Primarie per l’elezione del Csm
Categoria magistrati di Legittimità

Rita Sanlorenzo

Procura Generale presso la Corte di Cassazione

1. Il compito del futuro CSM

Candidarsi oggi per un ruolo di rappresentanza nell’autogoverno centrale comporta che si abbia ben chiaro il compito principale che ci si assume, che è insieme un obbiettivo ed una grande responsabilità: quello di contribuire a riportare il Consiglio Superiore della Magistratura nella posizione di organo deputato non solo ad amministrare le carriere dei magistrati, ma più in generale a costituire nell’architettura costituzionale la rappresentanza plurale del corpo professionale a cui è demandata l’amministrazione della giustizia, per difenderne autonomia ed indipendenza.

2. La responsabilità delle scelte

Non che non sia importante la prima attribuzione, che anzi della seconda rappresenta una fondamentale articolazione. Ma il Consiglio che dobbiamo contribuire a realizzare deve puntare a riappropriarsi di un ruolo più ambizioso e consapevole di come l’esercizio della giurisdizione contribuisce a definire la qualità della democrazia nel Paese. E’ necessario ripetere, a noi stessi ed all’esterno, che l’azione dell’organo di autogoverno nel difendere le prerogative della giurisdizione e nel preservarne gli ambiti di correttezza, in uno con il rispetto degli equilibri istituzionali, ha un riflesso diretto sulla misura della democrazia. Le prassi recenti che vedono prevalere il protagonismo del Vice Presidente e del Comitato di Presidenza meritano una revisione ponderata, ma attenta. Il nostro CSM deve avvertire forte la responsabilità della rappresentanza di tutti i magistrati, anche i più disillusi e critici. La sfiducia, soprattutto se si esprime in avversione alla rappresentanza collettiva così come concepita nel disegno della nostra Costituzione, può essere superata e vinta solo assumendo su di sé la responsabilità delle scelte che si compiono, rendendole trasparenti attraverso un’opera costante e instancabile di interlocuzione con il territorio e di confronto. La sfida che ha rappresentato il riconoscimento all’autogoverno di una forte discrezionalità nell’attribuzione degli incarichi di vertice comporta l’assunzione di una parallela responsabilità che non può essere sottovalutata, perché è costante oggetto dell’esame attento e minuzioso – come deve essere – di tutti i magistrati.

3. Discrezionalità e responsabilità

Le proposte di riattribuire un maggior valore all’anzianità (da intendersi comunque come indice di più matura esperienza), o comunque  di specificare ulteriormente norme di dettaglio nella selezione del merito sono frutto di una difficoltà che esiste, e vanno attentamente vagliate, ma non devono oscurare il nodo fondamentale del problema, quello di riuscire a conciliare tra loro discrezionalità e responsabilità. La diffusa sfiducia ha trovato terreno fertile nella opacità di alcune scelte, nella geometria perfetta di certe unanimi soluzioni plurime, addirittura nella inaccettabile ammissione del mancato approfondimento dello studio dei fascicoli personali dei candidati. La via obbligata per superare queste distorsioni è quella di riportare al Consiglio, ed in primis alla sua componente togata, la capacità di impersonare il bisogno dei magistrati  di veder affermato il criterio condiviso del merito, alla cui attuazione devono essere serventi gli indicatori individuati sulla base di opzioni frutto di elaborazioni partecipate, applicati doverosamente senza eccezioni o personalismi.

4. Lo snodo delle verifiche quadriennali

La realizzazione della riforma dell'ordinamento giudiziario ha mancato sul punto essenziale della verifica della capacità specifica nelle funzioni dei ruoli direttivi e semidirettivi, al momento della conferma quadriennale. La crescente tensione intorno al tema delle nomine trova origine proprio nella sottovalutazione di questo necessario snodo e nella oggettiva ineffettività delle verifiche. Se la scelta di una dirigenza di qualità deve rappresentare uno dei punti programmatici qualificanti per l'autogoverno, si deve conseguentemente escludere che, una volta ottenuta una nomina sulla base di una valutazione prognostica,  quell'incarico diventi prerogativa del singolo, e non terreno condiviso di crescita e di confronto critico.

5. Contro una nuova gerarchizzazione

L'autogoverno che vogliamo, per l'elaborazione che ci è comune, rende indispensabile questa condivisione, secondo un ordine crescente di responsabilità e non di potere personale. Le tendenze ad una nuova, e più subdola, gerarchizzazione della magistratura si devono contrastare con forza laddove si verificano casi di richiamo al conformismo, di esaltazione della logica dell'efficientismo senza valore, di rappresentazioni di percorsi di carriera preordinati. Eppure sono questi i messaggi culturali di cui sono fatti oggetto soprattutto i giovani magistrati: assillati dall'incognita dei pareri e delle valutazioni,  in molti casi penalizzati dalla residua irrazionalità della geografia giudiziaria,  stretti dai richiami all'efficienza che spesso cadono su situazioni ingovernabili venutesi a creare non certo per colpa loro, non di rado guardano al CSM come istituzione lontana ed estranea, ove si giocano partite di potere a cui loro sono estranei, e di cui si sentono potenziali vittime.

6. Il fronte dell’mpegno

Non bastano però sermoni generici o autoattestati di coerenza e di  estraneità alle logiche spartitorie di potere per recuperare la fiducia perduta da tanti. L'organizzazione degli uffici, il contrasto all'autoritarismo centralizzatore non sono (solo) argomenti buoni per convegni. Sono terreno di proposta critica, di opposizione  a modelli verticistici indifferenti alle reali esigenze del servizio e delle condizioni in cui questo è reso. Da esprimere nell'attività nell'ufficio di appartenenza,  innanzitutto,  e poi nell’autogoverno decentrato, per poi approdare all'organo centrale.

7. La mia disponibilità

In questo percorso si leggono le ragioni della mia candidatura. Personalmente ritengo che il fronte primario dell'impegno sia sempre quello della giurisdizione,  a cui non ho fatto mai venire meno la mia dedizione assoluta ed ancora appassionata. Il passaggio alle funzioni di legittimità mi ha dato la speciale opportunità di alzare uno sguardo più largo sulla realtà degli uffici giudiziari del Paese. Il ruolo di “vertice” della giurisdizione attribuito alla Cassazione dovrebbe comportare che delle sue attribuzioni, delle sue modalità di funzionamento e di organizzazione,  della conseguente qualità della sua risposta, non ci si limiti a discutere entro il perimetro di piazza Cavour. La giurisdizione di merito deve tanto, è ovvio, agli uffici di legittimità,  ma questi non possono ignorare le aspettative della giurisdizione diffusa, a meno di una anacronistica  autoreferenzialità. Spetta anche al CSM dare il proprio impulso al ruolo della giurisdizione ed alla sua centralità nello sviluppo e nella tutela dei diritti.

8. L’unità in Area

Il mio impegno associativo in Magistratura democratica ed in Area, a cui si associa quello per la rivista Questione giustizia, è parte integrante della mia formazione. Area è nata (e io ne fui tra gli artefici) per allargare il recinto che racchiudeva i gruppi fondatori ed andare ad includere quanti chiedevano il superamento di ogni logica di appartenenza, soprattutto nell’autogoverno, pur in una comune cornice di riferimento valoriale. Molta strada ha fatto Area da quella iniziale intuizione, che evidentemente resta valida e sentita da tanti. Perché si consolidi la rappresentanza di una magistratura di orientamento progressista, tenuta insieme dalla visione anticorporativa ed antigerarchica,  è innanzitutto essenziale la capacità di abbracciare le diverse storie che l'hanno generata, per trarre da esse un’elaborazione comune, forte e condivisa. Metto a disposizione la mia candidatura al fine della realizzazione di questo percorso unitario, che è il solo che può consentire l’affermazione dei valori in cui crediamo.