Intervista

Sanlorenzo: «L’attacco del ministro ai magistrati va oltre ogni diritto di critica»

Intervista a Rita Sanlorenzo, candidata di Area contro Piercamillo Davigo alle elezioni del Csm. Un esponente delle istituzioni trasforma una questione privata come capo-partito in una questione istituzionale. Il Csm intervenga con una pratica a tutela dei colleghi (Il Manifesto)

La sua è la sfida più difficile. Rita Sanlorenzo, in servizio alla procura generale della Cassazione dopo una vita come giudice del lavoro a Torino, è la candidata che il gruppo progressista Area schiera contro il panzer destrorso Piercamillo Davigo alle elezioni del Csm in programma domenica e lunedì.

Dottoressa Sanlorenzo, il rinnovo dell’organo di autogoverno coincide con la riapertura di uno scontro fra politica e magistratura. Dopo Berlusconi, ora tocca a Salvini: dobbiamo aspettarci una nuova stagione di attacchi alle toghe?

Ci sono avvisaglie, purtroppo. Siamo di fronte innanzitutto a una confusione di ruoli istituzionali: un segretario di partito che è anche ministro dell’Interno attacca i magistrati e grida all’attentato alla democrazia chiedendo, non si sa in base a cosa, l’intervento del presidente Mattarella. Insomma: nuovamente un esponente delle istituzioni trasforma indebitamente una propria questione privata come capo-partito in una questione istituzionale. È urgente che l’attuale Csm intervenga in modo ufficiale con una pratica a tutela dei colleghi a fronte di un attacco che esorbita da ogni diritto di critica.

Dopo la sentenza contestata il sottosegretario alla Giustizia Morrone, leghista, ha affermato: «Sarebbe ora che non ci fossero più correnti di sinistra né di nessun genere fra i magistrati, che dovrebbero essere imparziali». Come risponde?

Appartenere a una corrente non ha a che fare con il venir meno del dovere d’imparzialità. Le correnti non determinano l’esito dei processi, ma ispirano idee sulla giurisdizione in generale e sul ruolo di giudici e pm nella società. Bisogna sgombrare il campo da ogni confusione e interessata sovrapposizione di piani che non c’entrano nulla.

Torna di attualità l’indipendenza dal potere politico, ma resta quasi sempre sullo sfondo quella dai poteri economici: non è anche quella un’esigenza importante?

Certo. Nel giro dei tribunali d’Italia siamo stati a Taranto e lì abbiamo ribadito la vicinanza alla magistratura impegnata nel caso Ilva. Di fronte a chi l’accusava di mettere a repentaglio l’economia abbiamo sempre ribadito che il rispetto della legalità e la garanzia dei diritti vengono prima dei pur legittimi interessi delle aziende. Non per noncuranza rispetto alle conseguenze delle proprie decisioni, ma per una scelta valoriale conforme alla Costituzione.

Proprio sulla base di ciò che ha visto in questi mesi di campagna elettorale, qual è lo stato del sistema-giustizia?

Insieme agli altri candidati di Area abbiamo visto molte situazioni al limite per carenza di organici, fatiscenza di strutture, ma anche situazioni in cui le cose vanno bene. La realtà è diversificata, e non necessariamente rispecchia le storiche differenze nord-sud. Fra i magistrati c’è disaffezione verso il Csm, in tanti aspettano segnali di un nuovo impegno che metta al centro efficienza e funzionalità del sistema. I colleghi non chiedono di lavorare meno, ma di lavorare meglio, anche attraverso una razionalizzazione normativa. In questi anni la magistratura nel suo complesso si è ripiegata su se stessa, ha sentito come intimidatori alcuni messaggi che venivano dalla politica, come la responsabilità civile e la riduzione delle ferie, soprattutto per i toni punitivi utilizzati. Io vedo però che i colleghi sono pronti a tornare ad una partecipazione più attiva per migliorare il servizio nell’interesse dei cittadini. E un tassello fondamentale è quello di giudici e pm giovani: sono una risorsa straordinaria per un riscatto della nostra professione.

Fa bene il governo a pensare alla riapertura dei piccoli tribunali?

No. Lo slogan «piccolo è bello» qui non vale. Nelle piccole sedi è impossibile la specializzazione dei colleghi e un congedo per maternità o un trasferimento comportano gravi ricadute sul servizio.

Perché voi di Area siete contrari a stabilire i carichi esigibili di lavoro che propone Autonomia e Indipendenza, la corrente di Davigo?

Il singolo magistrato di fronte all’insostenibile mole di lavoro cerca uno scudo, è comprensibile. Ma quella proposta da Davigo è una formula vuota: è impossibile quantificare un numero massimo di casi da trattare. Ci sono esigenze che sopravvengono. E poi, chi opererebbe la scelta dei fascicoli che possono essere trascurati? Stabilire un numero magico di affari da sbrigare è inattuabile anche perché il nostro lavoro cambia moltissimo a seconda della funzione: nei tribunali più piccoli i giudici seguono materie diverse e non potrebbero privilegiarne una a spese di un’altra. Buone condizioni di lavoro sono fondamentali per la qualità del servizio ai cittadini, ma pretendiamo di riempire di contenuti e non di slogan questa necessità: per noi devono valere standard di rendimento complessivo dell’ufficio di cui risponda il dirigente. E i nostri competitori non devono usare lo spauracchio delle conseguenze disciplinari per chi non riesce a far fronte a moli di lavoro oggettivamente enormi: non c’è nulla che lo preveda.

Il vostro slogan è «un autogoverno diverso è possibile». Diverso rispetto a cosa?

A noi è sembrato che negli ultimi anni venisse meno il ruolo politico del Csm, che è sembrato una centrale di spartizione di incarichi. Il Csm deve parlare ai magistrati e al Paese, rendendo trasparenti le proprie dinamiche interne, e deve farsi carico della questione politica della giustizia, nel rispetto ovviamente della separazione dei poteri. C’è stato un approccio troppo amministrativo, di gestione delle carriere, e poca volontà di lasciare un segno nella linea politica generale.

Ci vuole un vicepresidente con le spalle larghe…

Io auspico un vicepresidente che sia un uomo o una donna delle istituzioni, con capacità di ascolto e dialogo, in grado di interpretare il ruolo politico che noi immaginiamo.

 

Da Il Manifesto, 6 luglio 2018
Intervista di Jacopo Rosatelli
https://ilmanifesto.it/lattacco-del-ministro-ai-magistrati-va-oltre-ogni-diritto-di-critica/