La magistratura al tempo dei sistemi informatizzati.
Autonomia ed indipendenza 2.0

di Maria Cristina Amoroso

1. Premessa

Gli ultimi anni trascorsi possono essere ricordati come quelli in cui il settore della giustizia civile e, nei termini che chiariremo, il settore penale sono stati interessati da una fortissima spinta verso una profonda rivisitazione dell’esercizio dell’attività giudiziaria.

La causa di quella che è possibile definire una vera e propria rivoluzione va rinvenuta nell’introduzione dell’obbligatorietà del Processo civile telematico (PCT) e nell’esistenza di “ frammenti” di “processo penale telematico”.

Le ragioni per le quali l’innovazione ha prima lambito e poi travolto il mondo giudiziario sono molteplici e difficili da elencare nel dettaglio, vale però la pena di soffermarsi sui due principali fattori che hanno dettato i tempi e le scelte del cambiamento.

Innanzitutto non può ignorarsi che il processo di innovazione sta da tempo coinvolgendo settori sempre più estesi dell’amministrazione pubblica.

Nell’ambito della strategia decennale per la crescita e l’occupazione – Europa 2020, varata nel 2010 per creare le condizioni favorevoli ad una crescita intelligente, sostenibile e inclusiva – l'Unione Europea ha concordato cinque obiettivi del 2020 che riguardano l’occupazione, la ricerca e lo sviluppo, il clima e l'energia, l'istruzione, l'integrazione sociale e la riduzione della povertà.

Per stimolare la crescita e l’occupazione l'Europa ha individuato tra le iniziative prioritarie il miglioramento dell’uso delle tecnologie dell'informazione e della comunicazione (società digitale) attraverso la realizzazione degli impegni previsti nell’Agenda Digitale Europea.

In tale quadro l’Italia ha elaborato una propria strategia nazionale, che comprende ad esempio il sistema pubblico di identità digitale, il sistema dei pagamenti elettronici PagoPA, l’anagrafe nazionale popolazione residente ANPR, la previsione della fatturazione elettronica, gli open data della Pa e, per ciò che riguarda più da vicino la nostra analisi, le azioni in materia di innovazione per promuovere le tecnologie digitali a supporto della pubblica amministrazione e per la condivisione delle informazioni pubbliche e la realizzazione di servizi online per cittadini e imprese.

In questo articolato quadro di priorità si inseriscono le azioni positive per la “giustizia digitale”, tradottesi nella previsione dell’obbligatorietà del deposito telematico degli atti, che ha determinato la gestione telematica del processo civile, nell’obbligatorietà della notifica a persone diverse dai difensori tramite pec e alla previsione della trasmissione telematica delle notizie di reato da parte delle forze dell’ordine nel settore penale.

La seconda causa della recente accelerazione dei processi di informatizzazione si rinviene nelle sempre più numerose condanne inflitte all’Italia dalla Corte Europea dei diritti dell’uomo per la violazione del principio della “ragionevole durata del processo” (articolo 6 CEDU).

A fronte delle sentenze di condanna l’articolo 41 CEDU prevede che lo Stato convenuto è tenuto alla cessazione dell’illecito: in primis a “rimuovere le cause dell’acclarata difformità”; in subordine, se il diritto interno non consente la restitutio in integrum, il giudice europeo accorda alla parte lesa un’equa soddisfazione monetaria.

Ripristino che appare particolarmente problematico nel casi di violazione dell’articolo 6 per i limiti che il nostro ordinamento riconosce al giudicato; per tale ragione l’esigenza di intervenire per razionalizzare le attività giudiziarie – e rimuovere le cause dei ritardi – è divenuta ancor più pressante.

L’implementazione dell’E-justice è quindi tema strettamente collegato ad altri: alla gestione delle risorse umane e materiali, alla revisione delle piante organiche, alle politiche di reclutamento in magistratura che, insieme a tanti altri sono oggetto dei dibattiti aventi ad oggetto una giustizia più efficiente; ma a differenza dei precedenti citati l’argomento della informatizzazione desta ancora poco interesse nel dibattito culturale generale ed in quello associativo in particolare.

In questo quadro deve ricontrarsi una significativa apatia rispetto al tema dell’informatizzazione, le cui cause sono molteplici, e vanno rinvenute innanzitutto in un pregiudizio in parte anche alimentato dalla natura e dalla tipologia dei sistemi informatici consegnati in un recente passato agli utenti della giustizia.

Per molto tempo si è ritenuto che gli applicativi ministeriali fossero di pertinenza del solo personale amministrativo, e che non riguardassero la magistratura; si tratta chiaramente di un approccio oggi non più giustificabile.

È infatti innegabile che per lungo tempo le uniche attività interessate dall’ITC sono state funzionali allo svolgimento dei servizi amministrativi; i sistemi informatizzati dati in dotazione agli uffici sono stati pensati per velocizzare le uniche attività giudiziarie standard ed omogenee: quelle del lavoro degli uffici di cancelleria.

La tipologia di intervento descritta – prevalentemente diretta a gestire registri informatici ed a gestire attività interne – ha fatto sì che negli anni si creasse una distanza sempre maggiore tra l’informatizzazione ed il lavoro del magistrato, rimasto solitamente estraneo a tutto ciò che di telematico venisse dato agli uffici, salvo la fruizione (ma anche qui con numerose e problematiche eccezioni ) del personal computer.

È però evidente che all’indomani della obbligatorietà del PCT e dell’introduzione di settori sempre più numerosi del futuribile PPT, l’ancora consistente muro di indifferenza o scetticismo non può più ritenersi né giustificato né utile.

 

2. La peculiarità del sistema giustizia

La meta di un sistema di giustizia digitale penale appare ancora lontana da raggiungere.

Per dare un senso al ritardo che la giustizia ha accumulato rispetto alla realizzazione della digitalizzazione in altri campi delle amministrazioni pubbliche, al netto dei significativi ritardi nelle scelte ministeriali di politica informatico – giudiziaria, va detto chiaramente che il binomio giustizia – informatizzazione non è di per sé facile da declinare, per l’esistenza di peculiarità del mondo giudiziario non riscontrabili in nessun altro contesto lavorativo/organizzativo.

In primo luogo bisogna fare i conti con l’esistenza del sistema “duale “Ministero Giustizia - CSM, riconducibile alle previsioni costituzionali, ed a cui faremo successivamente riferimento; in secondo luogo occorre considerare che la variegata pluralità di attori coinvolti nei flussi di attività processuali civili e penali è davvero un unicum nel campo della pubblica amministrazione, per cui non va trascurato, per pensare ad un sistema adeguato ed efficiente, che un sistema in questo settore richiede necessariamente l’apporto in fase di analisi e progettazione di molteplici e diverse professionalità.

A queste considerazioni ne vanno aggiunte altre due, di eguale, se non maggiore rilevanza.

Da un lato va osservato che i procedimenti civili e penali operano su una notevole quantità di dati sensibili, che, al di là della specifica gestione prevista dalla legge, richiedono più stringenti policy di sicurezza ed inaccessibilità del sistema destinato a custodirli e gestirli (si tratta di una esigenza particolarmente rilevante nel settore penale ed in particolar modo per le attività degli uffici di procura e Gip in relazione alla necessità di tutelare il segreto istruttorio), ed una più accurata attività di data entry imposta per l’attendibilità delle statistiche da rendere agli uffici e per il non secondario aspetto del collegamento tra registri e casellario giudiziario.

Dall’altro va sottolineato che negli anni gli uffici giudiziari italiani hanno dato vita a soluzioni organizzative molto difformi da ufficio ad ufficio, spesso gestite con sistemi non ministeriali, frutto di una elaborazione domestica che con il tempo sono divenuti difficili da mantenere o da sviluppare .

Queste caratteristiche sembra siano state trascurate nella prima fase di “alfabetizzazione informatica” che si è svolta in maniera disordinata e senza alcuna linea definita.

3. Breve storia della informatizzazione nel settore penale

Per lungo tempo nel campo dell’informatizzazione penale è mancata una strategia complessiva ed il governo dei piccoli, ma numerosi, cambiamenti che stavano coinvolgendo gli uffici.

Lo spartiacque tra il prima ed il dopo si rinviene nella scelta del Ministro di adottare il registro unico SICP. La migrazione dei quattro uffici pilota di Napoli, Firenze, Palermo e Genova, ha costituito il primo embrione di informatizzazione ed è stato proprio in questa fase che si è rivelata in maniera inequivoca l’incapacità di gestione di un cambiamento così epocale.

Senza dimenticare che il passaggio in Sicp non è stato affrontato con l’approccio culturale e organizzativo necessario per assicurare una transizione efficace.

Invero, a fronte delle tante critiche che è possibile rivolgere al registro SICP, v’è un pregio indiscusso: la sua implementazione, che richiede una maggiore precisione di data entry rispetto ai sistemi preesistenti, se correttamente realizzata, è in grado di offrire una qualità del dato le cui potenzialità sono sconosciute agli uffici, che per tanto tempo hanno operato con sistemi che consentivano di lavorare anche su dati imprecisi ed approssimativi.

La migrazione dal vecchio registro al nuovo è stata per questa ragione ancor più complessa di come lo sarebbe stata se fosse stata effettuata su una base dati “pulita”.

A questa prima innegabile difficoltà se ne sono aggiunte ulteriori non meno rilevanti: il ministero non ha posto in essere alcuna azione adeguata a governare il cambiamento e la mancata predisposizione di reti e strutture in grado di gestire il registro su base distrettuale, unitamente a informazioni e formazione inadeguate o insufficienti, hanno creato enormi difficoltà al personale di cancelleria; la sostanziale assenza di iniziativa del Consiglio Superiore della Magistratura in quella prima fase ha impedito di porre in essere la necessaria interlocuzione con il Ministero e consentito a gran parte della dirigenza giudiziaria, salvo virtuose eccezioni, di ritenere la vicenda meritevole di attenzione solo da un punto di vista burocratico-amministrativo.

Il complesso di questi fattori ha determinato numerose criticità nell’esercizio quotidiano delle attività giudiziarie perché, come spesso accade nel sistema giustizia, si è preteso di introdurre una gestione nuova senza operare in modo che il preesistente fosse prima preparato a riceverla.

Anche da qui la resistenza ad un cambiamento che è stato sentito come imposto, faticoso ed inutile.

Per fortuna, a seguito di questa prima esperienza negativa, la migrazione del resto d’Italia e dei restanti uffici dei distretti pilota è avvenuta in tutt’altro clima e cultura. Tra il 2010 ed il 2014 sono stati fatti dei piccoli ma significativi passi, che hanno consentito di gestire trasformazioni con maggiore consapevolezza, e di giungere al ”mosaico” esistente.

4. Le politiche ministeriali e lo stato dell’arte

Il giudizio su quanto realizzato negli ultimissimi anni non può prescindere da una brevissima descrizione dello stato dell’arte.

L’attuale stato di cose è il risultato di un percorso non indolore: il settore penale è stato per molti anni “figlio di un dio minore”: le incertezze ed i frequenti ripensamenti sulla scelta del registro unico nazionale hanno per lungo tempo lasciato gli uffici senza riferimenti ed indicazione sulla politica ministeriale da attuare; ciò ha consentito il proliferare di una miriade di piccoli sistemi domestici sui quali, a lungo, si è fondata e retta l’organizzazione degli uffici, senza alcuna prospettiva di stabilità e sostenibilità; il fallimento o comunque il venir meno delle tante imprese che avevano predisposto specifici applicativi per l’uno o l’altro ufficio, ha recato non pochi disagi alla gestione della giurisdizione, creando sconcerto e confusione negli uffici.

Di recente però possiamo dire con soddisfazione che il passo della Dgsia è mutato significativamente: si assiste ad un nuovo e diverso governo dell’esistente ed allo sforzo di preservarlo e migliorarlo in attesa del futuro processo penale che verrà.

Di cosa dispongono oggi gli uffici giudiziari penali?

Gli strumenti informativi del processo di cognizione ruotano intorno al Registro Unico Nazionale (SICP) ed ai suoi moduli.

Il Portale notizie di reato (NDR) consente la trasmissione dei dati e delle informative di reato delle fonti, ed a breve consentirà anche la trasmissione dei seguiti ed il monitoraggio delle C.n.r. trasmesse.

Il Rege Web gestisce i servizi di cancelleria con la prospettiva di implementare direttamente anche il casellario giudiziale ed il FUG (fondo unico giustizia).

La BDMC (banca dati misure cautelari) – già attiva per singolo ufficio ed in procinto di diventare nazionale (così come il certificato dei carichi pendenti nazionale) consente di controllare anche attraverso consolle i procedimenti assegnati a ciascun magistrato/sezione e prevede anche una serie di allarmi personalizzabili sulla base delle esigenze del magistrato.

Con il modulo ATTI E DOCUMENTI è possibile redigere in automatico provvedimenti estraendo i dati da SICP e riversandoli in modelli predisposti; attualmente è in corso di dispiegamento sul territorio nazionale la versione 2.0. destinata a sostituire quella in esercizio che consentirà con maggiore facilità di trasmette in Cassazione la scheda del fascicolo, con tutte le notizie indicate nella circolare della DG penale. La sperimentazione è in itinere nei distretti di Napoli, Bologna, Firenze, Perugia e Milano. Sono stati realizzati i modelli la cui gestione è centralizzata. É stato creato un gruppo di lavoro misto tecnici, magistrati, amministrativi che hanno creato i modelli e che ha il compito di vagliare le esigenze di integrazione e modifica che perverranno dal territorio.

La Consolle del magistrato penale: consente le estrazioni statistiche, anche comparate, del lavoro dei magistrati e l’analisi dei flussi, e tramite il sistema GIADA effettuale assegnazione automatiche al dibattimento, e laddove vi sia la sottoscrizione di uno specifico protocollo con l’ufficio di Procura, consente di eliminare, per i processi a citazione diretta, la trasmissione della richiesta cartacea tra uffici consentendo all’ufficio requirente di richiedere direttamente al sistema la data d’udienza.

Utilizzando CALENDARsi è in grado di distribuire in maniera automatica i servizi (udienze e turni di reperibilità) dei magistrati della Procura; se ben implementata consolle consente altresì, di visualizzare tutte le richieste del pm pendenti lato GIP, tutti i fascicoli rinviati ad una certa udienza lato dibattimento e di creare uno scadenzario delle misure cautelari il cui calcolo non viene effettuato – per precisa scelta- dal sistema ma è rimesso al magistrato.

L’ulteriore modulo SIRIS/ARES consente di estrarre certificati, e di svolgere accurate estrazioni statistiche (utili anche ai fini ispettivi) con la possibilità di creare specifiche query a richiesta degli uffici che avessero particolari necessità di analisi dei flussi.

Il modulo A.G.I. gestisce le attività inerenti le estradizioni e le rogatorie.

Il modulo C.A.A.A. gestisce il profilo degli utenti.

La gestione degli atti del processo digitalizzati è demandata al gestore documentale TIAP (integrato nella piattaforma documentale P.DOC.1 per le sole regioni interessate dai programmi operativi nazionali (PON).

I documenti acquisiti nel registro unico penale confluiscono nella piattaforma documentale, la cui criticità allo stato consiste nella impossibilità di condivisione dei documenti tra i sistemi (SNT, SIT-MP, TIAP) che pure utilizzano o potrebbero utilizzare la piattaforma come repository.

Con riferimento alle misure di prevenzione allo stato coesistono due sistemi: il sistema SIT.MP in Calabria ed il sistema SIPPI negli uffici del nord e negli altri del sud (destinati a breve a transitare in un sistema SIT MP aggiornato e perfezionato).

Per le misure di prevenzione è in corso l’analisi funzionale per ulteriori evoluzioni e per la diffusione di un unico sistema nazionale.

La gestione delle attività dell’esecuzione penale sono affidate al SIES, ( che tra poco sarà dato in utilizzato anche alla giustizia minorile.)nelle sue sottoarticolazioni SIGE per il Tribunale, SIEP per la Procura e SIUS peril tribunale di sorveglianza

Procura e Tribunale dei minorenni, invece, scontano l’incertezza della loro sorte ordinamentale anche in relazione ai sistemi informativi in uso. Da ottobre 2016 tutti gli uffici minorili utilizzano il SIGMA, che ha la caratteristica di essere un sistema con una interconnessione tra il settore civile e penale, ma che è da considerarsi oggi fortemente inadeguato.

Il panorama descritto si completa con il neo assetto delle notifiche telematiche che, come noto, dal 15 dicembre 2014 sono divenute obbligatorie per i soggetti diversi dall’indagato/imputato; attualmente le notifiche sono gestite dagli uffici giudiziari tramite il sistema SNT (che è stand alone), ed anche dal sistema PEC-TIAP che, a differenza di Snt, utilizza la pec di sistema integrata nel gestore documentale.

In prospettiva futura è stato collaudato un sistema di posta elettronica integrata nel registro unico penale (GL-AP), che sostituirà – nel processo di cognizione – tutte le altre modalità di notifica, adeguandosi in tal modo a quanto già realizzato nel processo civile telematico e tra i sistemi di area penale dal sistema SIT-MP.

5. Luci ed ombre dei sistemi in uso

Sulla base di queste acquisizioni, vanno formulate alcune riflessioni, che devono necessariamente tenere conto del dato di fatto che nel settore penale, a differenza di quanto avviene nel civile, non siamo ancora in presenza di un sistema perfettamente integrato; il processo penale telematico è in fase di elaborazione e l’esistente è frutto del rilevante sforzo di miglioramento dei sistemi già distribuiti sul territorio non sufficientemente integrati tra loro (il processo di cognizione è disgiunto da quello della esecuzione). Soprattutto, allo stato, il sistema non si fonda su documenti nativi digitali, come nel civile, caratteristica per un verso necessaria per sperare in un vero processo penale telematico, per altro di gran lunga più difficile da realizzare per le peculiarità del processo penale e per l’esigenza di assicurare porzioni processuali coperte dal segreto investigativo, e la possibilità di accesso ed interazione non solo a magistrati e cancellieri ma anche ad avvocati (ai quali al momento è dato ingresso solo per la consultazione dei gestori documentali).

A queste osservazioni è possibile aggiungere che l’assenza di una normativa che garantisca l’utilizzabilità della firma digitale, che consenta di superare le attuali incertezze e prudenze interpretative, impedisce un uso ancor più efficace di moduli in uso che sono ancora in gran parte riproduttivi delle attività cartacee. Ma se è vero che l’esistenza del doppio binario cartaceo/informatico priva di motivazione gli operatori e riduce le potenzialità dei sistemi, non vanno taciuti i vantaggi già riscontrabili degli applicativi, legati soprattutto all’automazione di alcune attività (si pensi alle notifiche), che riducono i tempi di realizzazione del lavoro e ne migliorano l’efficacia. Infatti è consapevolezza ormai diffusa che, nella valutazione della durata complessiva di un procedimento, sia necessario tenere conto non solo della concreta durata delle attività di indagine o giudiziarie, ma anche dei tempi di gestione amministrativa utili per il compimento di tali attività. Si pensi al tempo necessario ad effettuare le iscrizioni delle notizie di reato da parte delle apposite strutture amministrative, a completare le notifiche degli avvisi di conclusione indagini ai difensori e indagati, o alla tempistica necessaria per ottenere, nei casi dell’esercizio dell’azione penale tramite decreto di citazione a giudizio, la fissazione della data di prima udienza dal Tribunale. Si pensi al tempo necessario per la trasmissione dei fascicoli al Gip in caso di richiesta di misura ed alla loro restituzione, al tempo necessario alla riconvocazione dei testi lontani che non si siano presentati, o a quello della trasmissione delle sentenze dal Tribunale alla Procura Generale o alla Corte d’appello, e il discorso potrebbe continuare citando i tempi necessari a trasferire gli atti in Cassazione. A questi si aggiungono i tempi che possiamo definire “occulti”, come quelli legati allo studio dell’udienza, e quelli legati più in generale al materiale cartaceo.

La durata di questi segmenti di attività dipende non solo dalla possibilità per un ufficio giudiziario di avvalersi dell’ausilio di un congruo numero di personale amministrativo – condizione che, nonostante la recente inversione di tendenza, appare ben lungi dal poter essere conseguita nei prossimi anni – ma anche dalla qualità ed interoperabilità degli strumenti informatizzati a disposizione del personale oggi in servizio.

Da questa prospettiva, quindi, risulterebbe veramente arduo sostenere che gli strumenti dati in uso agli uffici giudiziari penali non abbiano determinato la velocizzazione di molte attività e consentito di ridurre tempi spesso troppo dilatati. La perfettibilità del registro Sicp non consente giudizi pienamente entusiastici ma l’efficienza del registro va commisurata anche considerando le potenzialità che i moduli di Sicp sono in grado di restituire, ad iniziare dalla possibilità di effettuare statistiche realistiche e complete. Il portale NDR, poi, è in grado di ridurre l’accesso dell’utenza presso gli uffici poiché all’invio della scheda d’iscrizione contenente i dati relativi alla Cnr le fonti ricevono immediatamente in risposta alla loro trasmissione la comunicazione del numero del procedimento e del magistrato assegnatario, e ciò evidentemente consente di evitare di recarsi in procura per avere queste informazioni. La possibilità di inviare tramite il portale anche i seguiti delle CNR semplifica ulteriormente le trasmissioni, e riduce i tempi delle attività di inserimento nel fascicolo. Il portale incide anche in maniera positiva sui tempi d’iscrizione: la segreteria lavora su dati già inseriti dalle forze dell’ordine che, se corretti, e validati in punto di qualificazione giuridica dal PM, vengono iscritti in SICP tramite un mero “ribaltamento” che avviene grazie ad un semplice “click” dell’operatore; vantaggio che risulta ancora maggiore nei casi di iscrizioni massive.

Il modulo atti e documenti, soprattutto nella nuova versione che è in sperimentazione -molto più facile da utilizzare della precedente - consente a cancellieri e magistrati di redigere provvedimenti senza ridigitare i dati già inseriti in SICP che, come già chiarito, vengono estratti dal registro e trasfusi in modelli personalizzabili per singoli uffici e per singoli magistrati. Il sistema Giada consentirà, nei casi di esercizio dell’azione penale con citazione diretta, di azzerare i tempi (a volte lunghissimi) necessari ad ottenere dal Tribunale l’indicazione della data d’udienza, consentendo all’ufficio requirente di interrogare il sistema per avere in tempo reale tale informazione. La possibilità di riversare i verbali stenotipici in Tiap agevola lo studio del fascicolo che si presenta completo in tutte le sue fasi. Il gestore documentale, oltre ad un’ indubbia maggiore sicurezza del contenuto del fascicolo – il dato scansito non può essere eliminato e se ciò accade se ne conserva traccia – consente di ridurre l’accesso dei difensori finalizzata alla visione del fascicolo e delle copie. Numerosi sono gli uffici che hanno sottoscritto protocolli con i consigli dell’ordine di competenza ed istituito un point office dedicato alla consultazione ed estrazione di copie. Il gestore si presenta di estrema utilità anche e soprattutto per la magistratura: la scansione degli atti in fase di richiesta di misura cautelare consente al Pm di inserire gli atti nel gestore ed al Gip di visionarli senza trasferimento del cartaceo. Il documentale consente ricerche testuali nei documenti scansiti e di controllare in tempo reale dalla postazione – che spesso viene istallata in udienza GUP – la fondatezza di varie eccezioni (ad esempio la non correttezza della notifica o il mancato espletamento dell’interrogatorio); permette la trasmissione virtuale degli atti al dibattimento ed al Tribunale del Riesame. La possibilità di esportare gli atti di interesse o l’intero fascicolo su una pen drive consente di lavorare anche al di fuori dell’ufficio. L’utilizzo del modello 28 in Sicp offre la possibilità della trasmissione delle sentenze dal Tribunale che le ha emesse alla Procura generale, semplicemente digitando dei tasti, con risparmio di spedizioni, trasferte con una riduzione davvero notevole di tempi e costi.

Si potrebbe ulteriormente continuare ma basta, per rendere l’idea, citare in maniera emblematica la circostanza che da quando è in uso il sistema delle notifiche via pec (pec snt o pec tiap) il numero delle notifiche al difensore non andate a buon fine si è ridotto ad un numero assolutamente trascurabile.

Il sistema nel suo complesso presenta profili di frammentarietà, incongruenze, lentezze da superare, e sicuramente non può ritenersi abbia raggiunto un livello rassicurante, ma è altrettanto evidente il significativo percorso già fatto, ben superiore a quello di un recente passato, nel quale i concetti di efficienza, sicurezza, tempestività e qualità dei sistemi non appartenevano assolutamente al lessico quotidiano della informatizzazione del processo penale.

6. I protagonisti dell’e-governance

Dopo un lungo periodo buio, forse non casuale, gli attori chiamati a governare questa delicata fase di transizione informatica stanno facendo molto di più, con sinergie di evidente utilità, e finalmente si registra una visibile presenza ed uno sforzo comune.

Ma chi sono i protagonisti della e-governance?

Il sistema italiano è caratterizzato dalla competenza congiunta del Consiglio Superiore della Magistratura e del Ministero della Giustizia: l’art. 105 della Costituzione prevede che spettano al CSM, secondo le norme dell'ordinamento giudiziario, le assunzioni, le assegnazioni ed i trasferimenti, le promozioni e i provvedimenti disciplinari nei riguardi dei magistrati; l’art. 110 Cost dispone che, ferme restando le competenze del Consiglio Superiore, spettano al Ministro l'organizzazione e il funzionamento dei servizi relativi alla giustizia.

Molto ci sarebbe da dire circa il contesto storico in cui è stata elaborata tale ripartizione, ma basti qui solo affermare che è evidente che nel 1948 gli assetti degli uffici giudiziari erano molto differenti dagli attuali. E così la concezione duale per la quale le competenze ministeriali avessero ad oggetto il reclutamento e la gestione del personale amministrativo e tecnico, la realizzazione delle infrastrutture e degli strumenti informatici e quelle consiliari riguardassero esclusivamente le assunzioni, le assegnazioni, i trasferimenti e le promozioni, e i procedimenti disciplinari dei magistrati, può dirsi oggi del tutto disancorata dalla realtà e dalle reali esigenze del sistema giustizia, che impongono continua e costante collaborazione fra le due istituzioni nel settore dell’organizzazione degli uffici e dei servizi.

Nel tempo, a tutela del principio di autonomia ed indipendenze del magistrato da interferenze esterne ed a salvaguardia del valore della precostituzione del giudice naturale, il Consiglio Superiore della magistratura ha recuperato l’importante ruolo di attore istituzionale forte dell’organizzazione degli uffici giudiziari, attraverso l’uso del potere di normazione secondaria e di quello di promotore e sostenitore di buone prassi.

I poteri in materia di “tabelle”, per lungo tempo applicate anche agli uffici requirenti, le ispezioni e le visite presso gli uffici giudiziari, le convocazione dei magistrati presso il Consiglio, la regolamentazione ed il controllo delle scelte della dirigenza giudiziaria in materia di organizzazione interna dei loro uffici ed in materia di distribuzione del lavoro, e la sempre crescente attenzione per le performance di ogni singolo ufficio giudiziario, sono alcuni dei tanti passaggi attraverso i quali si è delineata l’attuale competenza del Csm ed in particolare della Settima Commissione.

E nell’ambito della crescente riappropriazione degli spazi di gestione si è assistito alla creazione ex novo di organismi cui è stato affidato il compito di coadiuvare tale attività: la Struttura Tecnica dell’Organizzazione (STO) e i referenti per l’informatica (RID e Magrif fino alla recente previsione dell’UDI: Ufficio Distrettuale Innovazione).

Sebbene nelle intenzioni le competenze degli organismi ausiliari fossero già ben delineati, va detto che per molto tempo l’azione della Sto e dei Rid e magrif, in relazione allo specifico campo dell’informatizzazione giudiziaria penale, è stata veramente marginale. L’impegno era proporzionale alla lentezza e spesso contraddittorietà delle scelte ministeriali, per cui nel settore penale la capacità di incidenza degli organismi ausiliari è stata a lungo sopita.

È accaduto anche altro.

Il processo civile telematico ha fatto comprendere, non senza una certa lentezza e qualche incomprensibile distrazione da parte del mondo della magistratura, quanto l’informatizzazione, e dunque l’iniziativa del Ministero, potesse incidere fortemente sullo spazio che il CSM si era ritagliato e, soprattutto, sul più inattaccabile spazio di autonomia del magistrato: la giurisdizione ed il processo. Nel passaggio tra i sistemi prettamente di cancelleria a quelli che hanno imbrigliato il processo civile in una architettura creato a tavolino dal Ministero, è apparso evidente che oramai la scelta dei sistemi condiziona in maniera determinante l’esercizio della giurisdizione.

La necessità attuale nel settore penale è quindi quella di recuperare, a differenza di ciò che è accaduto nel civile, uno spazio di interlocuzione costante, utile a progettare e a definire limiti e caratteristiche del nuovo ppt, e la priorità da condividere fra tutti gli attori (Csm, uffici, rid e magrif, dgsia) è far sì che l’attuale mancanza di un sistema definito e compiuto venga colta non come criticità, ma come un’opportunità ed un’occasione per la magistratura di rivendicare un ruolo di centralità nella ideazione ed elaborazione del processo penale telematico.

Il percorso è già iniziato, anche grazie ad un rinnovato impulso dell’azione della settima commissione, ma va perseguito con maggiore determinazione: le delibere sul processo penale telematico, l’attenzione sulla gestione massiva dei dati, il tavolo paritetico tra ministero e Csm, i numerosi incontri formativi/informativi organizzati dal Csm, dalla Scuola, e dal DGSIA e, finalmente anche a livello decentrato con la collaborazione fra Rid e formatori della Scuola, le circolari ministeriali volte a delineare il corretto uso del Sicp e lo sforzo di perfezionare e rendere interoperabile l’esistente, sono il segno di un primo sensibile cambio di rotta che si ripercuote – positivamente – sull’intero percorso riformatore e sull’attività (sempre più intensa) dei Rid e dei magrif il cui ruolo è stato di recente rivisto dalla nuova circolare.

Il vento dell’informatizzazione ha positivamente travolto anche la Scuola Superiore della Magistratura: la necessità di governare gli applicativi consegnati al penale nell’organizzazione giudiziaria ha indotto la Scuola ad inserire negli incontri annuali della formazione permanente specifiche sessioni dedicate al processo penale telematico, proprio al fine di effettuare una massiccia alfabetizzazione su temi di rilevante impatto nel lavoro giudiziario quotidiano.

Se dovessimo fare un bilancio rispetto agli anni passati potremmo affermare con certezza che molto si è mosso. Il tema dell’informatizzazione è arrivato alle istituzioni come una necessità impellente di cui occuparsi e la consapevolezza nelle dirigenze e nella magistratura tutta è in lenta ma inesorabile crescita. Si assiste ad una serie di sperimentazioni rispetto ai nuovi sistemi, ad un fiorire di protocolli, e al nascere di iniziative condivise tra Rid e formazione decentrata a favore dei colleghi del distretto interessato.

La prospettiva di un utilizzo comune degli stessi sistemi ha creato l’istaurarsi di un proficuo dialogo comune.

Il passaggio di tutti gli uffici del distretto e degli uffici di secondo grado in Sicp ha fatto sì che in molti uffici si creasse una rete di collaborazione tra procura, tribunale ed uffici di secondo grado, uniti ormai da un sostrato similare di modus operandi, conseguente all’utilizzo del medesimo registro e dei medesimi applicativi. Le utilità di Sicp, l’estrazioni statistiche, le analisi dei flussi di pendenze, sopravvenienze e definizioni, la ricchezza del dato conservato che consente di selezionare le tipologia di attività, offrono nuove chance organizzative alle dirigenze giudiziarie ed amministrative, e consentono di istaurare quello che ormai viene percepito come un “dialogo necessitato” tra uffici, nell’ottica del superamento della limitata visione del singolo ufficio e del perseguimento dell’unico comune obiettivo della qualità ed efficienza del complessivo esercizio del processo.

L’effetto collaterale migliore dell’implementazione dei sistemi informativi del penale è di aver ulteriormente agevolato l’elaborazione di una visione d’insieme della filiera giustizia, in linea fra l‘altro con la ormai costante normativa secondaria del Consiglio, che impone di superare la concezione ancorata alla valutazione della performance del singolo ufficio se non inquadrata in un’ottica di collaborazione con gli altri uffici protagonisti dei diversi segmenti processuali che devono condurre al provvedimento irrevocabile. Saper controllare, gestire organizzare le potenzialità dei nuovi sistemi è una sfida cui non è possibile rinunciare. La cultura dell’informatizzazione nel penale, con la sua offerta di lettura dei flussi sempre più accurati è ormai ineludibile supporto delle scelte sulle priorità, sulla revisione delle piante organiche, sui carichi esigibili , e sulle scelte di politica giudiziaria.

7. Autonomia ed indipendenza 2.0

All’esito di queste considerazioni e della preliminare descrizione dello stato dell’arte, evidenziate criticità e mancanze, e sottolineate le potenzialità ed i vantaggi dei sistemi in uso ed in via di implementazione, è possibile formulare alcune riflessioni su come sia declinabile il concetto tradizionale di autonomia ed indipendenza della magistratura a fronte di una così massiva gestione informatizzata della funzione giurisdizionale.

Bisogna però fissare dei limiti.

Per lungo tempo il concetto di autonomia ed indipendenza, oltre che nelle accezioni note su cui in questa sede non è possibile soffermarsi, è stato inteso quale “auto-organizzazione”; e tale concezione ha riguardato sia il singolo ufficio sia il singolo magistrato dello stesso ufficio. Si assistito, quindi, al nascere di molti spazi custoditi gelosamente, in cui il modus operandi differiva profondamente da un ufficio all’altro e, molto spesso, all’interno dello stesso ufficio, fra sezione e sezione o, addirittura fra magistrato e magistrato. Il giudice, si sa, è geloso custode del suo modo di lavorare e della sua potestà di auto-organizzarlo.

Nel tempo, però, si è fatta largo, nella cultura consiliare, l’esigenza di conoscere le soluzioni organizzative elaborate dagli uffici e di individuare le pratiche più efficienti potenzialmente esportabili in altri uffici. La cultura delle buone prassi, alimentata anche dall’attenzione delle fonti sovranazionali al tema, ha attribuito all’agire comune un diverso significato valoriale. I progetti best practices, il recentissimo lavoro ricognitivo del Csm con la ristrutturazione della relativa banca dati, le circolari in materia di flussi di lavoro e priorità, la nuova circolare sulle tabelle, disegnano una forte esigenza di declinare l’organizzazione come condivisione e collaborazione fra i diversi attori, che supera fermamente il concetto di auto-organizzazione un po’ anarchica del passato, ed impone una nuova professionalità dei dirigenti e dei magistrati.

Se allora autonomia non coincide più con la vecchia nozione di autorganizzazione, ma deve confrontarsi con un nuovo modo di concepire il contributo all’efficienza ed alla qualità del sistema giustizia, è possibile accettare acriticamente i sistemi ministeriali?

Quali sono i possibili vulnus che l’informatizzazione potrebbe apportare all’autonomia ed all’indipendenza della magistratura ?

a) Scelta dei sistemi

La scelta del sistema informatizzato da utilizzare non è opzione neutra. Rassegnare l’uno o l’altro strumento ai magistrati significa condizionare in un modo o in un altro il suo lavoro e perfino il suo assetto ordinamentale.

L’esperienza del SICP sul punto è illuminante: è storia che per lungo tempo tale registro venne boicottato, perché la sua architettura era incompatibile con un eventuale separazione di carriere (una costante dell’agenda politica governativa di un certo periodo). L’ideazione e la progettazione dell’ ITC giustizia è quindi un momento centrale di tenuta della giurisdizione che ne condiziona le modalità di attuazione.

Una delle principali critiche che viene mossa all’applicativo di Sicp denominato Atti e Documenti è quello di vincolare l’attività di redazione dei provvedimenti del giudice, nella forma e nella lunghezza del provvedimento. Senza entrare nel merito della querelle, se non per sottolineare i vantaggi della possibilità di una redazione automatica degli atti nei non pochi casi di provvedimenti seriali, è chiaro che l’ostilità al redattore automatico, che da più parti viene manifestata, è emblematica di una preoccupazione di fondo da non trascurare.

Capire cosa e come vada informatizzata l’attività giurisdizionale è dunque la sfida che il Csm e tutti i magistrati non devono perdere, e sul punto, va elaborata una visione complessiva da confrontare con quella ministeriale. L’esigenza è attuale: è infatti in corso la gara per l’affidamento da parte del Ministero all’impresa che si occuperà della reingegnerizzazione dei sistemi penali; occorre avere idee, strategie proposte su cui intavolare un confronto reale, altrimenti il PPT sarà disegnato solo dal Ministero. Sul punto occorre una forte presa di pozione dell’Anm e del CSM ma soprattutto ci vuole un’idea di fondo di come noi magistrati desideriamo sia il nostro PPT. Se ne discute poco ed i magistrati sembrano incredibilmente poco interessati a quella che sarà una rivoluzione del loro modo di lavorare e della loro autonomia.

b) Introduzione di nuovi sistemi senza adeguata dotazione di personale

Un altro punto sensibile è quello della gestione del sistema. Anche in tale caso il legame con il tema dell’autonomia e dell’indipendenza è forte. E’ infatti evidente che anche il sistema informatizzato migliore ha necessità di capitale umano. L’idea che l’automazione possa far fronte alle mancanze del personale amministrativo è una visione non corretta. La complessità del sistema è direttamente proporzionale alla qualità che è in grado di restituire all’utente, ed il momento iniziale in cui tale sistema viene implementato richiede, al contrario, una maggiore e non una minore presenza di personale. Sul punto va mantenuta alta l’attenzione. E ribadire che la complessità dei sistemi impone una maggiore allocazione di personale amministrativo, soprattutto con competenze e qualificazione tecnica, in numero ancor più consistente nei momenti di transizione da un sistema ad un altro.

c) Innovazione e finanziamenti europei. Sostenibilità dei progetti

Autonomia ed indipendenza significa anche “sostenibilità” di un progetto di informatizzazione. È agevole comprendere quali siano le conseguenza di sistemi dati agli uffici “a singhiozzo”, offerti e ritirati, e quanto l’assenza di continuità possa incidere sul quotidiano: il monitoraggio della sufficienza e costanza di risorse è un‘altro punto su cui il Csm e l’ANM devono prestare massimo impegno.

Va anche tenuto conto della circostanza che spesso le risorse per l’informatizzazione provengono da fondi europei e pertanto sono disponibili solo per determinate regioni obiettivo, il che crea delle inevitabili sperequazioni tra uffici giudiziari a cui va trovato rimedio.

d) Contratti di manutenzione e ditte esterne

Il punto dell’assistenza è l’altro dei nodi più complessi da sciogliere: l’incremento delle novità informatiche ha profondamente legato l’esercizio della giurisdizione all’efficienza dell’assistenza e questo dato non si armonizza facilmente con la scelta ministeriale di affidare l’assistenza a imprese esterne.

Tale scelta, si può affermare chiaramente, si è rivelata fallimentare e foriera di complicazioni, anche per la mancanza delle informazioni di base; in effetti con questo sistema l’ufficio destinatario del servizio diviene “terzo” rispetto ad un contratto da lui non controllabile e che nemmeno conosce nei contenuti; l’impossibilità di un contatto diretto con i soggetti dell’ assistenza rende obbligatorio, per qualsiasi evenienza, il passaggio per il CISIA locale, le cui risorse sono fra l’altro costantemente ridimensionate, ed alla cui diligenza è, per la metà, connessa l’efficienza della giustizia.

A questa ovvia preoccupazione se ne aggiunge una ulteriore, intimamente legata alla necessità che non si creino monopoli in relazione all’assistenza, in quanto è evidente che se tutto il funzionamento del sistema giudiziario, in termini di assistenza, dovesse ridursi in mano ad un solo soggetto contrattuale, si determinerebbe un insanabile vulnus per l’esercizio della giurisdizione.

La partecipazione nella elaborazione dei capitolati delle gare per la manutenzione dei sistemi è quindi un altro spazio che il CSM deve necessariamente recuperare. Sul punto non si può che accogliere con favore la recente scelta del DGSIA di modificare la strutturazione delle competenze sui servizi, opzione che sicuramente si presenta maggiormente rassicurante per le ragioni indicate.

e) Infrastrutture

Le infrastrutture sono il prius materiale e logico per un efficiente sviluppo dell’informatizzazione. Su questo specifico punto il controllo e la vigilanza del CSM devono essere costanti e continui. Si tratta, è vero di competenza esclusiva del Ministero, ma è di tutta evidenza che le disfunzioni su reti, la perdita di dati causata da server obsoleti, la lentezza del funzionamento del sistema, non sono solo vicende amministrative, ma episodi che incidono e limitano l’autonomo esercizio della giurisdizione.

Le allarmate considerazioni che precedono sulle notevoli interferenze con l’autonomia ed indipendenza della giurisdizione non devono indurre a ritenere che il processo di informatizzazione del settore penale sia evitabile o, peggio, vada ostacolato. Si tratta invece di far crescere consapevolezza ed impegno, verso una governance partecipata di questi ineludibili processi di cambiamento, tenendo altresì conto che occorre fare i conti con i tempi con cui DGSIA è in grado di gestire l’innovazione, in conseguenza delle regole e dei vincoli, anche di normativa europea, che cadenzano l’azione amministrativa del Ministero per adeguare e completare il sistema. Il tempo necessario all’espletamento delle gare d’appalto rischia spesso di consegnare agli uffici sistemi in parte già superati rispetto alle esigenze degli uffici monitorate in fase di progettazione. Solo prendendo atto di questo ulteriore limite potremo contribuire alla governance con senso di concretezza e realismo.

8. Conclusioni e proposte operative

Da tutto quanto fin qui rassegnato è ormai evidente che la salvaguardia dell’autonomia e della indipendenza sono strettamente connessi a come saranno progettati, realizzati e gestiti i sistemi e nessuno dei soggetti coinvolti può evitare di fare la sua parte.

Il Csm deve aumentare il suo spazio di interlocuzione rispetto ai temi dell’informatica. In particolare appare necessario partecipare non solo al disegno complessivo del nuovo processo penale telematico, ma anche alla realizzazione di ciò che nel frattempo è in ideazione ed è destinato ad essere consegnato agli uffici nell’ottica del miglioramento e perfezionamento dell’esistente. Perché ciò avvenga è necessario iniziare ad immaginare nuovi strumenti che possano essere volti a tale finalità. Si impone una rivisitazione delle competenze ed una ristrutturazione e rafforzamento della STO; la ulteriore valorizzazione dei RID e dei Magrif, soprattutto puntando su una formazione più costante e incisiva, che non si riduca al solo incontro consiliare annuale, del tutto insufficiente a fornire ai Rid quel necessario bagaglio di conoscenza che rende possibile la formazione a cascata del magrif del distretto.

Occorre svolgere un’azione persuasiva nei confronti delle dirigenze giudiziarie, volta alla sperimentazione dei sistemi informativi ed alla elaborazione degli inevitabili precipitati organizzativi, valutando l’attenzione per tali aspetti come uno dei punti rilevanti nell’ambito delle conferme e delle valutazioni di professionalità.

In maniera speculare, al Ministero va chiesto con forza, anche dalla Anm, che venga rappresentata e condivisa con il CSM la scelta del nuovo processo penale telematico, e che si definiscano ex novo le competenze dei CISIA, in funzione ed in relazione alla nuova strategia complessiva, con iniziative di formazione sugli applicativi che precedano la diffusione dei sistemi negli uffici giudiziari, in modo da trasformare il Cisia nella struttura di supporto nel periodo della transizione. Ci si aspetta anche che il Ministero si faccia carico delle maggiori necessità di personale amministrativo e deputato all’assistenza dei sistemi. Ma, soprattutto, la grande attesa è su un previsione generale della architettura delle reti, che richiede un’attenta meditazione alla luce del costituendo PPT.

Alla Scuola Superiore della Magistratura va chiesta la predisposizione di una specifica formazione iniziale, rivolta ai colleghi in tirocinio, sui temi dell’informatica, il mantenimento di spazi di formazione permanente, e l’attivazione di una specifica formazione per i dirigenti, oggi del tutto carente.

Alle dirigenze degli uffici giudiziari va chiesto di aprirsi alla cultura dell’innovazione e di contribuire alla sua gestione con l’elaborazione di soluzioni organizzative che ben potranno alimentare le buone prassi informatiche, facendosi carico di assicurare che i magistrati dell’ufficio pratichino i sistemi in uso.

La strada da fare per preservare quella che possiamo definire l’autonomia e l’indipendenza 2.0 non è facile, ma è l’unica ed è inevitabile.