COMUNICATO

Riforma dell’ordinamento penitenziario: il CDC della ANM fa marcia indietro

Il CSM ha espresso parere favorevole sulla riforma con il solo voto contrario del componente eletto da A&I; non così il CDC dell’ANM che ha approvato un documento al ribasso, viziato da una pregiudiziale ostilità alla riforma e condizionato dalle imminenti scadenze elettorali

Esprimiamo forte rammarico per l'inopinata decisione adottata dal CDC del 23/24 febbraio scorso di accantonare definitivamente la discussione sul documento tecnico elaborato dalla Commissione penitenziario dell'ANM avente ad oggetto la Riforma dell'ordinamento penitenziario, su cui pure era stato raggiunto l'accordo tra tutti i componenti la commissione medesima.

A fronte di una riforma organica che modifica profondamente l'ordinamento penitenziario, coniugando i valori costituzionali della rieducazione e reinserimento sociale dei detenuti e dell'umanizzazione della pena e del trattamento, specie per le fasce più deboli, con la sicurezza sociale, la decisione di rinunciare all'esame ed approvazione del documento tecnico, appare ispirata da motivazioni, quale la contingenza delle ormai prossime elezioni politiche e altre analoghe, che appaiono irragionevoli e speciose, tenuto conto che la discussione finale in Parlamento sulla Riforma è fissata per il prossimo 7 marzo e, quindi, ben prima del prossimo CDC.

Riteniamo che di fronte a riforme di sistema l'ANM. non possa deflettere il proprio ruolo e debba esprimere il punto di vista autorevole della magistratura associata, senza farsi influenzare dalle tornate elettorali, siano esse quelle della politica, siano esse quelle dell'elezione del prossimo CSM.

E ciò non diversamente da quanto ha fatto il CSM, che ha espresso quasi all'unanimità, con il solo voto contrario del componente eletto da A&I, parere favorevole sulla riforma, senza farsi condizionare dall'imminente scadenza elettorale.

Il documento politico finale approvato a maggioranza, con il solo voto della componente di Unicost, non ha trovato l'accordo di AreaDG, perché esprime il tentativo di un compromesso al ribasso, viziato in radice da una pregiudiziale ostilità alla Riforma, cui il nostro gruppo non è disponibile, specie quando sono in gioco i valori costituzionali primari.

Pubblichiamo in calce il documento di minoranza, elaborato dal gruppo di AreaDG con l'obiettivo di una sintesi equilibrata, capace di tenere insieme le diverse sensibilità esistenti nella Magistratura sul tema, ma tale da affermare l'apprezzamento complessivo di una riforma che opera nel segno di quel principio personalistico che è il caposaldo della Costituzione e che dovrebbe essere patrimonio comune e indiscusso di tutta la magistratura.

 

Testo proposto da AreaDG per il CDC del 23/24 febbraio 2018

L’ANM, attraverso la Commissione Esecuzione Penale e Carcere, ha seguito con attenzione l’evolversi dei lavori del governo tesi alla elaborazione della riforma dell’ordinamento penitenziario, iniziati fin dal 2015 con gli Stati Generali sull’esecuzione della pena.

L’ANM ha anche partecipato, da ultimo, all’iter legislativo in sede di audizione parlamentare, esprimendo in quella sede un giudizio sostanzialmente positivo sulla riforma, pur evidenziando alcuni aspetti critici e sollecitando il legislatore ed il governo a predisporre, in una con il varo definitivo della riforma stessa, risorse adeguate e dirette a rinforzare tutte le istituzioni coinvolte (UEPE, Polizia Penitenziari, personale giudiziario e magistratura di sorveglianza); prendendo atto con favore degli impegni di spesa già contenuti nella legge di bilancio 2018.

Visto l’avanzato iter approvativo cui é giunto il decreto di riforma, l’ANM esprime preoccupazione per l’inatteso stop registrato nel Consiglio dei Ministri del 22 febbraio 2018 e auspica che il percorso legislativo possa al più presto giungere a compimento per l’indubbia positivitá della riforma nel suo complesso, che appare indirizzata alla migliore attuazione del principio costituzionale di rieducazione e risocializzazione (Art. 27) - funzionale anche a favorire la sicurezza sociale, per le positive ricadute sull’abbattimento degli indici di recidiva - oltre che dei principi contenuti nella Convenzione Europea dei Diritti Umani, al cui rispetto l’Italia é stata peraltro più volte sollecitata anche dalla Corte Europea.