibilità al CSM comporta che tutti i suoi componenti si impegnino nel recupero di autorevolezza e trasparenza, attraverso comportamenti rispettosi delle regole, eticamente ineccepibili, trasparenti, completamente estranei a logiche di scambio e correntizie, totalmente imparziali.

Questo percorso passa necessariamente attraverso il recupero delle ragioni profonde che sono alla base dell’associazionismo giudiziario, riconducendolo a luogo di confronto e di scambio culturale sul modo di fare giurisdizione e autogoverno, con netto rifiuto delle correnti come luoghi di spartizione del potere.

Personalmente, mi sono iscritta subito all’ANM e, dopo alcuni anni di professione, a Magistratura Democratica e poi ad Area Democratica per la Giustizia, all’unico fine di trovare luoghi di confronto collettivo che mi aiutassero a collocare il mio lavoro all’interno di una visione più ampia del servizio giustizia, per migliorarlo.

Credo quindi di potere, qui, parlare con sincerità non solo a chi crede in questa idea di “gruppo”, ma anche ai molti che, diffidenti verso l’associazionismo, pensano comunque di condividere gli stessi valori che propongo.

 

Chi sono.

Sono in magistratura dal marzo 1990; ho una famiglia e due figli, nati negli anni in cui non esisteva alcuna previsione, oltre ai periodi di astensione previsti per legge, per la tutela della maternità e per garantire la parità di genere.

Non ho mai svolto incarichi fuori ruolo.

Ho sempre svolto funzioni giudiziarie, prima requirenti e poi giudicanti: Procura-Pretura, Pretura, dibattimento penale collegiale e monocratico in una sezione di Tribunale, GIP per dieci anni, Tribunale del riesame, il tutto a Torino; dal 2016 ad oggi sono presidente della sezione penale del Tribunale di Asti (organico di 21 giudici).

Dal 2008 al 2012 sono stata componente del Consiglio Giudiziario del Distretto di Torino, dal 2008 al 2016 componente della Commissione permanente per l’analisi dei flussi del Distretto; ho proseguito ad occuparmi di ordinamento giudiziario anche negli anni successivi, sia per studio e momenti di confronto collettivo, sia praticando la normativa primaria e secondaria nello svolgimento del ruolo semidirettivo. Ho cercato di portare in queste attività la mia idea di autogoverno.

Mi sono spesso occupata di magistrati in tirocinio: in una occasione come tutor presso la Scuola superiore della magistratura; spesso come affidataria, cercando di trasmettere ai magistrati più giovani la passione per questo lavoro bellissimo.

Le varie esperienze svolte mi hanno consentito di acquisire consapevolezza delle plurime complessità organizzative del lavoro di magistrato.

Il ruolo semidirettivo che svolgo da tre anni (in un ufficio di ridotte dimensioni, con tutte le connesse problematiche di mancanza di specializzazione, carenze di organico, pendolarismo, ecc…) è stato una grande palestra, sia per le complessità organizzative da risolvere, sia per la fatica e l’entusiasmo di gestirlo coerentemente con l’idea di magistratura orizzontale e non gerarchica: semplicemente come una “diversa funzione”, seppur implicante forti responsabilità, prima tra tutte la ricerca della gestione partecipata dell’ufficio.

 

Che idea di giurisdizione e di magistratura.

Una giurisdizione attenta ai valori costituzionali, capace di riconoscere, senza condizionamenti interni ed esterni, la tutela dei diritti di tutti.

Un magistrato indipendente da qualunque potere, interno o esterno all’ordine giudiziario, capace di generare fiducia per la sua riconosciuta imparzialità, rispettoso delle parti, aperto al dubbio e privo di supponenza.

Una magistratura:

 

Ogni magistrato ha bisogno di essere garantito nella sua indipendenza da un autogoverno credibile e di essere messo nelle condizioni di svolgere dignitosamente il proprio lavoro, percependo il senso della propria funzione, la sua delicatezza, la sua serietà e la sua concreta possibilità di incidere sulla realtà.

Dobbiamo batterci per rifondare un autogoverno diffuso:

 

In concreto?

In sintesi, alcuni punti programmatici per l’attività del CSM; per chi vuole approfondire come e perché, rinvio ad altro più dettagliato documento:

 

In conclusione:

Offro la mia candidatura come possibile contributo, insieme a quelli di tutti, al percorso di trasformazione del CSM in una vera casa di vetro di tutti i magistrati; compito difficile ed entusiasmante, che si deve svolgere con onore e umiltà, nella piena consapevolezza del ruolo costituzionale della magistratura.

 

Elisabetta Chinaglia